Vi siete mai chiesti quanto possano essere lunghi sette anni? Per una band di grosso calibro, 2.556 giorni senza rilasciare un album sono uno iato interminabile, soprattutto se il gruppo in questione sono gli Stratovarius. Il combo, come i fan di vecchia data sicuramente ricorderanno, ci aveva da sempre abituati ad una pubblicazione regolare, con una cadenza biennale quasi “svizzera” e, quindi, non avere loro notizie per tanto tempo era decisamente strano, quasi preoccupante. Aggiungete a quanto ora detto il fatto che stiamo parlando di una band che ha plasmato un certo modo di intendere il power metal e potrete facilmente immaginare quanto fosse spessa la cortina di hype che avvolgeva “Survive“. Tuttavia, questa lunga pausa poteva tanto aver giovato alla band quanto averla danneggiata.
Le assenze, quelle lunghe, possono trasformarsi in una pericolosa arma a doppio taglio, soprattutto in vista del ritorno sulle scene: da una parte, infatti, potremmo trovare una band che ha approfittato dello stop per rinnovarsi, magari aggiustando il tiro e colmando le sue lacune; dall’altra, invece, il rischio di ritrovarci tra le mani un gruppo vecchio e imbolsito è sempre tangibile.
Ebbene, se questa era la vostra (comprensibilissima) preoccupazione, la risposta degli Strato risiede nei primi due pezzi che aprono il loro sedicesimo disco. “Survive” e “Demand” ci restituiscono immediatamente la sensazione di una band che non è stata con le mani in mano per sette anni, ma che anzi ha provveduto a dare una corposa rinfrescata al proprio approccio musicale. Il riffing di Matias Kupiainen è affilatissimo, seguito a ruota da un drumming roccioso, da delle tastiere presenti ma che non prendono mai realmente il sopravvento ed, infine, dall’ugola di Timo Kotipelto. Ed a proposito del lungocrinito cantante: come avremo modo di constatare nel corso degli 11 pezzi di “Survive”, la sua performance si rivela essere molto più matura di quanto visto in passato, senza alcuna voglia di strafare, piazzando pochi acuti, ma sempre nei momenti più opportuni delle tante cavalcate dell’album.
“Broken” continua il discorso aperto dai brani precedenti: chitarra spaccamascella con batteria al seguito, tastiera che comunica atmosfere all’inizio cupe ma che, col passare del tempo, sfociano in un ritornello che definire epico è un eufemismo, in cui Kotipelto può sfoggiare tutta la sua bravura. “Firefly” è probabilmente il primo pezzo che rompe un po’ il feeling venutosi a creare con i precedenti brani che, anche a causa delle tematiche trattate, era decisamente tendente al cupo. Il brano in questione, invece, sembra quasi il “figlio illegittimo” di una rock band anni ‘8O (in stile Europe, per intenderci), e non potrebbe esserci niente di meglio: il pezzo scende che è un piacere, con un ritornello che quasi vediamo già cantare dalle prime file dei fan ad un futuro concerto.
Se “We Are Not Alone” riprende discorso ed atmosfere già menzionati in precedenza (ma stavolta con le tastiere di Jens Johansson molto più in evidenza), “Frozen In Time” è la prima, vera ballad del disco. Se non avete mai perso un disco degli Stratovarius in vita vostra, non avrete difficoltà a riconoscere quanto il brano sia la classica quiete prima della tempesta a cui il gruppo ci ha da sempre abituato: una canzone dal piglio pacato, quasi malinconico, ma che trasuda stile da ogni singola nota; se invece solo di recente vi siete appassionati al quintetto finnico e “We Are Not Alone” vi da una sensazione di “già sentito”, non preoccupatevi: state solo iniziando a capire quante altre band abbiano tratto ispirazione dal lavoro di Kotipelto, Johansson e soci.
Avevamo parlato di quiete prima della tempesta, e “World On Fire”, in quanto tempesta, si scatena come ogni pezzo power metal dovrebbe fare: fomentando l’ascoltatore con le sue ritmiche ed emozionandolo con i suoi chorus melodici e con le tematiche trattate, tutte decisamente attuali… purtroppo.
Ma in questi “Stratovarius versione 2022” non è rimasto proprio niente di quel glorioso passato che, negli anni ’90, aveva stregato schiere di adolescenti? “Glory Days” sembra proprio volerci dire che si, gli Stratovarius non hanno perso un’oncia del loro tocco originario. Il brano in questione è il più “old fashioned” del disco, con un riff di chitarra che sembra provenire direttamente da “Visions” o da “Destiny”, con un drumming tellurico e quelle atmosfere epiche, quasi hollywoodiane che hanno fatto la fortuna della band di Helsinki.
Se “Breakaway” abbassa leggermente i battiti del metronomo (ma non di certo la potenza e la melodia sprigionate dal gruppo), “Before The Fall” alza il tiro a livelli di guardia, ma lo fa in maniera solo in parte power. Dopo un piccolo coro iniziale, la sezione chitarra/batteria da al pezzo delle sembianze quasi melodic death metal, che vengono stemperate dalla luce sprigionata dalle tastiere e, soprattutto, da linee vocali limpide e cristalline. Come spesso è accaduto nella loro discografia, anche la chiusura di “Survive” è affidata ad una suite di 11 minuti che risponde al nome di “Voice of Thunder”. Il pezzo dopo un inizio calmo ed introspettivo, fa salire in cattedra una sezione ritmica che ci ricorda che stiamo ascoltando power metal, e che manca ancora un po’ ai saluti finali.
Volendo tirare le somme, “Survive” è il miglior disco che gli Stratovarius potessero tirar fuori, soprattutto dopo 7 anni di silenzio. L’album non conosce né noia né momenti morti e risulta molto più fresco e moderno di quanto non fosse, per fare un esempio, lo stesso “Elements”. Pur avendo limitato praticamente al minimo tutti quei tocchi neoclassici e baroccheggianti che avevano sempre fatto parte dello stile del gruppo (e di buona parte del power metal finlandese), non c’è pezzo che non raggiunga il suo scopo, che sia quello di scatenare l’headbanging più selvaggio o quello di lasciare l’ascoltatore a bocca aperta. Gli Stratovarius degli anni ’90 rimangono ancora oggi un termine di paragone azzardato per qualsiasi band, ma gli Stratovarius del 2022 sono una band che conosce alla perfezione il proprio mestiere e che ha deciso di rivisitare il proprio approccio, rendendolo forse un po’ più morbido, ma senza perdere l’impatto che una band power metal deve sempre possedere, soprattutto in sede live dove, siamo sicuri, tutti i pezzi di “Survive” sono destinati a fare bellissima figura.
Tracklist
01. Survive
02. Demand
03. Broken
04. Firefly
05. We Are Not Alone
06. Frozen In Time
07. World On Fire
08. Glory Days
09. Breakaway
10. Before The Fall
11. Voice Of Thunder