Il nome incute timore e riverenza.

Quando si parla di Jethro Tull si fa sempre un po’ più di attenzione rispetto ad altre band. Dopotutto, quella che Ian Anderson porta avanti è una storia lunga decenni ed un’idea di musica ben precisa.

Questo nuovo disco non si distanzia nemmeno d’un passo da tutto questo. A lunga distanza dagli ultimi lavori in studio, è uscito “The Zealot Gene”, ma ricorda più un vecchia raccolta di outtakes che un lavoro contemporaneo. All’interno di questo disco ci sono tutti i Jethro Tull che un affezionato può riconoscere e sentire propri. Dalle ballate barocche ai momenti più marcatamente prog, ritroviamo un percorso già noto che si inerpica poco e preferisce rimanere fedele a se stesso.

I testi, come dichiarato da Anderson, sono di ispirazione biblica più per divertimento e curiosità che per effettiva volontà di indagare il divino. Gli highlights sono pochi, ma lo svolgersi del lavoro è di per sé molto gradevole e leggero.

Non c’è nulla che non vada in “The Zealot Gene”, tutto è al proprio posto e prevedibilmente ben architettato. Aspettarsi qualcosa di innovativo ed in rottura con il passato del nome altisonante di questa band, forse sarebbe stato inutile.

Prendiamo questo disco per quello che è: un capitolo da posizionare sullo scaffale affianco ad altri, più per collezionismo che per effettiva necessità.

Tracklist

01. Mrs Tibbets
02. Jacob’s Tales
03. Mine Is the Mountain
04. The Zealot Gene
05. Shosana Sleeping
06. Sad City Sisters
07. Barren Beth, Wild Desert John
08. The Betrayal of Joshua Kynde
09. Where Did Saturday Go?
10. Three Loves, Three
11. In Brief Visitation
12. The Fisherman of Ephesus