Aprile dolce dormire? Dormire magari sì, ma dolce non proprio, visti i raggi oscuri provenienti dal mondo dell’estremismo sonoro.

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Benighted – Ekbom (Season Of Mist)

Nati nel lontano 1998 e ormai prossimi allo status di veterani, i Benighted rappresentano una delle formazioni cardine della scena estrema francese, forte di una discografia dalla buona qualità media e che non ha sofferto troppo alcune variazioni stilistiche, dalle influenze black metal dei primissimi album al brutal infuso di grindcore delle prove più recenti. Il titolo del decimo album in studio “Ekbom”, che si riferisce alla sindrome omonima, una patologia rara caratterizzata dall’incrollabile convinzione di avere la pelle invasa da insetti o parassiti, conferma l’indole grottesca e al limite del kitsch dei transalpini, mai, forse, così feroci, tecnici e malsani dal punto di vista musicale. Se gli ultimi lavori “Necrobreed” (2017) e “Obscene Repressed” (2020) brillavano per un mirabile equilibrio tra esasperazione e orecchiabilità, questo nuovo album si sbilancia maggiormente verso un death/grind che, pur non rinunciando ai momenti groovy, suona distruttivo e insalubre, con grandi protagonisti i ritmi epilettici del batterista Kévin Paradis e la voce polimorfa di Julien Truchan, la cui alternanza di growl, scream e pig squeal raggiunge vette espressive al limite del disumano. Un tripudio di fine macelleria, dunque, coronato da un paio di ospiti di vaglia come Oliver Rae Aleron, vocalist degli Archspire, e Xavier Chevalier, frontmann dei Blockheads, da una produzione calda e abrasiva e dalla cover di Róbert Borbás, perfetta trasposizione grafica delle nefandezze psicotiche del platter. Trentasei minuti da sorbire tutti d’un fiato.

Tracce consigliate: “Scars”, “Ekbom”, “Metastasis”

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Diabolic Oath – Oracular Exations (Sentient Ruin Laboratories)

Gli statunitensi Diabolic Oath, nelle cui fila militano tre musicisti dai minacciosi pseudonimi come Cthonian Incursor, Nameless Void e The Temple, quattro anni fa realizzarono uno degli album black/death più brutali e malvagi degli ultimi tempi, il demoniaco “Profane Death Exodus”. Uno spaventoso colosso capace di spazzare qualsiasi ostacolo sul proprio cammino, un vortice di cemento che, malgrado una ferocia morbosa à la Dead Congregation e una sensibilità vicina al war metal, è riuscito a distinguersi da prodotti simili per un pizzico di groove vecchia scuola di impronta USA. Nel nuovo “Oracular Exations”, la band di Portland, pur preservando la cattiveria e le contorsioni portaliane dello scorso lavoro e dello stesso EP “Aischorolatreia” (2022) in virtù di ulteriori insufflazioni dai vari Archgoat, Bestial Warlust e Teitanblood, pensano anche a costruire oscuri e visionari paesaggi H.P.L., con gli strumenti fretless che consentono ai brani di planare su note non utilizzate in contesti convenzionali e, conseguentemente, di guarnirsi di deformi effetti lisergici. Un modus operandi fuori dal comune, che rende ciascuna canzone un terreno sacro all’interno del quale potersi dedicare a forme raccapriccianti di trascendenza rituale, mentre un frenetico triplo growl funge da terribile corteggio cerimoniale, pronto ad accogliere entità orrende da vetuste dimensioni parallele. Lasciatevi schiacciare da una bestia assetata di sangue e distruzione che conosce, però, la forza occulta di mondi altri.

Tracce consigliate: “Serpent Coils Suffocating The Mortal Wound”, “Winged Ouroboros Mutating Unto Gold”, “Gathering Hordes From the Outer Worlds”

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Friends Of Hell – God Damned You To Hell (Rise Above Records)

