Estrema varietà per questa fine di aprile da parte delle band dedite a sonorità oscure.

Enforced – War Remains (Century Media Records)

Se qualcosa non è rotta, non aggiustarla: questo motto sembra guidare l’atteggiamento degli Enforced, che, dopo due album aggressivi come “At The Walls” (2019) e “Kill The Grid” (2021), con il loro terzo album “War Remains” aggiungono una terza tacca ancora più feroce a una discografia ancora molto giovane, ma già piuttosto intensa. Provenienti da Richmond, in Virginia, Stato atlantico terra natia, tra gli altri, di Lamb Of God e Municipal Waste, i nordamericani arraffano i riff degli Slayer, le furiose ritmiche dei Dark Angel, discrete dosi di crossover, accenni al death vecchia scuola, piccoli lembi di blues sottotraccia, e condensano il tutto in poco di meno di trentatre minuti sparati ad alta velocità e dritti in volto. Un full-length dall’efficienza brutale, dunque, che riesce in parte a smarcarsi dall’influenza dei lavori dei Power Trip attraverso brani tanto facinorosi quanto ipnotici, capaci di creare  un’atmosfera da trincea dalla quale uscire vivi appare un’impresa quasi impossibile. Il rauco latrato al limite del grindcore di Knox Colby rappresenta la classica ciliegina sulla torta di un lavoro che riflette sulle guerra e le sue ripercussioni senza dare risposte univoche. Fuochi d’artificio per un gruppo che si sta avviando a una definizione precisa del proprio sound.

Tracce consigliate: “Aggressive Menace”, “The Quickening”, “Hanged By My Hand”

Gyrdleah – Spellbinder (Black Lion Records)

Nonostante una discografia che chiamare scarna equivarrebbe a utilizzare un eufemismo, il solo project Gyrdleah è in circolazione ormai dal 2005, ma l’unico suo vagito risaliva al 2011, quando venne rilasciato l’EP “Passage Into The Night”, esempio standard di black metal low-fi. Oggi, dopo dodici anni di silenzio assoluto, la one man band di Flagrum esordisce sulla lunga distanza con “Spellbinder”, LP che segna un deciso passo avanti rispetto a un mini ormai sommerso dalle sabbie del tempo. Grazie soprattutto a una produzione carnosa, che rende spesso e massiccio il suono di tutti gli strumenti, in particolare delle chitarre, il metallo nero opera del britannico riesce a brillare per malvagità e pesantezza, elementi spesso e volentieri invischiati in atmosfere e melodie dal discreto sapore doom. La sezione ritmica, che beneficia dell’apporto di Alex Micklewright dietro le pelli, e la voce di un mastermind capace di alternare con nonchalance ringhi profondi a grida agghiaccianti, rappresentano ulteriori aspetti positivi per un disco che preferisce il mid-tempo epicheggiante e notturno alla totale aggressione, richiamando molto da vicino Mgła, Nocturnal Depression e ultimi Mayhem. La strada da fare rimane ancora molta, benché le fondamenta appaiono assolutamente solide.

Tracce consigliate: “GYFU”, “Gathered For The Murder”, “Speak Of The Devil”

Mélancolia – HissThroughRottenTeeth (Nuclear Blast Records)

Malgrado la disperazione e la mestizia evocate dal monicker, non aspettatevi dai Mélancolia una musica dalle venature depressive, anzi, i quattro australiani operano tra le maglie di un registro a dir poco impulsivo, quando non addirittura frenetico. Il nuovo scalpitante e focoso puledro della scuderia Nuclear Blast Records esordisce sulla lunga distanza con “HissThroughRottenTeeth”, concept album su una divinità caduta che, in conseguenza di una punizione, si ritrova rinchiusa, senza alcun potere, nella prigione di un forma umana, incapace di sfruttare appieno una conoscenza vertiginosa di cui resta comunque depositario. Al servizio della narrazione viene approntata una proposta febbrile, in bilico tra deathcore e black e che volentieri si tuffa anche nel gothic industrial, ingurgitando, senza remore o complessi, persino avanzi di nu-metal. L’identità visiva del combo, che non esita volutamente a tendere verso il grottesco, riflette il carattere di tale miscela esplosiva, tesa a infliggere il massimo delle sensazioni uditive ed emozionali in un lasso di tempo minimo, giocando soprattutto sullo stridio dei contrasti. Scommessa intrigante, ma da limare in futuro, per un viaggio tra castighi e torture innominabili.

