Sperimentazioni e assalti all’arma nera per questa nuovo appuntamento con il lato estremo della musica.

Detraktor – Full Body Stomp (Massacre Records)

I Detraktor si sono guadagnati un’ottima reputazione all’interno della dinamica scena di Amburgo durante gli ultimi sei anni e nel 2019, con l’uscita del loro velenoso debutto “Grinder”, misero il naso dall’altra parte dell’Elba, facendosi conoscere e apprezzare anche fuori dai confini nazionali. Da allora, però, prima il transito dalla Violent Creek Records alla venerabile Massacre, poi i cambi di formazione, con Boris Pavlov passato dalla chitarra al basso e l’ingresso in line-up del nuovo batterista Pablo Cortés, hanno ritardato la release di un secondo album in studio, “Full Body Stomp”, che non appare un azzardo definire un incrocio tra i Destruction, i Pantera, i Sepultura di “Chaos A. D.” e “Roots” e i Prong di fine anni ’80. Un crossover groove/thrash ancora imperfetto e poco personale, ma che mostra il grande potenziale a disposizione del gruppo tedesco, capace di un songwriting snello e schietto nonostante la velocità e la pesantezza caratterizzante i vari brani del lotto. L’orso famelico effigiato sulla cover sembra un avviso ai naviganti: nessun prigioniero oggi, il dominio del mondo domani.

Tracce consigliate: “Gorilla”, “I’m The King”, “Seven”

Fortið – Dómur Um Dauðan Hvern (Lupus Lounge)

Quasi ventiquattro mesi fa, esattamente nel dicembre 2020, i Fortið, in attività dal 2002, pubblicarono “World Serpent”, un concept incentrato sulla fine del mondo, dal forte taglio spirituale e che ebbe una gestazione complicata, figlio di due line-up diverse unite dalla figura del deus ex- machina e fondatore della band Eldur, all’anagrafe Einar Thorberg Guðmundsson. Il presente “Dómur Um Dauðan Hvern”, registrato dal polistrumentista di Reykjavík con Kristján Guðmundsson dietro le pelli e Kári Pálsson al basso, è un EP la cui cupa natura non può che evocare la buia e gelida stagione invernale dell’isola d’Islanda e delle aree scandinave. Un mini caratterizzato da un viking/pagan black metal in modalità atmosferica e dai sottili tocchi progressive e doom, con un suono denso e compatto, arrangiamenti orchestrali mai troppo invasivi e un’efficace alternanza di voce ruvida e cantato pulito, quest’ultimo capace di aggiungere al tutto leggerezza e melodiosità. Un prelibato antipasto del prossimo lavoro sulla lunga distanza per una formazione che tra il 2003 e il 2010 si rese protagonista della trilogia “Völuspá”, piccolo gioiello dell’underground nordico: supporto totale.

Tracce consigliate: “För”, “Fimbulventur”

Karg – Resignation (AOP Records)

Con “Resignation” i Karg di V. Wahntraum (il JJ degli Harakiri For Yhe Sky) arrivano al loro ottavo album in studio due anni dopo “Traktat” e l’EP “Resilienz”, all’epoca pubblicati a sette mesi di distanza l’uno dall’altro. Il nuovo LP apporta qualche lieve cambiamento, benché il solo project austriaco conservi sostanzialmente l’imprimatur di un post black metal malinconico e agrodolce, influenzato dallo shoegaze e da lacerti dream pop. L’aspetto davvero sorprendente riguarda la durata del disco, visto che trattasi di un prodotto, pur nella sua lunghezza, più breve di una ventina di minuti al confronto degli ultimi lavori, con il rischio di sbadigli e usura auricolare messi provvidenzialmente alla porta. Ospiti di rilievo e di diversa estrazione (la violinista Klara dei Firtan, il gruppo doomgaze degli E-L-R, P.G. dei blackster Groza, Thomas Lackner dei connazionali Lûs, il rapper Private Paul) e il fatto che, insieme al disco, uscirà il romanzo “The Ashes Of Past Winters”, redatto dallo stesso musicista salisburghese nella solitudine di una baita di montagna contestualmente alla scrittura dei brani dell’album, rendono l’opera un bocconcino prospettico, da gustare senza preclusioni di sorta. Mistico.

Tracce consigliate: “EBBE/FLUT”, “Generation Ohne Abschled”

Lucifericon – The Warlock of Da’ath (Invictus Productions)

Gli esteti si mettano al riparo, gli ascoltatori della domenica turino le proprie delicate orecchie, perché, con “The Warlock of Da’ath”, gli olandesi Lucifericon guidano la scrofa occulta e vorace attraverso il villaggio per la seconda volta dopo l’esordio “Al-Khem-Me” (2018), terrorizzando l’ignara comunità umana del Brabante. Un combo composto da membri vecchi e attuali di Deströyer 666 e Pentancle, impaziente di vibrare di nuovo il brando funesto e rugginoso di un death metal old school nero come la pece e vermiglio come il sangue degli innocenti. Un platter sì profondamente radicato alla fine degli anni ‘80 e all’inizio dei ’90, con i Morbid Angel presi quale imprescindibile punto di riferimento, ma che non disdegna oscure incursioni cultuali nel XXI secolo, tra Degial, Grave Miasma e i dismessi Vorum, e stoccate blackened in odore Necrophobic e Watain. A tratti spuntano i Bathory del periodo viking e qualche interludio meditabondo, giusto per allentare  la tensione malefica di un disco cinto da ogni lato da fetide esalazioni di zolfo ammuffito, che stritolano e ammorbano peggio di un anaconda figlia incestuosa dello Stige e dell’Acheronte. Diabolici.

Tracce consigliate: “Obscure And Forbidden”, “Sigillum Azoetia – The Map Of Possibility”, “The Iconostasy Of Blasphemy”

Orphique – Consécration Cadavérique (Sepulchral Productions)

La vivace scena del Québec continua a portare sulla tavola del metallo nero cibo fresco e di qualità; l’ultimo nato della provincia canadese si chiama Orphique, progetto solista di David Potter il cui moniker è un chiaro riferimento a uno dei personaggi più celebri della mitologia greca, capace, con la sua arte musicale, di stregare persino il segugio infernale Cerbero. Come la maggior parte dei connazionali di area francofona (Delétère, Forteresse, Gris, Monarque, Sombre Forêts), la nuova one man band nordamericana ha trovato nella Sepulchral Productions l’etichetta ideale per un album, “Consécration Cadavérique”, che, a una componente atmosferica ricca di chitarre acustiche, pianoforte, tastiere e melodie orecchiabili, unisce il taglio gelido della seconda ondata made in Norway, rivelandosi decisamente un piacevole debutto. Qualche brano, invero, risulta sfilacciato, roso dall’incertezza se imboccare con tetragona fiducia il sentiero dei Fiordi o lasciarsi ammaliare dalla meditabonda Euridice di turno, eppure il cantante, paroliere e compositore di Montreal riesce, nel complesso, a reggere la baracca attraverso un’apprezzabile gestione dell’insieme, palesando una passione autentica per la materia, merce rara all’interno dell’ormai inflazionato mondo estremo. Si può fare meglio, ma buona la prima.

Tracce consigliate: “Onirique”, “Vampirique”, “Sporadique”

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