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Alluvial – Sarcoma

Per numerose band, al pari degli eventi della vita, esiste un prima e un dopo: un discorso che riguarda da vicino gli Alluvial, il combo guidato dall’ex Black Crown Initiate Wes Hauch che nel 2017 pubblicò il virtuosistico “The Deep Longing For Annihilation”. Al di là della qualità di un platter tecnicamente impressionante e provvisto di un dinamismo espressivo fuori dal comune, bisogna sottolineare che un disco death metal dal taglio atmosferico e completamente strumentale difficilmente avrebbe potuto suscitare un’attenzione capace di valicare la ristretta cerchia di quell’underground amante di sonorità ricercate ed eterodosse. L’uscita di “Sarcoma” cambia, però le carte in tavola, a partire da una line-up che vede l’ingresso di Tim Walker e Matthew Paulazzo alla sezione ritmica e di Kevin Muller dietro il microfono; proprio la presenza di un singer così carismatico costituisce la giusta cerniera tra il vecchio e il nuovo album, tra l’approccio sperimentale dell’esordio e la relativa normalizzazione operata in questo secondo lavoro. E nonostante l’addio di un axeman del livello di Keith Merrow, la trasformazione da duo a effettivo gruppo si rivela una sliding door decisiva, con l’abbandono di una scrittura chitarro-centrica a favore di una costruzione corale che rende il puzzle più intelligibile, vario e diretto.

Fit For An Autopsy, Psycrotpic, Sylosis e un pizzico di Gojira, oltre alle esperienze attuali e passate di Hauch, rappresentano i motori ispiratori di un disco difficile da inquadrare in un territorio preciso, ma che indubbiamente presenta un’inclinazione progressive abbastanza marcata. Una sorta di genere ombrello entro cui inserire brani gli uni diversi dagli altri, poliritmici e cinematografici, soprattutto per quanto concerne la struttura di “Ulysses” e “Thy Underling”, bellicosa doppietta iniziale caratterizzata da un groove extra lusso. Le cupe vibrazioni melodic death di “Sarcoma” stingono nel clima cangiante di “40 Stories”, traccia che inizia e si ritira nell’ombra conservando un profilo jazz, mentre poderosi arabeschi extreme e un velo di psichedelia ne strutturano la parte centrale.

Poscia l’inquietante intermezzo “Zero”, un concentrato di voci umane disperate che ansimano per respirare, tocca al djent e al deathcore collidere fluidamente in “Exponent”, laddove “Sleepers Become Giants” unisce in un abbraccio serrato i Pantera e il post rock, e rasenta il peccato mortale il fatto che il pezzo duri soltanto tre minuti. E se il technical brutal spruzzato di thrash di “Putrid Sunrise” morde famelica la giugulare, l’instrumental heavy “Sugar Paper”, con il suo barcollare fra i Meshuggah, lo shredding e il mellifluo, renderà felici gli estimatori del debutto degli statunitensi. Un po’ Killswitch Engage, un po’ Ingested, “Anodyne” chiude, in tono minore, la scaletta di un LP aggressivo e divorante come il cancro simbolico del titolo, che si annida, invasivo, nei rapporti interpersonali, guastandoli irreparabilmente.

Il neue kurs imboccato dagli Alluvial promette davvero bene per il prossimo futuro, benché “Sarcoma”, troppo orecchiabile per i puristi dell’estremo e poco mainstream per il resto degli ascoltatori, corra il pericolo di lasciare interdetti molti timpani. Eppure il gioco del rischio calcolato, visti comunque gli ottimi risultati, vale decisamente la candela.

Tracklist:
01. Ulysses
02. Thy Underling
03. Sarcoma
04. 40 Stories
05. Zero
06. Exponent
07. Sleepers Become Giants
08. The Putrid Sunrise
09. Sugar Paper
10. Anodyne

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