NUOVE USCITERECENSIONI

Destruction – Diabolical

Da sempre uno dei gruppi più furiosi e inarrestabili dell’intera scena thrash metal, teutonica e non, i Destruction non potevano che celebrare il quarantesimo anniversario della loro carriera con la cosa che sanno fare meglio, ovvero pubblicare un disco. “Diabolical”, album in studio numero quindici per la band (diciassette se si contano le re-incisioni di pezzi storici che informano “Thrash Anthems” e “Thrash Anthems II”), conserva l’aura fragorosa dei suoi molti predecessori, allontanandosi, però, dalla modernità ultra brutale – e poco convincente – dello scorso “Born To Perish” (2019). I tedeschi, infatti, prediligono una scrittura di canzoni che riecheggia sia le prove dei primi anni ’80 sia la pesantezza di full-length come “The Antichrist” e “Under Attack”, riuscendo a colmare il vuoto lasciato dalla partenza del co-fondatore e chitarrista Mike Sifringer. Questo non significa che Marcel Schirmer e compagni abbiano sfornato un capolavoro assoluto, ma sarebbe altrettanto ingeneroso bollare il nuovo LP come una pallida fotocopia di antiche meraviglie, anzi, addirittura salgono a galla influenze che, pur restando circoscritte al mondo heavy, suonano salutari e refrigeranti.

Già osservando l’artwork di Gyula Havancsák, che, in un’atmosfera da B-movie, presenta l’immagine di una Terra divenuta un deserto post apocalittico a causa dei problemi ambientali e dell’impatto catastrofico del nucleare, con relativa zombificazione dell’uomo, si intuisce con facilità il contenuto lirico dei brani. Con energia tonitruante e una discreta dose di teatralità faustiana, vengono trattate tematiche attualissime, dall’indottrinamento religioso al sadismo delle élite al potere, dall’inerzia dei popoli alle fobie sociali, tutti elementi necessari a consolidare un’architettura musicale già parecchio massiccia, benché non ciecamente devastante. A cominciare da una title track che, a seguito della spettrale intro “Under The Spell”, spacca il cranio a colpi di perforatori chitarristici e machete ritmici che, al pari del vecchio Mad Butcher protagonista del pezzo, tagliano, martellano e spezzettano il malcapitato ascoltatore.

“No Faith In Humanity”, “Repent Your Sins”, “The Last Of A Dying Breed” e la venomiana “Whorefication” procedono sulle medesime coordinate d’attacco, con ottimi cambi di tempo dispensati dalla batteria di Randy Black, mentre la coppia d’asce Darmin Eskić/Martin Furia si dimostra oltremodo capace di stendere le consuete raffiche tritaossa su tappeti armonici di gusto neoclassico. Tale struttura, così ben congegnata e veicolo di refrain elettrizzanti, arriva a richiamare, in “Hope Dies Last”, “State Of Apathy” e “Ghost From The Past”, rispettivamente Helloween, Iron Maiden e Judas Priest. Scorribande attraverso territori tradizionali che caratterizzano le melodie di sottofondo di “Tormented Soul”, il bridge di “Servants Of The Beast” e una “Lonely Wolf” dal forte aroma Running Wild, tracce magari non eccezionali al massimo grado, ciononostante meritorie per la ricerca di una diversità compositiva quasi obbligatoria dopo i tanti lustri sulla breccia dell’estremo. La prestazione di Schmier, roboante al basso e perfido alla voce, non fa una piega, guidando autorevolmente il combo altresì in “City Baby Attacked By Rats”, interpretazione ipercinetica del manifesto punk dei britannici GBH.

Le tredici cartucce sparate da “Diabolical” testimoniano, forse anche sorprendentemente, dei Destruction capaci di innestare, nel cemento armato del proprio songwriting, materiali in passato trascurati, combinando al meglio fisicità, cattiveria e variazioni. E a lanciare uno sguardo luciferino sulla condizione precaria della nostra civiltà.

Tracklist

01. Under The Spell
02. Diabolical
03. No Faith In Humanity
04. Repent Your Sins
05. Hope Dies Last
06. The Last Of A Dying Breed
07. State Of Apathy
08. Tormented Soul
09. Servant Of The Beast
10. The Lonely Wolf
11. Ghost From The Past
12. Whorefication
13. City Baby Attacked By Rats (G.B.H. Cover)

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