Esce oggi “Bleed Out”, il nuovo album dei Within Temptation. Un lavoro dalla gestazione molto lunga, che ha visto, negli ultimi anni, la pubblicazione di moltissime tracce. In attesa di vederli a Milano l’1 dicembre 2024, ne abbiamo parlato con Sharon Den Adel, cantante della band olandese, che ci ha raccontato i segreti dietro l’album, il percorso di evoluzione della band e molto altro.

Ciao Sharon, per prima cosa un ringraziamento per essere qui con noi di Spaziorock. Come stai?

Sto bene grazie! È una bellissima giornata, ho giocato a tennis oggi, c’è il sole ed è davvero fantastico. Sono una persona felice! (ride, ndr)

Finalmente è uscito il vostro nuovo album “Bleed Out”. Si può dire finalmente, visto che alcune canzoni presenti nel disco sono uscite molto prima? Come si è arrivati a questa scelta? È stato difficile mantenere una linea comune dell’album, avendo avuto molti singoli che sono usciti nel corso di circa tre anni?

Capisco sicuramente che per molte persone è strano avere un album in uscita con molte canzoni che sono già state pubblicate. Tutto è stato principalmente dovuto al periodo della pandemia. Avevamo idea di far uscire sicuramente qualcosa, ma non avevamo idea che potesse durare così tanto. Quindi quando la pandemia è finita avevamo già realizzato quattro nuove canzoni. E ci siamo chiesti cosa volevamo fare, perchè non c’era un album. Quindi potevamo continuare a far uscire singoli, ma non avevamo ancora l’idea di far uscire un album, solo diversi singoli come prodotti a sé stanti. Potevamo trovarci con 11 singoli, e magari sarebbe stato divertente per i fan, ma considerando poi tutte le canzoni che avevamo, guardandola da un’altra prospettiva abbiamo deciso di far uscire l’album inserendo le canzoni già realizzate insieme alle altre più nuove. C’erano tante canzoni fuori e sicuramente la gente le avrebbe volute tutte insieme, per averle e collezionarle. Sai, sono stati degli anni molto strani e difficili per la pandemia, l’impossibilità di poter suonare i nostri live show, e poi successivamente abbiamo avuto la possibilità di scrivere, registrare molto, di andare poi successivamente in tour. Abbiamo lavorato tanto in questi anni per finire tutto in tempo e per terminare quell’album che finalmente le persone potranno avere tra le mani. Questo è il motivo per cui abbiamo agito in questo modo, abbiamo lavorato diversamente, ma se ascolto ora l’album nel suo complesso penso ci sia un buon mix di sound, canzoni ben bilanciate, e sono molto felice di come è uscito.

Ci sono molte canzoni nuove che sono già un punto fisso della vostra setlist come “Entertain You” o “Don’t Pray For Me”. Siete contenti di come il pubblico ha accolto queste nuove canzoni, anche dal punto di vista live?

Si hanno avuto davvero un ottimo responso, soprattutto “Entertain You”. È una canzone che è davvero diretta e fa saltare la gente durante i nostri show, che hanno sempre un pubblico che partecipa molto attivamente (ride, ndr). Per cui è una canzone che è molto bello avere nella setlist. E “Don’t Pray For Me” è un’altra delle nostre preferite e che amo molto cantare personalmente per il suo significato. È per questo che anch’essa è spesso nella nostra scaletta.

Si tratta un disco che parla di molte tematiche sociali. Cose che vi hanno toccato molto nel profondo, come la guerra in Ucraina o i diritti delle donne. Come avete sviluppato queste idee nel disco?

