Quando una città si prepara ad un grande evento si percepisce immediatamente. E di grande evento si è trattato per Torino lo show dei Rammstein, rimandato di due anni causa pandemia. Si percepisce per le strade della città, tra i volti emozionati, le più o meno stravaganti magliette a tema, il clima di trepidante attesa. Ma soprattutto la mole di persone che hanno invaso il capoluogo piemontese da ogni parte del mondo, in particolar modo dalla Germania e da Paesi di lingua germanica, tanto che per un momento a sentirti straniero sei tu. Solo per un momento, giusto il tempo di realizzare che il potere di unione della musica dei Rammstein valica barriere di ogni tipo.

Parafrasando il noto motto ai campionati del mondo di calcio del 2006, ieri sera il cielo era azzurro sopra Torino. Una vittoria non scontata, ma senza dubbio meritatissima, già solo per l’aver resistito ad innumerevoli incertezze: vedere in lontananza lo Stadio Olimpico ha fatto esclamare tutti “ci siamo, è tutto reale”. Possiamo dunque riprendere fiato e festeggiare in anticipo, prendendoci un panino e una birra in uno dei tanti gazebo allestiti per l’occasione con tanto di menu da Oktoberfest, o accaparrandoci gadget e t-shirt ancora in tempo per addobbarci a tema.

Entrando nella venue, veniamo accolti dalla massiccia imponenza del palco con infinite casse, schermi ai lati e al centro, elementi a richiamare manici di chitarre e proiettori giganti – niente è lasciato al caso – nonché da una vampata di calore umano di decine di migliaia di persone, che ci preparano al fuoco vero e proprio, inesauribile marchio di fabbrica della band teutonica. A scaldarci ulteriormente in vista della performance principale c’è il duo Abélard: le francesi ripropongono infatti una collezione di brani dei Rammstein rivisitati alla tastiera, dalle più “scontate” (esistendo già una versione al piano) come “Mein Hertz Brennt” alle più articolate come “Deutschland”, strappando fragorosi applausi nel sentire alcune delle canzoni più pesanti addolcirsi in un risultato curioso. Sopraelevate al centro del prato non mancano di ringraziare la band tedesca per la fiducia in loro: sicuramente entrambe le parti ne traggono vantaggio, poiché da una parte questo sodalizio fa conoscere le francesi tra gli stadi di tutta Europa, dall’altra accresce la già consolidata fede dei fan nella musica dei Rammstein.

Ich will
jeden Herzschlag kontrollieren

Le lancette dell’orologio si muovono all’unisono con i nostri battiti cardiaci. Sappiamo tutti che è il Rammstein Zeit, è il loro momento. Nell’attesa del loro arrivo effettivo sul palco, partono ola sempre meglio riuscite dagli spalti, per fare bella figura o semplicemente per sentirsi ancora più parte di un’esperienza comune. Poi il digitale tricolore italiano con apposto il logo dei Rammstein viene innalzato lungo la colonna-ascensore centrale, e subito dopo una prima esplosione, fiumi di applausi e urla di incitamento sulle note dell’opening del nuovo album “Armee Der Tristen” accompagnano l’ingresso del sestetto: sarà l’imponente e ripetuto “Komm mit” a suggellare la prima di una lunga serie di momenti corali tra band e pubblico. Sulla scia dell’ultimo album trova il suo posto l’irriverente “Zick Zack”, prima di fare un salto indietro nella discografia con la serrata “Links 2-3-4” – con un Flake inarrestabile che marcia per km sul tapis roulant – e la viscerale “Sehnsucht”, che apre effettivamente il sipario a passi di tanz metal, all’headbanging collettivo e ai famigerati spettacoli pirotecnici.

La martellante “Zeig Dich” lascia il posto ad uno dei brani più amati del gruppo tedesco, “Mein Herz Brennt”: le luci volgono al rosso, e con uno spettacolare effetto scenico il cuore di Till va in fiamme, facendo inevitabilmente breccia nei nostri. Siamo ad un punto di non ritorno ormai, il buio sta per calare e l’inquietante inizio di “Puppe” presto si trasforma in un atroce grido di violenza, per concludersi con una raffica di colpi sferzati da Schneider sulle pelli senza alcuna pietà. Nel momento successivo tutta la nostra attenzione è catturata dalla divertente gag imbastita da Till che sbatte ripetutamente la testa contro un palo, preludio di “Heirate Mich” suonata con il plauso dei fan della prima ora. Ma a giudicare da alcuni dei volti intorno a noi – compreso quello di chi scrive – è il carisma della title track dell’ultima fatica “Zeit” a segnare forse il momento più emozionante dell’intera serata, culminato con la dedica ad una dolcissima bambina di nome Beatrice.

