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Bornholm – Apotheosis

Il percorso dei Bornholm inizia addirittura nel 2000, quando Péter Sallai, oggi unico membro della formazione originale rimasto in sella, decise di formare, insieme a István Horváth e Tamás Deák, un gruppo modellato sul sound di Moonsorrow e Thyrfing. Spostatisi presto da Szerencs a Budapest, gli ungheresi si sono subito segnalati per la realizzazione di buoni album, epici e arrembanti – in particolare “March For Glory And Revenge” (2007) -, tanto da potersi confrontare, benché non alla pari e al netto delle differenze stilistiche, con i conterranei e più blasonati Sear Bliss.

La vera gloria, però, non ha mai arriso agli ungheresi, complici anche l’assiduo turnover all’interno della line-up e un’irrequietezza generale causa di vorticosi cambi di etichetta. Con “Apotheosis”, quinto disco in vent’anni di carriera e primo sotto l’egida Napalm Records, il combo riprende le mosse dallo scorso “Primaeval Pantheons” (2016) e bisogna dire che tale scelta di continuità, purtroppo, non si rivela il miglior biglietto da visita per un come back di alta caratura.

In realtà già “Inexorable Defiance” mostrava un principio di eccessiva semplificazione del songwriting, nonostante la matrice bathoryana ne riscattasse gli aspetti meno convincenti; scomparsa quasi del tutto nell’ultimo LP l’impronta classica di Quorthon, i nuovi brani tendono a uniformarsi in mid-tempo rotondi e levigati, con gli sporadici blast beat che servono soltanto a dare rilievo ai momenti di maggior concitazione. La definizione, per il quartetto, di pagan black metal band, deve maneggiarsi con le pinze, visto che sarebbe opportuno, ora, parlare di metallo nero a forte propulsione melodica, in cui restano unicamente le liriche a corroborare l’aggettivo “pagano”, presentando schiere di uomini e di antichi dei pronti alla battaglia nelle pianure settentrionali della Pannonia.

Abaddon, Anu, Ba’al, Lucifero, eserciti di angeli e demoni, il mondo sotterraneo e i numi superni, vengono mobilitati in campo dai magiari attraverso pezzi contraddistinti da ritornelli accattivanti (“My Evangelium”, “Sky Serpents”, “I Am War God”), assoli chitarristici di sapore neoclassico (“Black Shining Cloacks”) e sottofondi orchestrali tra il sinfonico e il sinistro (“Apotheosis”), con cori vichinghi e voci pulite a marcare una storia di lotta, vendetta e trionfo nei confronti del Dio cristiano. Tutto formalmente perfetto, produzione compresa, eppure l’opus, oltre a mancare di variazioni significative a livello di scrittura, pecca sia della potenza deflagrante necessaria in contesti guerreschi di questo genere, sia dell’assenza di quegli elementi folk capaci di rievocare musicalmente le atmosfere biblico-ancestrali che i testi suggeriscono.

I Bornholm procedono spediti su un lungo rettilineo privo di curve o uscite secondarie, realizzando un “Apotheosis” a suo modo discreto, ma privo di momenti davvero indimenticabili. Epos in chiaroscuro.

Tracklist:

01. I Divine
02. My Evangelium
03. Sky Serpents
04. The Key To The Shaft Of The Abyss
05. Black Shining Cloaks
06. Spiritual Warfare
07. Darkened Grove
08. To The Fallen
09. I Am War God
10. Apotheosis
11. Enthronement

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