È un aspetto che è venuto fuori da solo. Ci sono diverse canzoni che parlano dei diritti delle donne, come “Bleed Out”, che parla delle donne ucciso o incarcerate senza un valido motivo o “Don’t Pray For Me”. Riguardo questa, mi hanno chiesto di scrivere un articolo per Kerrang! per la Giornata Internazionale della Donna e volevo scrivere qualcosa che fosse importante, quindi ho deciso di parlare dell’aborto. Mi sono informata sulle leggi che ci sono in molti Paesi europei e la mia conclusione è che pur essendo Unione Europea, ogni Paese affronta la cosa in modo molto diverso, forse anche in base alla cultura e alla storia. Ad esempio ho scoperto che in Polonia non si fa educazione sessuale perché la parte conservatrice nel Paese non è d’accordo e allo stesso modo ci sono diverse leggi che limitano l’aborto, anche in caso di stupro o incesto. Questo mi ha scioccato, perché vengo da una parte dell’Europa dove posso più o meno fare quello che voglio e c’è una grande differenza. Quindi la canzone è nata da queste riflessioni, dal fatto che anche in America stavano fioccando leggi simili, ma la scelta è di una singola persona, è questa persona che deve fare i conti con questa scelta, non qualcun altro. Questo è come è nata quella canzone. “Bleed Out” invece parla di una generazione che vorrebbe più libertà dalle imposizioni religiose, pur rimanendo religiose. A partire da Mahsa Amini, ci sono diverse donne (e anche uomini) che sono stato torturate e uccise per essersi opposte a queste imposizioni. Non avevo intenzione di parlarne nella canzone, ma è venuto fuori ed è comunque un modo per mettere in risalto questo argomento. È importante che la gente sappia, perché noi viviamo in una democrazia nella quale siamo liberi di pensare quello che vogliamo, ma ci sono persone che non possono.

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Pensi che esprimere un messaggio sociale attraverso le vostre canzoni possa essere più potente ed efficace?

Lo spero, lo spero davvero. Specialmente per le persone che apprezzano la nostra musica, e che magari si sentono sole nelle loro scelte. Spero che questo dia loro un appoggio.

Pensi che a volte questo possa essere “rischioso”? Magari alcune persone pensano che la musica possa essere solo intrattenimento. Ma penso che possa esserci un messaggio profondo attraverso la musica, anche per far conoscere alle persone qualcosa che non conoscono.

Io penso che come musicista devi parlare di certe cose. Tante persone sono ispirate dalle parole, trovano tanti messaggi in questo. Sai abbiamo Bob Dylan, abbiamo questa libertà di cantare le canzoni che tengono vivo lo spirito e la storia. Non so se conosci il significato della parola inglese “bard”, che era un musicista che tanto tempo fa viaggiava attorno al mondo e raccontava come andavano le cose in ogni differente Paese, storie e leggende attraverso la propria musica. E credo che è quello che anche noi facciamo oggi. Osservare e raccontare le cose che accadono nel mondo, attraverso le emozioni e le nostre idee. Molto spesso qualcuno ci dice di stare zitti, di cantare e suonare e basta. Ma questo non è vero perché credo che più di ogni cosa noi siamo artisti. È quello che facciamo, raccontiamo storie. Siamo degli storyteller e siamo ispirati dalle persone nel mondo. E questo è ciò che viene fuori. Utilizziamo la migliore piattaforma per fare questo, siamo nel luogo ideale per portare il nostro messaggio attraverso la musica.

Credo che “Resist”, prima di quest’ultimo album, sia stato il perfetto punto di incontro tra il vostro passato sinfonico e la modernità che da qualche anno a questa parte è diventata parte fondamentale della vostra musica. Siete riusciti ad evolvervi in maniera importante, ma secondo me senza mai perdere la vostra identità. Era questa la strada che volevate percorrere? “Resist” e “Bleed Out” sono da considerarsi un punto di arrivo o una tappa nel vostro percorso musicale?

