Oltre un anno è passato dalla pubblicazione di “Engine Of Hell”, un periodo che Emma Ruth Rundle, dopo la ripartenza dei concerti, ha trascorso quasi interamente in tour, suonando tutte le sere un album che è qualcosa di più di una semplice serie di tracce musicali e donando serate magnifiche ai fan di tutto il mondo. Sul finire della quarta leg – probabilmente l’ultima dedicata a questa pubblicazione – l’Engine Of Hell Tour arriva finalmente anche in Italia per tre date, la prima delle quali si svolge allo Spazio Teatro 89 di Milano.

Come di consueto, ad aprire la serata è la violoncellista Jo Quail, che ha sempre accompagnato Rundle in tour negli ultimi mesi, oltre ad essere stata l’unica musicista ospite in una delle tracce di “Engine Of Hell”. Bastano pochi secondi all’artista inglese per rapire completamente il teatro (già quasi pieno): Quail si distingue per un incredibile utilizzo di un violoncello elettrico, una pedaliera e una loop station, strumenti dai quali riesce a tirare fuori composizioni dalle trame e dall’emozionalità semplicemente mozzafiato. Spaziando tra pezzi più quieti ispirati ai cieli australiani e tra composizioni tempestose sulle quali percuote le corde dello strumento andando a creare suoni che sembrano effettivamente percussioni, la musicista sospende spazio e tempo e lascia ammutolito il pubblico, che la acclama poi a gran voce alla fine di ogni brano. Il calore dei presenti è così forte che Quail decide anche di chiudere la sua esibizione con un brano dirompente e dalle distorsioni lancinanti: un regalo che la platea accoglie a braccia aperte.

Passano solo pochi minuti prima che Emma Ruth Rundle scosti la tenda e si presenti su un palco su cui campeggiano solo un pianoforte e una chitarra acustica: non serve nient’altro per scavare nell’anima dei fortunati in sala. L’artista statunitense si presenta, spiegando come l’esibizione sarà interamente dedicata all’ultimo lavoro in studio, prima di liberare nell’aria le prime note di “Return”, note che si staccano dalle corde del pianoforte e che volteggiano nel teatro – pur pesando come macigni – prima di conficcarsi nel nostro cuore. La fedeltà alle tracce dell’album, che è stato registrato in presa diretta, è sbalorditiva, ma il contesto così intimo e l’intensità della performance di Rundle portano l’emozionalità a livelli difficilmente definibili.

Foto: Emma Wondra

Emma si spoglia di tutte le sue difese e porta sul palco un’esibizione cruda, che trafigge i nostri organi e amplifica le sensazioni espresse da “Engine Of Hell” e il suo significato. Si tratta di pezzi personali, dalla fortissima componente emotiva, in cui la cantante rianalizza una serie di traumi, che si riflettono in una performance allo stesso modo dolorosa e magnifica, per lei, come per tutti i presenti. Non si fa fatica a scorgere persone che, nell’ora che Rundle (raggiunta anche da Jo Quail per “Citadel”) regala al pubblico, passano diversi minuti ad asciugarsi le lacrime e tutto ciò non è un caso quando si ha davanti un’artista che riesce a veicolare sentimenti attraverso un tale livello di dolcezza e crudezza.

Assistere ad uno spettacolo del genere significa isolarsi, come se in quella stanza ci fossimo solo noi, Emma e una corrente emotiva impetuosa, ma allo stesso modo significa viverlo tutti insieme, versando alcool sulle ferite aperte e, solo alla fine del viaggio (terminato con “Marked For Death” e “Pump Organ Song”) rendendosi conto di quanto il dolore provato ci abbia svuotato. A tal proposito, è la stessa Emma che, prima di suonare la lacerante “The Company”, dichiara sorridendo “Sono contenta di essere qui con voi in questo momento e non da sola”.

Sarebbe stato davvero un peccato non poter vivere un’esperienza come questa in Italia. Sarà difficile immaginare come si evolverà la carriera di un’artista poliedrica e chi ci ha abituato ad una moltitudine di contesti e suoni diversi, ma l’unica certezza è che “Engine Of Hell” e il relativo tour rimarranno un punto fermo della vita di Emma Ruth Rundle, come di quella di chi ha potuto godere di uno spettacolo totalizzante: difficile che qualcuno potrà mai dimenticarlo.

Setlist

Return
Blooms of Oblivion
Body
The Company
Dancing Man
Razor’s Edge
Citadel
In My Afterlife

Marked for Death
Pump Organ Song

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