Helloween
Unarmed

2010, SPV
Rock

Le Zucche tornano con un Best Of insolito e carico di ricordi
Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 05/02/10

Scommetto tutto quello che ho di caro che la maggioranza del popolo metallaro riterrà questo disco una vera e propria schifezza, un insulto alle borchie, alle Arti Oscure e ai capelli lunghi fino ai talloni. Un’offesa imperdonabile alla fede. Così, seguendo il filo di questo ragionamento, una grossa fetta di metallari boicotterà "Unarmed", bellissimo Best Of che celebra i venticinque anni di carriera delle Zucche più famose della musica, ancora prima di ascoltarlo.


Ora non mi pare il caso che stia qui a farvi un preambolo sugli Helloween dato che la maggior parte dei fidati lettori è cresciuta con i capolavori dei tedeschi mentre il sottoscritto veniva al mondo solo all’alba del primo Keeper. E’ la sintonia tra due generazioni di metallari ad aver reso grande gli amburghesi. Sia i gloriosi eighties sia i successivi anni novanta hanno dovuto affrontare il fenomeno Helloween tramandando ai posteri l’icona leggendaria dello strepitoso singer Michael Kiske e della prima vera saga del power metal: "Keeper Of The Seven Keys". A ben vedere i primi capolavori dei teutonici rientrano in maniera striminzita nell’attuale concetto di power metal vertendo più su un heavy/speed graffiante e melodico. Poi tutto cambiò. Prima Kai Hansen, che uscì dalla band per formare i Gamma Ray, poi Kiske, e il fenomeno Helloween era bello che avviato al viale del tramonto. Quella strada crepuscolare ha significato per Andi Deris portare nuova linfa e carattere a una band oramai disillusa. Ed è grazie a questa forza e a questa caparbietà che dalla metà degli anni ottanta fino ad oggi le Zucche hanno continuato a diffondere il verbo del metallo scherzoso e accattivante. Così sul sorgere del duemiladieci i paladini del power metal tornano a stupire con un album commemorativo che ripercorre in un modo curioso e sincero i venticinque sorprendenti anni di attività de tedeschi.


E dunque, riallacciandoci alla profezia in apertura, spieghiamo perché i signori del metallo con molta probabilità rimarranno disgustati da questo Best Of. In primis, la grande sorpresa è che Unarmed non è la solita inutile raccolta che accoppia i classici della band per far felici i conti della casa discografica. In realtà il disco contiene si alcuni dei brani più famosi delle zucche ma riregistrati e riarrangiati e offerti in una deliziosa confezione acustica. Così gli affezionati potranno godere dei pregiati pezzi da collezione in modo nuovo e sinceramente bizzarro, ricco di qualità, che farà storcere il naso ai poveri di spirito perché, ancora una volta, gli Helloween non sanno prendersi sul serio e giocano con l’ascoltatore come nei giorni dell’epoca d’oro. Lo stupore sarà grande quando i sassofoni di una "Dr.Stein" dal retrogusto jazz risuoneranno nel vostro stereo, così come rimarrete esterrefatti dal passo felpato di una rivisitata "Future World" dal sapore antico di ballata rock. Per non parlare di una strappalacrime "Where The Rain Grows" che si scopre appieno nel refrain ammorbidito, nostalgico e avvolgente che ha il pregio di aggiungere quel tocco di magia in più a un brano già di per sé eccezionale. La quinta traccia è la pietra angolare dell’opera: "The Keeper’s Trilogy". Sfruttando la collaborazione dell’orchestra filarmonica di Praga le Zucche, guidate da un inspirato Deris, ci conducono all’interno del loro mito passando in rassegna in un medley stupefacente tre dei brani più importanti della loro carriera: "Halloween", "Keeper Of The Seven Keys" e "The King For A 1000 Years". Il risultato è una suite di diciassette minuti ricca di toni epici e sensazioni forti legate al culto ottantiano della band. Continuando la disanima non potrete evitare a una lacrimuccia di scorrervi lungo le gote e perdersi al suolo. "Eagle Fly Free" rivive come il desiderio di un sogno avverato e ci rallegra con la sua melodia da ballata pop che scalderà il vostro cuore gonfio di ricordi, oramai sopiti in un vecchio armadio tra le frange di un disincantato giaccone di pelle. Anche la famosissima "I Want Out" è rivista in chiave acustica e vede la partecipazione di un coro stile Zecchino d’Oro. Il brano però non è stuzzicante come i precedenti e finisce per annoiare, un po’ come la conclusiva "A Tale That Wasn’t Right" troppo spenta e ridondante. L’opera contiene altre tracce quali "If I Could Fly", "Perfect Gentleman", "Forever & One" e "Fallen to Pieces" che risultano un esperimento fallito anche perché non le considero assolutamente tra i grandi classici della band.


Unarmed è un lavoro elegiaco e attaccato al passato che ci presenta gli Helloween in una nuova veste, indubbiamente un po’ malinconica ma ricca di emozioni e frammenti caduti dalla nostra memoria come le briciole dal fagotto di Pollicino. Fate vostro il disco e godete delle sue virtù, godete dell’arte degli Helloween e godete dei vostri ricordi. Chissà magari un giorno qualcuno potrà accogliere l’eredità delle Zucche, ma per ora il patrimonio in questione appare ancora serrato in un forziere dorato, perso tra i fondali dei Sette Mari e sorvegliato dal Custode delle Sette Chiavi.





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