Io credo che gni album che abbiamo fatto ci ha permesso di essere a questo punto. Sono completamente d’accordo con te sul fatto che “Resist” sia una perfetta introduzione a ciò che deve venire. È un buon album di passaggio. E credo che lo stesso valga per questo album, soprattutto per le quattro canzoni che ancora sono inedite, vanno verso quella direzione. Ma per essere davvero onesti, è una mia speranza di andare verso quella direzione, attraverso la nostra esperienza. Cercare di guardare avanti senza girarsi o cambiare percorso. Controllare ciò che viene dalla nostra mente, dalle nostre mani e raccontare ciò che avviene nel mondo, da questo viene una canzone. Ma ho visto che quando ascoltiamo musica heavy, molto spesso da parte nostra esce musica heavy. Possiamo controllare le nostre sensazioni, ma sono sempre molto sorpresa del risultato finale. Abbiamo sempre delle fotografie diverse nella nostra mente, e vogliamo sempre inserire tante cose nella musica, e poi magari si va nella direzione opposta. Ma “Resist” è sicuramente una piccola e buona anticipazione di quello che verrà con questo nuovo album. Si evolve sempre. La gente ci chiede a volte di fare un nuovo “Mother Earth” ma non possiamo. È ovvio che tantissime persone lo amano ma non possiamo, perchè siamo cambiati. Siamo cambiati ad ogni album e siamo cambiati come persone, siamo cresciuti spero, e si cercano sempre nuove cose a cui ispirarsi.

Penso però che il vostro cambiamento sia stato comunque coerente. Non c’è stata una ricerca forzata della modernità a tutti i costi. Questo cambiamento avuto un giusto focus. Ho ritrovato la vostra parte sinfonica, ma vista da un lato più moderno.

Sì, questo dipende anche dalla produzione e un riflesso è nell’utilizzo della mia voce, che può avere più range. Ad esempio, ora possiamo lavorare con chitarre più ribassate, quindi anche io con la mia voce posso fare di conseguenza cose diverse, ho maggiori possibilità di cantare come voglio. Questo per me è la tipologia di sound perfetta, abbiamo trovato un nuovo modo di esprimerci dal punto di vista musicale, che comunque (almeno a me) dà sempre lo stesso feeling. Ci saremo sempre la possibilità di essere più creativi.

Specie negli ultimi anni, ci sono state tante collaborazioni con molti artisti, ma probabilmente una delle più significative e più amate è quella di “Paradise”, con Tarja. Una canzone che non può assolutamente mancare ad un vostro live. Avete idea di riproporre qualcosa di simile in futuro, con lei o magari con qualche altra cantante?

Per questo album volevamo collaborare con un artista ucraino/a ma non ci siamo riusciti, non abbiamo trovato la voce giusta. Ovviamente la musica è sempre la cosa più importante e poi cerchiamo cosa può stare meglio a seconda della musica. Quindi facciamo una sorta di lista di potenziali cantanti e partiamo dalla persona che ci piace di più, sperando che dica di sì [ride, ndr]. Perché pensiamo che possano effettivamente aggiungere qualcosa alla musica, scegliamo in base questo. Questa volta non è successo, ma vedremo in futuro, stiamo anche cercando qualche cantante ucraino/a. Sarebbe stato bello perché ci sono diverse canzoni che parlano del conflitto e di quella situazione.

BleedOut

Il video di “Bleed Out” è stato realizzato con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Se ne parla molto adesso, sia in termini positivi, che in termini negativi. Tu cosa ne pensi, soprattutto all’interno dell’ambito musicale

Ci sono due lati, personalmente vedo sia i vantaggi che gli svantaggi dell’utilizzo dell’AI, come per tutte le nuove tecnologie. Per quanto riguarda il video è stato molto complicato farlo, ci abbiamo lavorato per un mese e mezzo. Inizialmente abbiamo filmato la band e gli attori in modo tradizionale e poi abbiamo effettivamente utilizzato l’AI. A quel punto ci sono diverse scelte che si possono fare a seconda dell’atmosfera che vuoi dare al video, quindi comunque sei sempre te ad avere il timone in mano . È ovvio che il modo in cui funziona spaventi un po’ le persone, che pensano che magari perderanno il lavoro per questo motivo, ma noi abbiamo cercato di evitare queste cose, partendo comunque da un video girato normalmente. Avremmo anche potuto farne a meno, ma non sarebbe la stessa cosa. Ad ogni modo il processo è molto lento e dispendioso, non è stato facile far capire all’AI quello che volevamo esattamente. Non è solo questione di inserire un paio di parole chiave. Credo che sia un discorso simile a quello che è successo con la rivoluzione industriale e con le macchine che hanno sostituito l’uomo per molti lavori manuali. Ovviamente non è bello se qualcuno a causa di questo deve trovare un altro lavoro. Ma probabilmente io non sono in grado di vedere tutti i problemi collegati come una persona che invece questi problemi li sta affrontando. Ad ogni modo, è una nuova tecnologia e non credo che ormai si possa fermare, quello che possiamo fare è cercare di evitare che si utilizzi nel modo sbagliato.

