In Flames
Clayman

2000, Nuclear Blast
Death Metal

Recensione di Lorenzo Brignoli - Pubblicata in data: 07/05/10

Lo spartiacque. Questa è la prima parola che mi viene in mente quando penso a “Clayman”, quinto full-length degli svedesi In Flames; difatti, così come il 2000, l’anno della sua pubblicazione, separa il secondo millennio dal terzo, quest’album divide in due parti la discografia del gruppo. Chi conosce quest’ultima, infatti, sa bene come spesso venga suddivisa tra un periodo iniziale inequivocabilmente melodic death metal ed un secondo difficilmente inquadrabile in un genere “canonico” (per alcuni nu metal, per altri metalcore, per altri ancora alternative metal ecc...), in cui la band ha ampliato notevolmente la schiera dei propri fan, in Europa ma soprattutto oltreoceano, grazie ad una proposta decisamente più accessibile alle masse.

"Clayman" si mette proprio nel mezzo di queste due fasi, coniugando elementi della prima, con altri della seconda, da cui la definizione a inizio della recensione. Infatti troviamo ricorrenti passaggi con clean vocals (che saranno un leit-motiv degli album successivi) ed un riffing che ricorda da vicino gli album precedenti, “Colony” su tutti. Questo per quanto riguarda una descrizione “generale” dell’album; venendo ad un analisi più dettagliata, il disco è purtroppo costituito da una serie di alti e bassi che ne penalizzano il giudizio finale, pur restando nella sostanza un buonissimo lavoro. Infatti, se da un lato troviamo delle vere e proprie perle, dall’altro troviamo tracce meno ispirate che non reggono il confronto con le prime.

Le perle sono sostanzialmente quattro: la prima è “Bullet Ride”, esaltante nel suo ritornello stile "Colony" e sognante nelle strofe “parlate” da Anders Friden, autore ancora una volta di una brillante performance; la seconda è la successiva “Pinball Map”, scelta come canzone per il video estratto dall’album, dotata di un ritornello molto catchy e coinvolgente; la terza è l’anthem “Only for the Weak”, letteralmente devastante nei live show degli svedesi, in cui il pubblico è praticamente costretto a saltare per assecondarne il ritmo; la quarta ed ultima perla dell’album è la title-track, dotata di uno splendido riff e di un ritornello a dir poco trascinante. Un altro pregio dell’album è dato  dalla produzione pulitissima, praticamente perfetta, di Fredrik Nordstrom, che valorizza al meglio le prestazioni dei singoli musicisti.

Come anticipato il confronto tra le tracce rimanenti e questi capolavori è purtroppo sproporzionato: sicuramente ci troviamo di fronte a buone tracce (su tutte “Satellites and Astronauts” e “…As the Future Repeats Today”) e a sprazzi dell’innata classe degli svedesi, non abbastanza, però, per restare ai livelli delle canzoni sopracitate. Quindi "Clayman" è un disco che in parte soddisfa e in parte lascia l’amaro in bocca per il capolavoro che sarebbe potuto essere, data la qualità assoluta di alcuni pezzi; insomma un album dove il discorso della “metà” sembra essere ricorrente: a metà strada tra il sublime e la sufficienza, così come si trova a metà strada tra i vecchi e i nuovi In Flames; decidete voi se vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.





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