Tracce consigliate: “Horror_Ethereal”, “GOD TONGUE”, [Inure]

Predatory Void – Seven Keys To The Discomfort Of Being (Century Media Records)

La Church Of Ra continua a espandere le proprie ramificazioni. A questo meraviglioso collettivo belga, attivo da ormai un ventennio, dobbiamo artisti come Amenra, Dehn Sora, Hessian, Oathbreaker, Wiegedood, e molti altri, e, soprattutto, un’etica e un’estetica cupe e sobrie immediatamente riconoscibili. Dopo che nel 2022 Mathieu J. Vandekerckhove e Colin H. Van Eeckhout si unirono negli Absent In Body per esplorare gli aridi territori urbani dell’industrial, ora tocca ai Predatory Void di Lennart Bossu debuttare con “Seven Keys To The Discomfort Of Being”, dopo un solo concerto e un pugno di singoli alle spalle. Il disco trasuda il malessere che promette nel titolo: sette canzoni per sette diversi tipi di angosce che si dipanano attraverso pezzi lunghi e voluminosi, il cui titanico dinamismo tiene con il fiato sospeso. Raffinatezza ed eleganza irrorano l’insieme, aspetti sublimati da quell’aura post grazie alla quale la dissonanza del blackened death metal si incastra perfettamente tra lo sludge e le altre numerose sfumature dell’album, una ricchezza espressiva conseguenza anche del diverso background dei cinque musicisti coinvolti nel progetto (Aborted, Carnation, Cobra The Impaler, Cross Bringer, Doodseskader).  A volte si respira affannosamente in tanta oscurità e oppressione, ma in fondo al calvario la luce della catarsi riesce a irraggiare e disintegrare le macerie del disagio.

Tracce consigliate: “Grovel”,  “*(struggling..)”, “The Sell Within”

Vorna – Aamunkoi (Lifeforce Records)

Lo crescita dei Vorna fa sperare che esistano ancora formazioni nel mondo estremo e affini che tentino costantemente di migliorare da un LP all’altro, affinando identità, capacità e percezioni. Quello che nel 2013, anno di rilascio del debutto “Ajastaika”, sembrava un miscuglio ancora acerbo di Dimmu Borgir, Empyrium e Moonsorrow, oggi appare una proposta di una band originale e autonoma, in grado di lasciarsi alle spalle le incertezze di una volta, compreso un folk al limite del kitsch. Il sestetto di Tampere emerge dalle acque del passato con il nuovo “Aamunkoi” e dimostra che è possibile reggersi fieramente in piedi senza rinnegare le proprie radici e preferenze, ma inglobandole entro una proposta policroma, il cui nucleo centrale resta un efficace intreccio di impetuosità black metal e melodie epico/malinconiche. I finlandesi non agiscono per schemi convenzionali o per mezzo di strutture ordinarie, bensì apprezzano le diversità di umore e linguaggio, tanto che le canzoni del lotto si differenziano molto l’una dall’altra, costituendo ciascuna un mondo a sé stante. Eppure, questo platter risulta il più accessibile e rotondo mai scritto dal gruppo che, finalmente, sembra aver trovato una strada personale dopo una gavetta non facilissima: bravi!

Tracce consigliate: “Hiljaisuus Ei Kestä”, “Harva Päättää Hyvästeistään”, “Aika Pakenee”

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