Nel 2022 uscì l’esordio omonimo dei Friends Of Hell, progetto internazionale dai chiari risvolti revivalisti con membri di Reverend Bizarre ed Electric Wizard e artefice di un classic doom anni ’80 memore di PentagramSaint Vitus e, ça va sans dire, Witchfinder General, il cui secondo album s’intitola, appunto, “Friends Of Hell”. Un amorevole omaggio a un sound e a un’epoca specifici, non a caso diffuso sotto l’egida della Rise Above Records di Lee Dorrian, contrassegnato da una scrittura solida e soprattutto dalla carismatica voce, unica nel suo genere, di Albert Witchfinder, al secolo Sami Albert Hynninen. Il 2024 segna il graditissimo ritorno del gruppo, con una formazione, però, notevolmente rivista: se resta intatta  la sezione ritmica, composta dal bassista Taneli Jarva e dal drummer Tasos Danazoglou, entrano, come nuovi membri, i chitarristi Beelzeebubth (Mystifier) e Nikolas “Sprits” Moutafis, veri frombolieri della materia, e il singer Per “Hellbutcher” Gustavsson, frontman di Necrocurse e Nifelheim e autore di un’ottima prova a dispetto della spinosa eredità al microfono. Nonostante le rotazioni, questo “God Damned You To Hell”, ancora patrocinato dalla medesima label del debutto, scivola via alla grande, ruvido, incisivo, accattivante, fieramente tradizionale, che, oltre alle già note influenze e al generale mood sabbathiano, sciorina suggestioni di provenienza Cathedral e Mecryful Fate e piacevoli pizzichi heavy di marca Darktrhone e Visigoth. In poche parole, la zampa di un caprone foderata da uno stivale d’acciaio.

Tracce consigliate: “Bringer Of Evil”, “Cross Inverter”, “All The Colors Of The Dark”

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Necrot – Lifeless Birth (Tankcrimes)

La Bay Area, in California, costituisce una delle culle del thrash metal americano, ma nel corso degli anni la West Coast è diventata altresì un crogiolo di varietà sonore più estreme. I Necrot di Oakland, formazione italoamericana sorta nel 2011 e composta da musicisti coinvolti anche in molti altri progetti paralleli, tra cui Stormkeep e Vastum, si dedicano con entusiasmo e perizia a un death metal connesso alle esperienze degli anni ’80 e ’90, avendo come punti di riferimento soprattutto Bolt Thrower, Death, Massacre, Obituary e compagnia mortifera. Dopo “Blood Offerings” (2017) e “Mortal” (2020), lavori che hanno visto la band allontanarsi dalle proprie radici hardcore per abbracciare una proposta meno diretta, benché sempre carica di crudeli randellate, il nuovo “Lifeless Birth” presenta un ventaglio di soluzioni tese a creare un ponte tra USA e Scandinavia, restando nel solco della rilettura della tradizione. Greg Wilkinson, bassista degli Autopsy e ancora responsabile della produzione, conferisce ai brani l’abituale patina di sporcizia, ma essi, in verità, appaiono piuttosto elaborati, intrisi sia dei classici nordamericani, compresi gli Slayer, sia delle orecchiabili melodie di area svedese, per un disco che predilige la compattezza ai colpi di genio, con stop&go e velocità di media cadenza a dominare sulfurei. Forse manca un pezzo da spellarsi i timpani, eppure l’arco di tensione mantenuto all’apice durante l’intero running time rende il full-length una tappa obbligatoria per tutti coloro che amano l’old school transoceanico di solida fattura.

Tracce consigliate: “Cut The Cord”, “Drill The Skull”, “Dead Memories”

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Witchsword – Demo III (Blood And Crescent Productions)

L’etichetta statunitense Blood And Crescent Productions possiede, nella propria piccola scuderia, progetti black metal di buona levatura come Arbor, Atheosophia, Gauntlet Ring e Fellwinter, gruppi che osservano alla lettera i dettami della second wave norvegese anni ‘90. L’ultima acquisizione della label con sede a Brooklyn è la one man band Witchsword che, su cassetta, beneficia della pubblicazione di “Demo III”, una perla di metallo nero grezzo e notturno, migliore, per produzione e qualità dei riff, delle scorse prove, entrambe rilasciate nel 2021. “In The Glare Of My Steel”, infatti, risultava quasi inascoltabile a causa dell’enorme liquame lo-fi tutt’intorno, mentre “Witchsword”, pur lodevole nella sua natura tesa e serrata, si caratterizzava per il fastidioso e meccanico tintinnio della drum machine, pregiudicando il valore generale di uno sforzo compositivo comunque degno d’attenzione. Ora, non serve un orecchio superesperto per notare l’influenza di Darkthrone, Gorgoroth ed Emperor nella scrittura del mastermind Noxam, un’influenza che circonda anche il nuovo lavoro, che, però, si avvale di ulteriori richiami nobili, figli dei primi Burzum e dei Satyricon di “Dark Medieval Times”, con le tastiere gocciolanti di rarefatte atmosfere medievali e le chitarre che tagliano più del vetro gelido. Nonostante ancora manchi un batterista in carne e ossa, i brani appaiono equilibrati e ricchi di spunti interessanti, il che autorizza a invocare tosto il rilascio di un esordio sulla lunga distanza: raw, raw and raw!

Tracce consigliate: “In The Depths Of The Forest”, “Resurrection Of The Strigoi”

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