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Nekromant – Temple Of Haal

Nati come Serpent nel 2012, gli svedesi Nekromant passarono al nome attuale nel 2016 per evitare confusioni con altre band locali e non, curiosamente oggi tutte dismesse o inattive. Il fatto, però, che line-up e stile siano rimasti praticamente invariati nel passaggio da un moniker all’altro, possiamo considerare questo “Temple Of Haal” il quinto della discografia degli scandinavi, il terzo se si tiene conto soltanto del nuovo corso. Rispetto ai lavori precedenti, che definire vecchi equivarrebbe a prendere un abbaglio, visto che il primo risale appena al 2013, il power trio di Vänersborg prova a dare un taglio ancora più classico al proprio heavy metal fortemente verniciato di doom, lasciando filtrare luce in un sound certamente cupo, ma non sinistro né macabro, molto vicino, in alcuni momenti, a quello dei connazionali Sorcerer e degli statunitensi Khemmis.

La tracklist procede seguendo le tappe di un viaggio mistico e leggendario che si concentra su una serie di miti legati al mondo scandinavo e alla città natale del gruppo, oltre a non trascurare qualche sortita nella letteratura fantasy. L’evocativa e carismatica voce di Mattias Ottosson, un personalissimo blend di Bobby Liebling e Ozzy Osbourne, rappresenta la carta migliore dell’album, in grado di conferire ai pezzi un’impronta di poderosa epicità, adatta, del resto, a dei mid-tempo crepuscolari, plasmati tra le rune norrene e le catene montuose della contea di Västra Götaland.

Se l’opener “Sileni” e la maestosa chiusura affidata a “Behind The Veil Of Eyes” sembrano un po’ sintetizzare lo spirito del platter, con le cadenze e gli assoli che richiamano alla memoria i Candlemass del periodo Messiah Marcolin, i brani nel mezzo si lasciano apprezzare per la capacità di mantenere alta la bandiera della tradizione senza indulgervi pedissequamente (“Olórin’s Song”, “King Serpent”). Groove, fruibilità, un pizzico di stoner e dei primi Iron Maiden, invece, connotano “The Wooods”, “Nekrolith” e la strumentale “Häckle Klint”, mentre il suggestivo break acustico “Vaenir Dreams” non sfigurerebbe quale intro di uno degli ultimi opus dei Magnum.

Caldo, malinconico, tagliente, “Temple Of Haal” appare, sinora, il frutto migliore partorito dai Nekromant, bravi nel riempire con farina del proprio sacco un disco che non può fregiarsi, inevitabilmente, dell’originalità assoluta. Considerando le icone passate e presenti che affollano il genere, risultato soddisfacente.

Tracklist

01. Sileni
02. The Woods
03. Olórin’s Song
04. Nekrolith
05. Vaenir Dreams
06. King Serpent
07. Häckle Klint
08. Temple Of Haal
09. Behind The Veil Of Eye

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