Mi sono sempre chiesto, come è per una band partecipare ad un festival importante, e poi dopo qualche anno, diventare headliner. Che sensazioni ti porta?

Non siamo diventati molto famosi in breve tempo, come magari è capitato ad altre band. Siamo cresciuti gradualmente e abbiamo lavorato duramente. Per questo sappiamo da dove veniamo e sappiamo che il successo va e viene. Un’altra cosa che abbiamo imparato è che il duro lavoro ti può portare ai tuoi obiettivi, ma ci vuole molto tempo. Diventare famosi in poco tempo con delle hit può essere una cosa difficile da gestire. Ma ovviamente suonare in grossi festival come Wacken o Hellfest è incredibile, è fantastico avere quella marea di persone davanti a te che cantano le nostre canzoni. Ovviamente anche prima, quando magari non eravamo headliner ci divertivamo un sacco lo stesso ed era bellissimo interagire con il pubblico. Ma sì, arrivare a questi livelli comunque ti rende orgoglioso. Ci ripenserò spesso quando invecchierò, come ripenserò anche alla strada che abbiamo fatto per arrivare lì.

In passato avete avuto diverse date live particolari, come ad esempio “Black Symphony”. È qualcosa che pensate di riproporre in futuro, anche magari proponendo qualcosa di ancora diverso? Avete mai pensato magari ad un festival organizzato da voi, dove siete headliner e chiamate tante band famose o meno a suonare prima di voi?

Sarebbe bellissimo farlo, ovviamente, ma il tempo viaggia davvero velocemente [ride, ndr]. Sono esperienze molto belle, mi era piaciuto anche fare “Black X-Mas”, in cui avevamo suonato cover nel nostro stile e nostre canzoni. Speriamo di fare cose simili anche in futuro, ma vedremo, il tempo non è mai abbastanza.

Il tempo passa e sul palco sei sempre più energica, più coinvolgente, sempre più gentile e bella. Quale è il tuo segreto?

Non so, forse essere olandese [ride, ndr]. Credo che derivi dal fatto che abbiamo dovuto lavorare molto per quello che abbiamo ottenuto, non è qualcosa che è arrivato all’improvviso, non siamo diventati delle star dal nulla. E va bene così, posso ancora andare in giro in Olanda senza per forza essere fermata, cosa che magari non può fare chi va in televisione e cose simili. Questo non mi piacerebbe, mi piace essere me stessa e fare ciò che mi piace. Ovviamente se poi è qualcosa che riguarda la musica e la mia band vado in televisione, ma non farei altro, come essere ospite in qualche trasmissione. Ovviamente non critico chi lo fa, sono scelte, ma per me fare musica è la cosa più importante. Credo che stare vicino a chi mi vuole bene mi tenga con la testa sulle spalle e questo vale anche per il resto della band.

Grazie per essere stata con noi, se puoi mandare un saluto ai vostri fan italiani e ai lettori di SpazioRock.

Certamente! Ciao a tutti, spero veramente che possiate venire al nostro show in Italia (all’Alcatraz di Milano 1 Dicembre 2024, ndr). So che è tra un po’ di tempo ma spero davvero che ci sarete a divertirvi con noi perchè è sempre speciale suonare per voi, avete tantissima passione per la musica, la vita, e tutto quanto ed è sempre un piacere suonare per voi. Grazie per avermi avuto con voi per questa bella intervista e spero di vedervi presto!

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