katatonia sky void of stars recensione
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Katatonia – Sky Void of Stars

Siamo tutti nati nel fango, ma solo alcuni di noi guardano le stelle.

Oscar Wilde

Quante volte ci siamo imbattuti in questa citazione di Oscar Wilde, un autore che, più di molti altri, ha saputo trasmetterci che, nonostante le avversità della vita, non bisogna mai rinunciare mai ai propri sogni ed alle proprie aspirazioni, identificati nell’immortale fascino dei corpi celesti. Tuttavia, a circa 170 anni dalla nascita dello scrittore inglese, c’è chi ha reinterpretato il significato delle stelle, rendendoli luoghi distanti ed irraggiungibili, la cui luce è priva di calore e, certe volte, sembra avere l’unico scopo di ingrandire le ombre che ci ammantano, impedendoci di brillare.

Con “Sky Void of Stars“, i Katatonia pubblicano il loro dodicesimo album che, come avremo subito modo di constatare, prosegue sulle coordinate gothic, progressive e post-rock già tracciate dai suoi illustri predecessori.

Sin dalle prime note di “Austerity”, primo pezzo del disco, la voce di Jonas Renkse e la chitarra di Anders Nystrom (unici due esponenti rimasti della formazione originale) ci fanno chiaramente comprendere che tutti i temi portanti, oramai marchio di fabbrica del gruppo, sono al loro posto.

Ma di cosa stiamo parlando più nello specifico?

La opening track e “Colossal Shade” si presentano pregne di quella malinconia, di quella solitudine, di quella sensazione ineluttabile di dolore che, come vedremo, si protrarranno per tutta la durata del full lenght. Nei testi del gruppo, ovviamente, troveremo diverse declinazioni delle sensazioni ora descritte, ma con un elemento ricorrente: le metafore forbite, filosofiche e, certe volte, ermetiche serviranno a comunicare un’oscurità tanto opprimente quanto umana, con cui chiunque ha dovuto fare i conti almeno una volta nella propria vita.

È il caso di “Opaline” che, con un’intro elettronica e delle atmosfere dalle tinte post-rock, affronta le ferite di un amore finito, concentrandosi sugli anni sprecati ad inseguire un sogno futile, ad onorare un debito rivelatosi inestinguibile ed a provare rabbia e rimpianto per un treno che ha abbandonato il suo binario.

Il suono distorto e melodico della chitarra elettrica di Nystrom ci introduce a “Birds” che, in buona sostanza, riprende il discorso del brano che lo ha preceduto, ma da un diverso punto di vista. L’opprimente depressione è stavolta nel pieno del suo svolgimento, ben lontana dall’essere superata o, quantomeno, accettata, e la persona che ne è afflitta si trova perduta alla deriva, nelle zone più tempestose della sua mente, senza poter contare su alcuna bussola. In un momento di disperazione, egli desidera di poter guardare il cielo sopra di lui e di vedere degli uccelli, intesi come messaggeri dell’aldilà. Quanto ora detto ci introduce ad un altro tema portante del lavoro del combo di Stoccolma: l’eschaton, ovvero il limite, l’estremo, il termine, il tempo “ultimo” che precede la fine di tutto ma che, di fatto, coincide con essa.

Come anticipato in apertura, gli astri presenti in questi pezzi non rappresentano ideali di speranza ma costituiscono, piuttosto, una fonte di luce che mette impietosamente in mostra le ferite dell’anima umana. È proprio questo ciò di cui “Drab Moon” ci parla: di una luna squallida, talmente deprimente da rispecchiare lo stato lo spirito di chi viene lambito dai suoi raggi.

Da un punto di vista squisitamente tecnico e strumentale, possiamo dire che “Sky Void of Stars”, più che un album ripartito in tracce, ha quasi le sembianze di un’enorme suite, composta da momenti diversi ma, al tempo stesso, uniti dalle medesime tematiche e, soprattutto, da una pasta sonora tanto ricorrente quanto ammaliante. I Katatonia, inutile sottolinearlo, sono dei maestri indiscussi del loro genere e la loro proposta musicale, ancora una volta, è chiaramente riconoscibile in pochissime note.

La voce decadente di Renkse ci accompagna in “Author”, uno dei pezzi più intimi del full lenght, in cui vediamo fare ritorno l’oscuro desiderio di una fine rapida, come soluzione ai mali interiori, ben sapendo che anche se questa nostra volontà si esaudisse, essa non ci donerebbe alcuna felicità.

“Impermanence” è forse l’estratto più gothic del disco, che brilla tanto per le atmosfere malinconiche e sognanti che per le doti solistiche di Anders Nystrom, capace di esaltare l’ascoltatore senza mai uscire fuori contesto.

Dopo l’evocativa “Sclera” è il turno di “Atrium”, probabilmente l’apice compositivo del disco, sia dal punto di vista musicale che da quello poetico. Se, in prima battuta, il brano presenta un chorus che si stampa nella mente dell’ascoltatore, il testo fa altrettanto grazie ad un’elegante metafora: l’atrio di cui si parla nel titolo è sia inteso come parte di un cuore che come sezione di un edificio, entrambi collegati dall’onnipresente malinconia che permea praticamente tutti gli undici pezzi di cui è composto l’album.

Se la traccia bonus “Absconder” racchiude tutto ciò che vi è di doom metal nei Katatonia, “No Beacon To Illuminate Our Fall” è forse la conclusione più naturale per un album di questo tipo: con delle melodie tristi e rassegnate che accompagnano la caduta di una persona, incapace di trovare il minimo barlume di luce e che, quindi, è sempre più alla deriva, e sempre più sicuro di non poter tornare alla normalità.

Alla fin della fiera, dopo 11 tracce, possiamo affermare con sicurezza che il disco in questione è Katatonia al 100%, ne rispecchia appieno la cifra artistica e, siamo sicuri, farà la felicità di tutti i loro fan ed anzi, con buona probabilità, potrebbe addirittura incuriosire qualcuno che ha solo sentito parlare della band. Abbiamo una sola raccomandazione da farvi: “Sky Void of Stars” è un concentrato di malinconia e tristezza, che scava a fondo negli anfratti più tenebrosi dell’animo umano, quelli in cui la luce non riesce a penetrare. Ma forse sono proprio queste le caratteristiche di un capolavoro doom metal.

Tracklist

01. Austerity

02. Colossal Shade

03. Opaline

04. Birds

05. Drab Moon

06. Author

07. Impermanence

08. Sclera

09. Atrium

10. No Beacon To Illuminate Our Fall

11. Absconder (Mediabook bonus track)

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