NUOVE USCITERECENSIONI

The Used – Toxic Positivity

In my headspace
I’m feeding on the darkness and the bleeding of my heart

La cosiddetta “Toxic Positivity” è ciò che gli psicologi definiscono come un eccessivo evitamento e soppressione di sentimenti negativi. Scegliere questa via piuttosto che l’accettazione potrebbe portare a uno squilibrio interno, dando il via a un circolo vizioso di malessere.

The Used conoscono bene il male che affligge la mente umana, non l’hanno mai ignorato e lo sfruttano ancora una volta per dare vita al loro nono album in studio, che porta proprio il nome di questa condizione.

Il gruppo di Orem, Utah negli anni ha alzato sempre di più l’asticella, realizzando album sempre più artisticamente ambiziosi e ricchi, dei quali l’ultimo è “Heartwork” (2020). Così facendo, però, le aspettative dei fan (e non solo) diventano sempre più difficili da soddisfare e il rischio di delusione cresce proporzionalmente.

Occorre mandare giù questo boccone amaro subito: “Toxic Positivity” compie alcuni passi indietro rispetto ai suoi predecessori. Ma detto questo, andiamo per punti.

La band, probabilmente soddisfatta del lavoro precedente, ha nuovamente inciso un discreto numero di brani (21 questa volta), selezionandone 11 per l’uscita del disco e mettendo da parte le altre 10 per il “futuro”: c’è da aspettarsi quasi sicuramente l’uscita di una versione deluxe da qui a un anno, esattamente com’era accaduto con “Heartwork”. Per quanto questo ci faccia ben sperare e possa essere una furba mossa di marketing, l’album all’apparenza è alquanto corto: 30 minuti, ma non bisogna fermarsi ai numeri.

Prima di procedere all’ascolto, occorre considerare un altro dato importante. Il disco è l’ennesima conferma di quello che potremmo definire un sodalizio storico: The Used e John Feldmann. Quello che ai giorni nostri conosciamo come uno dei nomi più ricercati nel mondo punk/pop deve la sua fama in parte ai dischi di questo gruppo, che produce fin dagli esordi. Tuttavia, il suo nome nei crediti di un album oggi rappresenta anche una specie di avvertimento, dato il tasso di omogeneizzazione che porta con sé (ne abbiamo parlato qui). La buona notizia è che le vittime dell’effetto Feldmann qui ammontano a una sola.

Passando ora all’ascolto, possiamo dire che “Toxic Positivity” non è un’opera da dimenticare, ma non è nemmeno memorabile come quelle precedenti. La maggior parte delle tracce rappresenta fedelmente la band, che si muove da sempre in un panorama pop punk con spruzzate di emo, post-hardcore e con non pochi elementi elettronici, prima che questi venissero del tutto sdoganati. Troviamo canzoni che funzionano bene in questa comfort zone (“Worst I’ve Ever Been”, “Numb”, “I Hate Everybody”) come però altre di cui non si può dire lo stesso, in particolare “Dopamine” (che ricorda una via di mezzo tra il classico “The Bird and the Worm” ed “Evolution”) e “Top of the World”.

L’eccessiva brevità, citata poco fa, in questo caso è come se gambizzasse l’album. Gli spunti interessanti non mancano: “Pinky Swear” ha un’ottima scrittura, ma lascia volare via troppo presto la sua orecchiabilità; le sezioni più aggressive di “Cherry” paiono del tutto fuori contesto; “Dancing With a Brick Wall” ha del potenziale interessante, ma lasciato un po’ inespresso.

Abbiamo poi le tracce meglio riuscite: “Headspace”, dove la voce di Bert McCracken regala una linea che funziona e che a tratti stupisce, mentre il basso di Jeph Howard rimane una garanzia per il sound che ci siamo abituati a conoscere negli anni; e “House of Sand”, che forse, paradossalmente, avrebbe stonato se fosse stata più lunga.

Infine, la vittima: “Giving Up” è innegabilmente orecchiabile, fa danzare, funziona a livello commerciale (non a caso è uno dei singoli del disco) e rappresenta al 100% il movimento pop punk degli ultimi anni, che Feldmann dirige come un burattinaio e che ora cerca di inglobare anche The Used, i quali però mantengono una loro identità da molto tempo. Hanno seguito le tendenze, certamente, ma sempre aggiungendo il proprio tocco e mai cadendo nel calderone di “artisti fotocopia”, che si assomigliano tutti tra loro.

“Toxic Positivity” non è un disco poliedrico come speravamo, ma sicuramente trova un riscontro positivo tra i fan più fedeli.

Tracklist

01. Worst I’ve Ever Been
02. Numb
03. I Hate Everybody
04. Pinky Swear
05. Headspace
06. Cherry
07. Dopamine
08. Dancing With a Brick Wall
09. Top of the World
10. House of Sand
11. Giving Up

Comments are closed.

More in:NUOVE USCITE

0 %