A fare da contorno ad una performance musicale impeccabile, rimane impossibile non lasciarsi coinvolgere emotivamente dalla portata della scenografia. L’imponente palcoscenico rilascia continuamente roventi lingue di fuoco (il cui calore è ben percepibile da tutto lo stadio), fuochi d’artificio ed esplosioni accompagnano i pezzi, insieme ad un impianto luci dall’impatto devastante e a tutte le gag a cui i sei ci hanno abituati nel corso degli anni.

Ma le sorprese non sono finite qui: vediamo infatti Kruspe inforcare un paio di occhiali da sole, e con la sua morbida mise en blanc salire elegantemente alle tastiere e far partire il remix di “Deutschland” da lui ideato: le altre quattro figure si spostano sul palco (tutti meno Lindemann) al buio e solo al momento dell’accensione dei led attorno alle loro sagome fluttuanti capiamo il gioco di luci misto a sonorità robotiche, un (non) intenzionale omaggio ai connazionali pionieri dell’elettronica Kraftwerk, a cui i sei sono fortemente debitori. Tempo di mettere mano agli strumenti e il remix si prolunga con la versione originale, fortemente sentita. Alla danzereccia “Radio” segue la cruda “Mein Teil”, con il teatrino dell’accensione da parte di Till armato di lanciafiamme di una pentola al cui interno Flake viene metaforicamente cucinato fino a bruciare, riprendendo il tema della canzone.

Non è un concerto dei Rammstein se ad un certo punto non parte il cavallo di battaglia “Du Hast”, primo approccio di molti fan alla musica dei teutonici: inutile raccontare il fomento che ha visto la sua massima espressione nell’iconico e focoso ritornello. Al momento di “Sonne” sfoderiamo le nostre basi di tedesco, teniamo il conto delle strofe che portano al maestoso bridge. I nostri sei si allineano tutti a centro palco, e al momento della loro illuminazione li vediamo inchinarsi colmi di gratitudine e il pubblico non si risparmia nel contraccambiare.

Di colpo il nostro sguardo si sposta al centro del ground, accendiamo le torce dei nostri cellulari come richiesto e l’atmosfera si fa magica: lo schermo centrale fa scorrere il testo di “Engel” e ci ritroviamo a cantare assieme alla band una riuscitissima versione al piano con il contributo del duo d’apertura. Il ritorno sul palco è per mezzo dei famosi canotti trasportati da un flusso di mani sopra le teste… proprio come lo sbarco nel video di “Auslander”, brano che spezza la calma, avvolgendoci in una sabba comune e multilingue come nel ritornello, e chiuso dal bacio tra i due chitarristi. Se ancora non ci siamo spezzati il collo con il repertorio precedente, ci pensa “Du Riechst So Gut” a darci la mazzata definitiva, assieme al pugno serrato sbattuto contro la coscia ad imitare una delle mosse più famose del carismatico leader. Con “Pussy” sappiamo cosa ci attende: sparati da un cannone dalla inequivocabile forma fallica veniamo investiti da una coltre di schiuma e coriandoli, per poi ritornare successivamente seri per la pesante “Rammstein”. Cerchiamo di richiamare a raccolta tutte le nostre forze rimanenti per l’irrefrenabile “Ich Will”, che raggiunge l’apice nel dialogo di botta e risposta band-pubblico del ritornello. Sono infine le lyrics azzeccate di “Adieu” a chiudere uno show strabiliante di più di due ore senza sosta, prima che i sei vengano trasportati in cima alla torre centrale del palco per l’esplosione finale.

Doveva essere un grande evento e grande evento è stato. Dopo un’infinita attesa di tre anni – tanti ne sono passati dall’annuncio della data – i Rammstein sono passati per Torino, calpestando con violenza i nostri corpi inermi, sparando letteralmente fuoco e fiamme e scaldandoci il cuore ancora una volta. E a distanza di poche ore, ancora inebriati dalla sensazione di aver assistito ad un show epocale, confidiamo che quell’Auf Wiedersehen finale sia accompagnato dalla speranza di rivederli al più presto.

Setlist

Armee der Tristen
Zick Zack
Links 2-3-4
Sehnsucht
Zeig Dich
Mein Herz Brennt
Puppe
Heirate Mich
Zeit
Deutschland
Radio
Mein Teil
Du Hast
Sonne
Engel (con Duo Abélard, piano version)
Ausländer
Du Riechst so Gut
Pussy
Rammstein
Ich will
Adieu

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