In Flames (Anders Fridén)

Dodici album e ancora tanto, tantissimo da raccontare. "Battles" rappresenta un altro capitolo della lunga storia degli In Flames. A spiegarcelo è il cantante Anders Fridén. 

Articolo a cura di Cristina Cannata - Pubblicata in data: 11/11/16
Ciao Anders, benvenuto su SpazioRock. Come stai?

Tutto alla grande, grazie. 

Immagino che tu non veda l’ora di presentarci l'ultimo album degli In Flames, “Battles” in uscita il prossimo 11 novembre. Vuoi darci una piccola anticipazione? Come sarà?

Sarà fantastico! (ride, ndr.).

Naturalmente!

Sai non mi piace particolarmente spiegare a chi andrà ad ascoltare il disco cosa sarà o come sarà, perché sono loro a decidere che cosa e come sarà. Però posso dire questo: scrivo musica nel modo in cui mi piace fare. Come band ci siamo concentrati sul processo creativo e di scrittura tentando di fare il migliore album di sempre degli In Flames. La gente lo giudicherà, ascoltandolo. E ognuno ha un’opinione differente. Penso che "Battles" rappresenti molto bene la nostra band… ci sono molte melodie, molte deliziose melodie. Sono davvero soddisfatto. 

Quindi diciamo che è il migliore album che voi abbiate mai realizzato?

Diciamo...Non lo so (ride, ndr.). Per me è stata un’esperienza fottutamente fantastica, ma non so se è il migliore. Dipende da te, dipende da chi ascolta. Il giudizio non è un compito mio.
 
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Raccontaci un po' la genesi di questo disco. Da dove siete partiti per realizzare questo album? Il produttore è il pluri vincitore di Grammy Howard, Benson. Com'è stato lavorare con lui e qual è stato il suo apporto principale al disco?

Abbiamo parlato con molte altre persone prima di lui e sai... le persone hanno delle sensazioni. Gli altri erano persone che avevano fatto tutti davvero bene, persone che ammiriamo molto, tutta gente con cui vorresti lavorare. Lui però ci colpì subito. Ci disse "Voglio farvi entrare in qualcosa in cui non siete mai stati, voglio farvi dei musicisti migliori, migliori nel fare quello che dovreste fare a questo punto". E aveva ragione, non gli si poteva dar torto. D'altronde è quello che vuoi, vuoi qualcuno che ti dica determinate cose. Non vuoi qualcuno che venga e ti dica "il tuo sound deve essere così, devi fare così". Hai bisogno di qualcuno che ti spinga a fare il massimo che puoi fare in un determinato momento. All'inizio il fatto che tra di noi ci fosse qualcuno di esterno ci ha resi quasi un po' protettivi, d'altronde questa è la prima volta che lavoriamo con un produttore del genere. Sì, è vero abbiamo avuto diversi produttori, ma erano per lo più ingegneri. E' la prima volta che tra noi abbiamo qualcuno con questo nome. Naturalmente, volevamo la sua esperienza, ma dovevamo aprirci, dovevamo farlo entrare. In particolare per me e Björn aprirci significava essere disposti a rimaneggiare le nostre idee, i nostri modi di lavorare. In passato facevamo musica in un solo mese e poi costruivamo tutto nel mixaggio. Adesso invece Benson ci chiedere del materiale con una certa cadenza, e quindi abbiamo lavorato in modo diverso. Ci ha detto "venite in California, trascorrete due o tre settimane qui prima di iniziare a registrare, e scrivete scrivete scrivete". Ed è stato quello che abbiamo fatto. Inoltre, io e Björn ci siamo avvicinati molto sotto certi aspetti: io ho sbirciato nel suo mondo più di quanto non abbia mai fatto nel passato, e lui ha fatto lo stesso con me. Abbiamo fatto un tour di noi stessi. Abbiamo messo da parte i "filtri" e abbiamo lavorato. "Sai cosa, questo riff è veramente interessante! Dovresti prolungarlo" e lui "Cosa vuoi dire con i testi?" e io glielo spiegavo. Benson ha fatto bene il suo ruolo: ha lavorato come ogni produttore dovrebbe lavorare. Connetteva quello che era sconnesso. E' stata un'esperienza straordinaria, e sono felice di averla fatta dopo tutti questi album. 
 
