NUOVE USCITERECENSIONI

Unanimated – Victory In Blood

Nel 1995 gli Unanimated realizzarono, con il loro secondo full-length “Ancient God Of Evil”, quello che a tutt’oggi viene considerato un classico del melodic death/black di stampo svedese, insieme al celeberrimo “Storm Of The Light’s Bane” dei Dissection, uscito a distanza di soli sei mesi, e a “Far Away From The Sun” (1996) degli altrettanto fondamentali Sacramentum. Tuttavia, bisognò attendere il 2009 per un terzo opus in studio, “In The Light Of Darkness”, che, pur non ricevendo l’accoglienza calorosa del capolavoro precedente, avrebbe potuto tranquillamente fungere da solido mattone per la ripartenza di una carriera bruscamente interrotta quattordici anni prima.

Ancora una volta, però, la band guidata dal bassista dei Dismember Richard Cabeza cadde nell’oblio senza neanche supportare dal vivo l’album; poi, quasi due lustri dopo, la firma con Century Media Records e la pubblicazione, nel 2018, dell’ottimo “Annihilation”, EP che parecchi auspicavano fosse l’antipasto di un sospiratissimo quarto LP. Speranze ben riposte, indubbiamente.

In realtà, il rischio, complici le pause continue, che l’antico ardore satanico si riducesse a un fioco lumicino a malapena visibile nella fitta pioggia autunnale del Nord Europa, sembrava davvero alto, nonostante gli esempi positivi di vecchi compagni d’arme, nazionali e non, tornati alla ribalta (Desaster, Naglfar e soprattutto Necrophobic). Scetticismo soppresso dall’uscita di “Victory In Blood”, a patto, naturalmente, di non effettuare paragoni con il leggendario passato, benché i vari riferimenti a esso non manchino, come testimoniato dai molti passaggi impetuosi della tracklist che richiamano da vicino il piglio thrash di marca ottantiana del debutto “In The Forest Of The Dreaming Dead” (1993).

Basta ascoltare, in tal senso, la title track, “Seven Mouths Of Madness”, “The Devils Ride Out”, “Divine Hunger”, brani nei quali si alternano influenze della Bay Area e della scuola tedesca – oltre a genuflessioni nascoste ai Judas Priest di “Painkiller” -, comunque inserite in una struttura complessiva di estrema raffinatezza melodica che sa di perfidia e misticismo blasfemo. Impressioni incrementate da “As The Night Takes Us”, pezzo la cui fisionomia non pare lontana dai territori accattivanti degli ultimi Satyricon, e da “Demon Pact (Mysterium Tremendum)” e “XIII”, mid-tempo forti di un’epica inquietante e sulfurea dai cupi tratti doomy e con un sostrato NWOBHM che impregna il suono delle chitarre. I due interludi acustici (“With A Cold Embrace”, “Chaos Ascends”), con tanto di sussurri puliti, screziano di folk notturno il resto di una scaletta che conta un paio di aggressioni dalla brutalità contenuta (“Scepter Of Vengeance”, “The Golden Dawn Of Murder”) e una chiusa atmosferico/marziale orecchiabile e avvolgente (“The Poetry Of The Scared Earth”).

Ruvidi nella loro eleganza e più diretti rispetto alle vecchie abitudini, gli Unanimated fanno di nuovo centro con “Victory In Blood”, anche grazie a una produzione ricca di sfumature opera di Frederik Folkare e allo splendido artwork a cura di Daniele Valeriani. Discografia scarna, ma di qualità elevata, per un gruppo da sempre a proprio agio tra fumi infernali e croci rovesciate.

Tracklist

01. Victory In Blood
02. Seven Mouths Of Madness
03. As The Night Takes Us
04. The Devil Rides Out
05. With A Cold Embrace
06. Demon Pact (Mysterium Tremendum)
07. XIII
08. Scepter Of Vengeance
09. Chaos Ascends
10. The Golden Dawn Of Murder
11. Divine Hunger
12. The Poetry Of The Scared Earth

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