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Fontaines D.C. – Skinty Fia

I migliori scrittori ‘inglesi’ sono irlandesi”: Con questa citazione la prof del liceo concludeva la lezione di letteratura inglese – citazione tuttora ricorrente in alcuni forum su internet – quando spiegava Oscar Wilde, George Bernard Shaw, Jonathan Swift e, immancabilmente, James Joyce. Il perché? Hanno tentato di autodeterminarsi attraverso la lingua molto prima della Guerra d’Indipendenza. È una certa “inquietudine dello spirito” (unrest of spirit) che li rende grandi.

La stessa inquietudine i Fontaines D.C. l’hanno sempre manifestata senza troppo girarci intorno. È radicata nel loro lirismo, nelle loro immagini, in ogni nota che gocciola dall’inconfondibile accento strascicato di Grian Chatten. Eppure, mentre si abituano a essere una delle rock band più importanti della contemporaneità, hanno spesso parlato di dover trovare nuovi modi per portare con sé la propria identità, per mantenere ogni disco legato a casa anche se il successo li porta sempre più lontano.

I cinque di Dublino ricorrono al gaelico per spiegare la loro inquietudine. “Skinty Fia” – letteralmente “la dannazione del cervo” – è anche usato come imprecazione, un modo per esprimere il proprio dissidio in modo sicuramente singolare che nasce dalla diaspora degli irlandesi che non riescono ad abitare la loro stessa casa. Anche il frontman Grian Chatten è emigrato a Londra in tempi recenti. Da qui il suono della giovane Dublino che denuncia i propri limiti (“se sei una rock star, una pornostar, una superstar – non importa cosa sei / prendi una buona macchina, vattene da qui” cantavano qualche tempo fa i Fontaines). In dieci canzoni, “Skinty Fia” affronta una serie di argomenti sempre più cupi: degrado, avidità, corruzione, sconforto, isolamento, sofferenze d’amore. È un disco forte, ma mai pesante. Attraverso metafore, immagini e simbolismi urbani emergono racconti di stampo letterario, che mostrano la crescente capacità della band di premere il tasto reset all’alternative rock.

Fontaines D.C.

In lingua gaelica è anche il titolo della prima traccia “In ár gcroíthe go deo” (che significa Nei Nostri Cuori Per Sempre) ed è una canzone che definisce l’atmosfera, lo standard e la portata dell’album fin dall’inizio. Racconta la storia della lotta di una donna contro la Chiesa d’Inghilterra per avere un’iscrizione irlandese posta sulla propria lapide, una lotta che ha vinto nonostante la preoccupazione della Chiesa Anglicana che la lingua gaelica sarebbe stata provocatoria per coloro che l’avrebbero letta, negandone l’esistenza stessa. Tra canti ieratici degni dei migliori Radiohead e una ritmica che strizza l’occhio alla drum and bass, i Fontaines D.C. sono artefici di una tensione reverenziale. Lo stesso accade in molti brani dimostrando che la band ha fatto propria la lezione dei Joy Division fino a portarla a nuova vita. “Big Shoot” è una culla oscura fatta di chitarre distorte e suoni ipnotici, “How Cold Love Is” scava nei meandri della psiche con aggrottati riff di basso, “Bloomsday” sprofonda in un gioco di romanticismo e decadenza e la title track mostra tutto il suo minaccioso impeto già dall’intro.

Il capolavoro – non l’unico all’interno del lotto – dal nome “Jackie Down The Line” è qui per non farci scordare il lato più orecchiabile della band dove ritmiche alla Johnny Marr si mischiano con testi di efficacia sorprendente (“I will make your secrets mine”) nel raccontare una storia di abusi. Tra i meravigliosi assoli di Carlos O’Connell, “Roman Holiday” diventa un mare di nostalgia in cui annegare, seppur Grian Chatten prova a tenerci a galla con qualche sprazzo d’ironia (“I don’t wanna see the Queen / I already sing hеr song”). Una prospettiva unica di una storia d’amore tra le strade Londra raccontata attraverso il flusso di coscienza del suo protagonista.

Quando il player si ferma su “The Couple Across the Way” non si è del tutto pronti agli impulsi esplorativi dei Fontaines. Lo spirito romantico si interseca in una ballata lugubre in cui riecheggia il tema “Midnight Cowboy” di John Barry, sebbene eseguita interamente da Chatten alla fisarmonica. Ispirata dalle vere osservazioni del cantante sui suoi vicini, affacciandosi alla finestra sul cortile, la canzone scruta nell’appartamento di una coppia di anziani intrappolata in un perpetuo stato di guerra verbale, “dopo 23 anni sempre uguali“. Mentre si scusa con sua moglie per il suo ultimo sfogo distruttivo, il marito fa un commento tanto commovente quanto devastante: “Across the way moved in a pair with passion in its prime/Maybe they look through to us and hope that’s them in time”.

Al di sopra di tutto si staglia “I Love You” che – nonostante un titolo da far venire voglia di cambiare traccia – è forse la canzone più devastante degli ultimi anni. Non è scritta per una persona, bensì per l’Irlanda stessa, romanticizzando il senso d’appartenenza con il suo intro magnetico: “I love you, I love you, I told you I do / It’s all I’ve ever felt / I’ve never felt so well / And if you don’t know it / I wrote you this tune / To be here loving you when I’m in the tomb”. Parla dell’osservazione della natura imperfetta delle cose che amiamo in cui la relazione del sé con l’altro è fratturata. Un messaggio di amore/odio veicolato attraverso il titolo più banale che si possa pensare, una passione osservata con fredda distanza che esplode nell’impeto rabbioso di una sfuriata fra innamorati. La denuncia senza mezzi termini di un Paese che non riesce a tenere con sé i propri figli (“Quest’isola governata da squali con ossa di bambini incastrate fra i denti”) è al centro di un’invettiva cieca che si alterna ad una dichiarazione d’amore totale.

“Skinty Fia” è l’album più audace che i Ragazzi di Dublino abbiano scritto, lucido nella sua disamina del malessere che attraversa le generazioni, ispirato nelle liriche, reverenziale nelle sua sua dimensione musicale post-punk. L’anima si fa piccola di fronte alla magnificenza delle canzoni, alla solennità di quell’inquietudine di spirito made in Eire che i Fontaines D.C. hanno saputo tracciare al meglio per creare un disco che sa già di instant classic. I Cinque di Dublino non sono mai sembrati così a casa.

Tracklist

01. In ár gCroíthe go deo
02. Big Shot
03. How Cold Love Is
04. Jackie Down The Line
05. Bloomsday
06. Roman Holiday
07. The Couple Across The Way
08. Skinty Fia
09. I Love You
10. Nabokov

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