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Becoming The Archetype – Children Of The Great Extinction

I Becoming The Archetype rappresentano la classica band che, nonostante l’influenza esercitata su act del calibro di Black Crown Initiate e Fit For An Autopsy, ha riscosso un successo davvero risibile, soprattutto in considerazione di capacità tecniche fuori dal comune. Colpa, probabilmente, sia di LP a cui sono sempre mancate quel pugno tracce in grado di fare la differenza sia di uno stile così altalenante da disorientare anche l’ascoltatore avvezzo alle wrong turn. Una carriera costellata da continui variazioni di rotta, dal metalcore al sapore di death floridiano di “Terminate Damnation” al clinic thrash di “Physics Of Fire”, dall’eclettico ”Dichotomy”, per molti l’apice artistico degli statunitensi, al bizzarro e ultramelodico “Celestial Completion” sino all’ultimo “I Am”, un disco djent/deathcore di maniera, inciso da una line-up stravolta dalle fondamenta.

A dieci anni di distanza, quando ormai la speranza di rivederli in azione sembrava una chimera, il gruppo si ripresenta con la formazione originale, grazie al ritorno di Jason Wisdom e Brent Duckett ad accompagnare, insieme a un paio di ospiti (Daniel Gailey, Ryan Clark), il superstite di vecchia data Seth Hecox nel nuovo “Children Of The Great Exinction”. Per la prima volta i nordamericani si cimentano nella scrittura di un concept sci-fi di chiara natura allegorica: le vicende di un mondo ansioso di ristabilire un contatto con una sua colonia interplanetaria rispecchiano i principi cristiani di creazione, caduta e redenzione, cosa che non stupisce vista la professione di fede del trio, avvalorata da un monicker di matrice biblica e da un titolo dell’album che richiama alcuni passi del Libro dell’Apocalisse di Giovanni.

Dal punto di vista musicale, il full-length pare una sorta di best of dei platter precedenti, un progressive metal à la Gojira ricco di atmosfere futuristiche entro il quale non si contano le numerose transizioni tra technical death, groove metal, ritornelli puliti carichi di eufonia e breakdown bollenti, con strategiche punte symphonic ad armonizzare il tutto. Come sempre in questi casi, i brani mostrano percentuali diverse degli elementi succitati, sbilanciandosi verso l’uno o l’altro a seconda delle scelte di songwriting, senza però indulgere troppo in astrusità cervellotiche: a “The Dead World”, “The Lost Colony”, “The Remnant”, The “Calling”, pesanti, orecchiabili, delicate, va la palma dell’equilibrio fra i contrasti, mentre la solenne e cinematografica mini suite “The Sacrament” riesce a condensare in quasi nove minuti lo spirito escatologico dell’opera. Costituiscono dei pezzi funzionali, benché solo discreti, l’intermezzo acustico/orchestrale “The Phantom Field, “The Hollow”, “The Ruins” e “The Curse”, ma, complice un running time altamente contenuto e dei testi abbastanza decifrabili, la fruizione dell’insieme non risulta certo complessa.

Ancora una volta, però, l’assenza di qualche canzone killer non permette ai Becoming The Archetype l’agognato salto di qualità, malgrado “Children Of The Great Exinction” resti comunque un buon lavoro, forse il migliore possibile dopo un silenzio discografico tanto lungo. E indubbiamente il più sinistro, nonostante i messaggi di speranza trasmessi qui e là dalle liriche.

Tracklist

01. The Dead World
02 . The Lost Colony
03. The Remnant
04. The Calling
05. The Phantom Field
06. The Awakening
07. The Hollow
08. The Ruins
09. The Curse
10. The Sacrament

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