NUOVE USCITERECENSIONI

Sigur Ròs – Àtta

Se il 2023 è l’anno dei ritorni, era giusto aspettarsi un album dei Sigur Ròs, che arriva tuttavia a sorpresa. Ma forse potevamo aspettarci anche questo, come l’uscita di “Kveikur”, esattamente dieci anni fa. Ed è proprio dopo quest’ultimo album che la band islandese si prende una lunga pausa dalla pubblicazione degli inediti, pur continuando la sua attività live coinvolgente ed immersiva. “Átta” è un’opera introspettiva, che ci restituisce i primi Sigur Ròs, più minimali ma allo stesso tempo anche più emotivi e sinceri. “Átta”, un titolo semplice: otto come i lavori discografici del trio. Dieci tracce, come gli anni che separano l’ultimo album dal penultimo.

Con il ritorno, dal lontano 2012, di Kjartan Sveinsson, torna anche un vecchio stile minimale, poco ritmico e fatto di colori, seppur più spoglio degli ultimi dischi dal carattere quasi rock, ma dall’impatto sonoro densissimo grazie alla presenza della London Contemporary Orchestra diretta da Robert Ames.

Il trio islandese aveva già attirato l’attenzione su di sé con la pubblicazione di “Blóðberg”, il primo singolo dell’album, di cui è uscito un videoclip ufficiale e diverse live sessions sui profili social, insieme ai loro vecchi brani di successo. Il brano parla dell’urgenza del ritorno alla madre terra, il giusto preludio a un disco che parla, se non di dolore, senz’altro di una pesantezza intrinseca, che è il segno dei tempi che stiamo vivendo, eppure contrasta con la musica attuale in maniera netta, quasi anacronistica.

Se la quasi totale assenza di batterie e percussioni è il letimotiv di “Átta”, ci sono anche delle eccezioni di tutto rispetto che rendono l’ascolto senz’altro più interessante: è il caso di “Klettur”, brano cadenzato da tamburo e basso che portano una marcia downtempo, ma inesorabile e solenne, che si contrappone a sonorità acute, elettroniche che incorniciano l’inconfondibile voce da controtenore di Jònsi.

“Mór”, invece, è il brano forse più funereo del disco. Dobbiamo questa atmosfera all’utilizzo delle voci come un coro che strizza l’occhio ai canti gregoriani, con armonie che si fanno sempre più dissonanti fino a confondersi con le chitarre e i sintetizzatori. L’album si chiude con “8” una vera e propria suite ambient, che si apre come un inno e lentamente scivola verso una chiusura dolce, sempre più minimale, lenta ma inesorabile.

Un disco che richiede dedizione da parte dell’ascoltatore, che non può che essere un sensibile amante della musica, per apprezzare i colori e l’imponenza dell’opera, sinfonica nel vero senso della parola e, potremmo osare dire, classica: un’opera destinata a restare fissa nel tempo, un riferimento epocale per i posteri, come tutti i lavori genuini e fatti per aprire a chiunque le porte del proprio cuore, lasciando ai più affezionati la possibilità di sentirsi a casa fra i suoni, dando l’interpretazione che preferisce.

Tracklist

01. Glóð
02. Blóðberg
03. Skel
04. Klettur
05. Mór
06. Andrá
07. Gold
08. Ylur
09. Fall
10. 8

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