 
Mi hai detto che avete registrato questo disco in California e Björn ha dichiarato in un comunicato che il contesto ha influenzato molto il processo creativo dell'intero lavoro. La California è abbastanza diversa dalla Svezia, vostra terra natale. Ascoltando questo disco, ho notato una differenza significativa in termini di sound paragonata ai vostri vecchi lavori. Se penso alla California in termini di sonorità, mi immagino sound del tutto diverso da quello che mi aspetto dalla Svezia.... In che modo vi ha influenzato questa permanenza in California? 

Domanda giusta. Prendiamo l'album precedente,"Siren Charms". E' stato registrato a Berlino, a novembre, tra la pioggia e il freddo. "Siren Charms" ha un certo sound. E prendi questo, adesso, che è stato registrato " al sole". Ascoltali e mi dirai che il primo è un album "freddo", il secondo è "caldo". Naturalmente l'ambiente estermo influenza, deve contare. E' raro che le persone non siano influenzate dal contesto in cui si ritrovano. Certo, noi non stavamo distesi sulla spiaggia o correvamo sulla battigia, o altre robe del genere. Siamo stati in questa casa focalizzati sulla creazione a 360 gradi, ma l'ambiente era bello e soprattutto stimolante. Avevamo un barbecue, c'era la birra, ci siamo divertiti. E tutto ciò si è riversato nell'album. Penso che siamo stati trainati da un sentimento "più caldo" (ride, ndr). 

Hai detto che questo album è venuto fuori più velocemente rispetto ai tempi che avevate preventivato inizialmente. Questo significa che eravate più ispirati del solito o il processo che è stato più semplice del previsto?

Penso la seconda opzione. Ci siamo sorpresi durante il processo di come le cose si muovessero, di come scorressero, senza essere protettivi, senza impuntarsi o dire "Ah questa è mia". Ogni cosa è stata smussata. Il principio guida è stato aprirsi, aprirsi tra di noi, e lasciare che le cose scorressero come dovevano scorrere. E così il processo è stato più semplice e le cose sono andate veramente veloci. Sai, non scriviamo mai tra un progetto e l'altro, così come non scriviamo quando siamo in tour. Non ne è mai uscito niente di buono (ride, ndr), ci abbiamo provato qualche volta, l'unica cosa apprezzabile è stato un riff di chitarra che abbiamo usato. Questo spiega perchè ogni singolo album degl In Flames è diverso, perchè quando diciamo "Ok andiamo in studio", solo in quel momento, iniziamo a scrivere, a fare sul serio..

Facile!

Superfacile! (ride, ndr.).
 
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Durante la storia degli In Flames sono stati tanti i cambi di lineup. A settembre, nei giorni vicini all'annuncio dell'album, avete anche comunicato il nome del nuovo batterista Joe Rickard, che sostituisce dopo 20 anni di attività Daniel Svensson. Come si compone questo album alla luce di questi cambi di lineup? Ho avvertito un nuovo entusiasmo, anche a livello di sound. Qual è il contributo che ogni membro degli In Flames da? 

Ogni membro è importante, ogni membro mette nel progetto qualcosa di proprio. Parlando di Daniel, beh quando qualcuno lascia è sempre un grande dispiacere. Soprattutto quando si è amici, si condivide qualcosa che è una vita "particolare" insieme, fatta di tour, di concerti, di momenti creativi. Lui aveva però delle esigenze, quelle di dedicarsi alla famiglia. E davanti a questo, tu che puoi dire? Per questo album inizialmente abbiamo fatto riferimento a molti artisti da "studio" americani. E è stato lì che abbiamo trovato Joe. Lui lavorava nello studio e una volta ci ha detto "posso provare?" e noi "ovvio, fai quel che diavolo ti pare". E così lui ha provato... ed ha suonato davvero bene! Poi l'abbiamo conosciuto meglio e ci siamo resi conto che era un ragazzo -ed un musicista-  davvero sorprendente. E' stato molto semplice. Alla fine dei giochi abbiamo detto "L'hai registrato, beh, vuoi fare parte della cosa?" e lui ha risposto di sì. Una transizione abbastanza liscia. Ma, prima, avevamo scritto molte cose. Sai, ogni batterista, naturalmente, ha i suoi modi unici, lui è capitato nel mezzo della cosa e solamente lì abbiamo capito l'identità del batterista, abbiamo avvertito la sua sicurezza. E anche la sua sicurezza nell'andare sul palco. Anche questo è stato super easy. Lui è veramente talentuoso e ha molta passione. Beh, non abbiamo ancora suonato live, ma sono abbastanza sicuro che andrà bene. Presumo che la sua identità in questo album la si vedrà di più negli show dal vivo, e poi -ovviamente- nel prossimo album, quando sarà appieno parte integrante della band oramai. Eppure sai, penso che se non avessimo detto nulla, se non avessimo annunciato niente, forse le persone non se ne sarebbero accorte. Contiamo anche che ci sono sempre i "pregiudizi"... "Oh non sarà un album bello perchè Daniel non c'è più" oppure "Oh è sicuramente un album migliore perchè non c'è più Daniel". Credo sia irrilevante...

