Mentre giunge l’estate e il caldo avanza implacabile – portando una serie di disagi che hanno avuto ripercussioni anche sull’evento in questione – l’attesa per gli amanti del prog di tutto il mondo sta per terminare. Ancora meno di una settimana e il nuovo album dei Porcupine Tree sarà disponibile, pronto ad essere ascoltato e assimilato da orecchie e anime che attendono questo momento da più di un decennio, proprio quando ormai la speranza di rivedere insieme la band inglese sembrava completamente persa.

Risulta difficile approcciare ed analizzare un evento di tale portata, considerato quello che hanno significato – e che continuano a significare – i Porcupine Tree per la comunità rock e metal: una band unica nel suo genere, influente come poche, capace di pubblicare album di culto come “In Absentia”, “Deadwing” e “Fear Of A Blank Planet”, per i quali l’etichetta prog sarebbe quanto di più riduttivo si possa immaginare. L’eccitazione che ha scosso il panorama musicale all’annuncio del ritorno della band (pur senza il bassista Colin Edwin) con il nuovo album di inediti “Closure / Continuation” e un tour mondiale è quindi comprensibile e quasi dovuta. A pochi giorni dalla pubblicazione, la band ha voluto organizzare eventi per media e un ristretto numero di fan al fine di presentare personalmente le ragioni dietro a questo nuovo lavoro, evento che in Italia si è svolto ieri sera al Cinema Anteo di Milano.

Come anticipato, la serata non inizia nel migliore dei modi: a causa dell’ondata di caldo che ha investito Milano negli ultimi giorni si verificano infatti diversi blackout, che obbligano a spostare l’ascolto dell’album in seguito all’incontro con la band, rappresentata da Steven Wilson (voce e chitarra) e Richard Barbieri (tastiere). I due appaiono immediatamente a loro agio e appagati da questo ritorno e sviscerano le ragioni dietro “Closure / Continuation” con tranquillità. “È un album che abbiamo fatto senza pressioni, siamo ancora in grado di lavorare insieme dopo 30 anni con grande armonia”, afferma Barbieri, “Dopo più di 10 anni di pausa, in cui ognuno di noi si è dedicato ad altro, tornare a registrare insieme è stato come innamorarsi nuovamente di questa musica.” Anche Wilson è d’accordo: “Nonostante alcuni brani siano stati iniziati anni fa, questo album suona fresco e nuovo. Lavorando su alcuni pezzi mi è quasi venuto il dubbio che potessero essere parte di un nuovo progetto, ma Gavin Harrison è stato subito sicuro: questi sono i Porcupine Tree.”

Ascoltando l’album, fin dalla cavalcata iniziale di “Harridan”, si può riconoscere l’inconfondibile firma della band, ma rimane molto difficile ricondurre il sound a uno degli album precedenti. Siamo davanti ad un lavoro estremamente compatto, capace di diversificarsi ed esplorare diverse lande sonore, lasciando intatta la classe cristallina dei tre in quanto a tecnica, suoni (grazie a audio spaziale e tecnologie di registrazioni sopraffine) e arrangiamenti. Sembra quasi scontato dirlo, ma qualsiasi cosa facciano, la fanno bene e “Closure/Continuation” non è il classico album da reunion, ma un lavoro spinto da diverse motivazioni, realizzato in frangenti in cui i musicisti hanno ancora molto da dire. “Non la considero una reunion, in questi anni non ho mai detto che i Porcupine Tree si fossero separati. O forse mi è scappato, ma era solo per far concentrare i fan sui miei album solisti”, scherza Wilson, “Ad ogni modo per pubblicare un nuovo album servono forti motivazioni. Significa aggiungere qualcosa di nuovo alla tua discografia, deve valerne la pena.” Incalzato sui tempi che corrono, in cui spesso un singolo è più importante di un intero album e molta della promozione corre sui social, Barbieri afferma: “Forse siamo legati ad altri tempi, ma non potremmo mai rappresentare quello che facciamo attraverso un video su Tik Tok o una storia Instagram. Il nostro modo di essere è quello di raccontare storie attraverso un album.”

Queste parole rieccheggiano ascoltando le sette tracce di “Closure/Continuation”: un album compatto, in cui le cavalcate di brani come l’opener, i suoni e gli arrangiamenti più delicati, ma mai scontati di “Of The New Day” e “Dignity”, l’elettronica più dark e sorprendente di “Walk The Plank” e le sfuriate quasi metal di “Rats Return” e “Herd Culling” si alternano e si intrecciano, dando vita all’ennesimo lavoro di alto livello. Ma la ciliegina sulla torta è rappresentata dalla conclusiva “Chimera’s Wreck”, che dal delicato arpeggio iniziale al vortice sonoro della seconda parte, va ad affiancarsi di diritto ai pezzi migliori della band. Una varietà che ripercorre gli anni: “Alcune parti, soprattutto i riff più pesanti sono stati scritti diversi anni fa”, ricorda Wilson, “Attualmente mi piace sempre suonare la chitarra, ma trovo più interessante giocare con le tastiere e i synth”, come dimostrato dai suoi ultimi lavori solisti. Il cantante afferma anche che ha già completato il prossimo dei suoi album solisti, che vedrà luce prossimamente.

C’è tempo anche per raccogliere qualche aspettativa e impressione sul tour, che passerà dall’Italia il 24 Ottobre al Forum di Assago: “Siamo molto contenti di tornare in tour, anche perché in questi anni di inattività la fanbase si è espansa moltissimo e saranno moltissime le persone che ci vedranno suonare per la prima volta. Suoneremo anche qualche chicca dai primi album, ma non ci saranno grandi scenografie o effetti visivi: crediamo che dopo tutto questo tempo il pubblico voglia vedere la band che suona.”

“Closure / Continuation” sarà disponibile dal 24 giugno, insieme anche ad un documentario sulla sua realizzazione a cura di Sky Arte. Ci troveremo davanti un album che avrà bisogno di essere assimilato con cura, ma che, ancora una volta, mostra chiaramente quanto affermato da Wilson: “Credo che i Porcupine Tree siano una band che propongono qualcosa di unico e probabilmente è questo il motivo per cui le nuove generazioni continuano ad appassionarsi alla nostra musica.”

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