“Return my head, throw it to the crowd”

Di certo non ci aspettavamo parti del corpo, non siamo mica così sadici. Eppure James McGovern ha voluto davvero tirare qualcosa alla sua folla: rose rosse, lanciate qua e là sopra alle teste che colmavano un Largo Venue totalmente sold-out, mentre fuori il mese di novembre si apprestava a far gocciolare timidamente il cielo su Roma.

Un’atmosfera suggestiva, decisamente opposta a quella sudaticcia ed afosa del luglio scorso, quando abbiamo assistito ai The Murder Capital in supporto agli IDLES nella splendida cornice marittima del Beky Bay di Igea Marina: già lì i dublinesi avevano mostrato un notevole carattere ed un’incendiaria presenza scenica, risultando, più che gruppo spalla, dei degnissimi co-headliner degli ormai titani di Bristol.

Un carattere che deve essere riconosciuto ai Nostri, venuti al mondo con il magnifico “When I Have Fears”, sfortunato nell’emettere i primi gemiti a pochi mesi di distanza dall’uscita di un colosso come “Dogrel”, forte, dall’altro lato, per la capacità di non soccombere a quest’ultimo. Poichè quello scritto dai The Murder Capital ai tempi era (e rimane) un sorprendente libro di sentimenti neri, tramutatosi negli anni in una più colorata mirrorball proiettante riflessioni ampie e mature, catturate da “Gigi’s Recovery” e rilasciate, nuovamente, in sede live.

Lo dimostra, come suddetto, l’amore totale del pubblico romano, solleticato in apertura dal morbidissimo folk di Soak, chitarra acustica pizzicata e voce soave dall’Irlanda del Nord, che accarezza un parterre in fase di quieto assemblaggio fino alla conquista di ogni singolo centimetro della venue quando, pochi minuti dopo le 22, i Nostri calcano lo stage.

È “Heart In The Hole”, ultimissimo singolo pubblicato, a spalancare il sipario, folk rock in ingresso, rock pungente in outro, un climax incisivo che pizzica le piante dei piedi della folla fino allo schiaffone di “More Is Less” che rivolta violentemente il club.

Il calore si percepisce, “Return My Head” e “For Everything” fomentano ancor di più il termometro del locale. Ma i The Murder Capital sono bravi anche a giocare con le temperature, gestendo saggiamente i cambi di atmosfera in setlist: “Green & Blue” balla sui mid-tempo – Diarmuid Brennan robotico dietro alle pelli – “Slowdance I” e “II” ammantano tutto con una coltre oscura di post-punk che fiuta e segue il possente battito delle quattro corde di Gabriel Paschal Blake, “The Lie Becomes The Self” irriga la sala di fumosa malinconia.

Emozioni ad intermittenza, giocate con i giusti tempi, vedasi i crescendo di “Gigi’s Recovery” e della splendida “Ethel”, i complementari ghirigori chitarristici di Damien Tuit e Cathal Roper che adornano il sognante flusso di “A Thousand Lives”, messo in moto dalla pacata e toccante marcia di “On Twisted Ground”.

Il finale è lasciato al delirio del pit: innesco affidato alla devastante “Don’t Cling To Life”, deflagrazione, invece, attuata dal fragore verbale di “Feeling Fades”, un massacro di voci che si eleva dalla bolgia cantando «they now are lapsed ‘round you and me», un tappeto sonoro e fisico pronto a sorreggere lo stage diving del frontman, cautamente procuratosi, prima del gran finale, una maglietta di Totti per battezzare definitivamente Roma, i romani, i giovani, i più anziani, la gente venuta da tutta l’Italia e anche qualche temerario da fuori nazione.

Fenomenali, travolgenti, calorosi, malinconici: I The Murder Capital sfilano (meritatamente) tra le punte di diamante del rock mondiale, un gioiello di rara bellezza capace di spiccare ancor di più nel raccolto abbraccio del club, dove le mura sembrano rapire lo zampillio dei sentimenti in gioco durante una serata che definire solo “speciale” potrebbe risultare indecorosamente riduttivo.

Setlist

Heart In The Hole
More Is Less
Return My Head
For Everything
Green & Blue
Gigi’s Recovery
The Lie Becomes The Self
Slowdance I
Slowdance II
The Stars Will Leave Their Stage
Crying
Ethel
On Twisted Ground
A Thousand Lives
Don’t Cling To Life
Feeling Fades

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