Beh però è normale che la gente lo pensi, soprattutto i fan storici...

Sì lo so, è normale. Però so anche che le persone tendono subito ad arrivare ad una conclusione sulla base del nulla."Questo album è una merda". Si dice, a volte, a caso. Senza magari ascoltare con attenzione.

Parlando del sound e dell'evoluzione che avete vissuto durante la vostra carriera. Dove possiamo posizionare "Battles" nella vostra discografia?
 
L'ultimo album! (ride, ndr). 

Tu tendi a fare le cose troppo semplici! 

Ma scherzo! (ride, ndr). 

Quali sono le principali differenze che hai sperimentato? Pensi che sia il risultato di un'evoluzione naturale o è una scelta deliberata?

Assolutamente la prima cosa. Ogni singolo album è uno step e ogni singolo step è fondamentale. Identifica dove sei. Quando facciamo un disco, non tendiamo a guardare indietro. Semplicemente si dice "Ok, questo è il meglio che sappiamo fare ora come ora" e si va avanti. Questo spiega perchè ogni nostro album ha le proprie caratteristiche, il proprio peso, la propria posizione. Nel 2016 gli In Flames sono arrivati a "Battles". Poi chissà...  

Sembra che il mondo della musica stia vivendo una sorta di "ricambio generazionale": molte band si sciolgono, alcuni artisti scompaiono, altri ancora si ritirano dalle scene. Voi avete suonato con grandissimi nomi e ad giorno d'oggi voi stessi siete diventati un grande nome, che influenza molto diversi artisti. Come consideri il tuo ruolo in questo panorama? Avvertite qualche sorta di responsabilità?

E' un onore che le persone dicano che tu sia un influencer, che ti vedano come un esempio, che apprezzino la tua musica. E' un grandissimo onore. Ma questo non mi consente di andarmene a vantare per strada. Preferisco pensare a quello che sono, a fare la mia musica, non tanto a come appaio, e secondo me questo è uno dei motivi per i quali adesso continuiamo ad essere qui e siamo arrivati a questo punto, siamo quello che siamo. La nostra attitudine è quella di crescere, andare avanti. Sono veramente fortunato perchè io sto vivendo il mio sogno. Un sogno che ho costruito con piccoli passi, uno alla volta. Ho suonato con molti dei miei "eroi", dei miei musicisti preferiti, ed è stato anche grazie alla mia attitudine. E' fantastico, è elettrizzante. Continuare ad essere in quella bolla è strepitoso. Ed io penso a questo. Penso che quando sarà vecchio, seduto sul mio divano, ripenserò a quanto tutto è stato fottutamente bello. 

Ok Anders, grazie per il tuo tempo e per la bella chiacchierata. Vuoi lasciare un messaggio ai tuoi fan e ai nostri lettori? 

Grazie per il continuo sostegno. Davvero, grazie. Come ti ho detto prima, sto vivendo il mio sogno, quello di fare musica, in giro per il mondo. E spero che la gente la apprezzi. Spero di poter continuare a portare la mia musica in giro, incontrare le persone, i fan. Senza le persone che hanno creduto in noi e che ci seguono non avremmo mai avuto la possibilità di vivere questo sogno. Probabilmente saremo a casa, in una piccola stanza. Magari facendo musica.. ma credimi, è più bello riuscire a condividere quello che senti, quello che crei con le persone. 



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