I The Amazons hanno pubblicato il loro ultimo album “How Will I Know If Heaven Will Find Me?” lo scorso 9 settembre. Abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con il loro frontman Matt Thomson, che ci ha raccontato qualcosa in più sul disco e sulle aspettative per il tour europeo, in particolare per la data italiana che si terrà alla Santeria Toscana di Milano il 2 novembre.

Il vostro ultimo album “How Will I Know If Heaven Will Find Me?” è uscito il 9 settembre. Potete dirci qualcosa in più a riguardo?

“How Will I Know If Heaven Will Find Me” è il nostro terzo album di studio come The Amazons. È stato prodotto da Jim Abbiss ed eravamo molto eccitati all’idea. Lui è un produttore fantastico. Ha lavorato a diversi album con gli Arctic Monkeys, i Bombay Bicycle Club e molti altri artisti. L’album parla di una lunga relazione a distanza che ho avuto mentre ero in lockdown a causa del Covid e, sai, dovevo provare a farla andare avanti nonostante tutti gli ostacoli, i problemi, il tempo e la distanza. Quindi questo è quello di cui parla realmente l’album.

Effettivamente anche il singolo “Bloodrush” è incentrato sulla comunicazione a distanza a causa del Covid. La pandemia ed il lockdown hanno influenzato la vostra scrittura? Come?

Allora… Maggiormente ci ha influenzato come band perché non potevamo essere insieme nella stessa stanza, ma eravamo tutti distanti a causa del lockdown. Quindi dovevamo scrivere da soli e poi inviarci le idee l’un l’altro. Facevamo tutto tramite internet e capirai che è totalmente diverso per una band, le band suonano in una stanza insieme e provano. Però nonostante fosse frustrante per noi le canzoni automaticamente venivano fuori meglio proprio per questo, perché dovevamo concentrarci maggiormente sulle parole, le melodie e anche sulle storie delle canzoni piuttosto che pensare semplicemente se suonavano bene. Quello che abbiamo fatto nella sala di registrazione poi è stato solo dare l’impronta alle canzoni.

Quindi qual è stato il processo alla base della scrittura delle vostre canzoni?

Ci vedevamo soltanto quando potevamo e non c’era il lockdown, nel Regno Unito c’erano dei momenti in cui si poteva uscire e vedersi e poi si tornava in lockdown totale di nuovo. Chiaramente usavamo questi momenti per vederci e registrare le demo a casa di Chris, il chitarrista, a Londra. Abbiamo fatto le demo e poi alcune di queste registrazioni sono finite sull’album. Abbiamo registrano le chitarre, la linea vocale, tutte queste cose… È stato molto divertente, sono felice di questo.

Quali artisti che hanno influenzato il vostro lavoro avete ascoltato mentre lavoravate alle nuove canzoni?

Ne ho ascoltati parecchi in realtà. Le Haim hanno pubblicato un album nel 2020 veramente bello, Phoebe Bridgers, un altro grande album di quei tempi. Principalmente queste due. Poi Taylor Swift ha pubblicato dei begli album che abbiamo ascoltato parecchio. Quindi sì, c’è stata parecchia musica che è uscita ed abbiamo ascoltato, nonostante il lockdown è uscita davvero della bella musica nel 2020!

Questa domanda è più personale: qual è la canzone del nuovo album che ha maggior significato per te? Oltre “Bloodrush”, immagino…

Sì, quella chiaramente. Poi “Say It Again” e “Northen Star” credo siano le più personali. Quest’ultima parla delle persone nella tua vita che ti aiutano nei momenti difficili, con i social media a volte si pensa che si possa fare tutto da soli ma io sono in disaccordo, abbiamo bisogno l’uno dell’altro. “Northen Star” parla di questo, delle connessioni umane.

Qual è stata invece la più difficile da scrivere?

Bella domanda! La più difficile probabilmente è stata proprio “Bloodrush”. Il fatto è che per molto tempo non abbiamo saputo come fare per arrangiarla, come sarebbe stata la batteria o come avrebbe suonato la chitarra. È nata semplicemente con me che cantavo e suonavo il piano, questa era la versione originale. “Bloodrush” è stata l’ultima canzone che abbiamo portato in studio e che abbiamo registrato, non sapevamo come riarrangiarla. Il nostro produttore Jim ci ha detto “Perché non fate un ritmo stile motown? Tipo tam tum tam tum tam”. Questo ci ha sbloccati e così l’abbiamo registrata velocemente dopo, avevamo semplicemente bisogno di una chiave, una strada da seguire, un’idea.

Questo ultimo album suona più melodico rispetto ai precedenti. Come è cambiato il vostro sound dal vostro primo album a ora?

Credo che stiamo crescendo, il nostro sound si sta evolvendo e penso si stia facendo più interessante. Stiamo sperimentando con nuovi suoni e sì, le canzoni sono un po’ più melodiche e anche la storia dietro è diversa. Penso che stiamo cambiando e stiamo migliorando.

A novembre tornerete in Italia per un concerto a Milano da headliner, dopo lo show con i Royal Blood di giugno. Com’è stato aprire per questa band?

È stato fantastico, incredibile! Amiamo i Royal Blood, abbiamo fatto un tour con loro in UK e in Irlanda e ci hanno chiesto di venire con loro a Milano. Abbiamo detto subito sì perché amiamo l’Italia e amiamo Milano. Sono stato anche a Napoli e l’ho amata, l’ho trovata molto diversa dalle città del nord e da Milano. Ho amato il cibo e l’architettura. Comunque è stato fantastico suonare con i Royal Blood lì, è stato probabilmente uno dei nostri concerti migliori di quest’anno. Siamo saliti sul palco e le persone cantavano “Bloodrush”, “Mother”, canzoni che hanno sentito su Radiofreccia e Virgin Radio e abbiamo apprezzato il supporto delle radio. Tutta la situazione è stata davvero emozionante.

Avete anche suonato all’I-Days. Come è stato? È diverso preparare lo spettacolo per un festival?

Certo, è diverso perché devi suonare per persone che magari non hanno nemmeno idea di chi tu sia. Devi convincere le persone, farle interessare alla tua band, devi usare tutte le tue capacità come performers per convincerli ad ascoltarti. È una sorta di sfida suonare ai festival ma una bella sfida, molto divertente! Gli I-days poi sono fantastici. Inoltre ai festival devi cambiare anche la scaletta. Non devi fare troppe canzoni lente, niente canzoni tranquille. Devi essere veloce, energico, potente.

Qual è il consiglio che dareste ai giovani che vorrebbero far parte di una rock band?

Allora, le canzoni sono la cosa più importante. La musica è la cosa più importante. E poi lavorare duro. Questa è la strada. Prima questo, poi tutto il resto. È facile passare tutto il tempo al cellulare e sui social media a fare marketing ma davvero, la cosa più importante è la musica.

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