TU SEI VIVO E QUESTO È IL TUO SUPPLIZIO

Benché sia esclusivamente Satana a sorvegliare le ante d’accesso del Traffic Live Club, marcando la propria presenza con epigrafi rosso sangue rinvenibili sull’intonaco sbrecciato delle murature circonvicine, spesso, nel raccolto stambugio capitolino, capita che si esibiscano band appartenenti ad aree diverse rispetto a quelle care di consueto al Maligno. A questo giro, spetta a tre formazioni italiane dedite a grindcore e affini, Tibia, Tsubo e Cripple Bastards, incendiare il palco del locale prenestino, eiettando a raffica, sulla platea, tonnellate e tonnellate di pura violenza musicale, intrisa di liriche decisamente brutali e politically uncorrect, le migliori, forse, mai diffuse da un ventre artistico nazionale abitualmente zeppo di ipocrisia e falso perbenismo. Al bando, dunque, chiacchiere e distintivo e diavoletti della Tazmania, qui si fa sul serio, con una serata, dal principio alla fine, insaccata in una cappa oppressiva, la cui coltre asfittica rilascia così forti esalazioni di odio e nichilismo da sperare di esserne continuamente e piacevolmente corrotti. Dietro il velo dell’Inferno descritto nelle pagine biblico/dantesche, invero, si nascondono macerie metropolitane e cisti purulente di sopravvivenza.

Tibia

Porte aperte alle ore 21.00 e subito si accalca attorno ad esse una folla piuttosto consistente rispetto alle classiche medie di inizio concerto, malgrado poi, momento clou compreso, la quantità degli spettatori non conoscerà un particolare incremento, lasciando dei piccoli e colpevoli pertugi di vuoto in sala. Davvero ingente, invece, la partecipazione giovanile, con un discreto numero di adolescenti a ingrossare le fila della torma e a rendersi quasi assoluti protagonisti tanto dei classici pogo a bordo palco quanto di modalità innovative ed eccentriche di divertissement collettivo. Una mezz’oretta dopo il passaggio della fatidica soglia, e con ancora una buona parte del pubblico divisa tra le attrazioni dello scarno merchandising e l’aria rigida dell’esterno, entrano in scena i romani Tibia, quartetto di matrice blackened hardcore non insensibile alle lusinghe del crust, del death e del math, e autore dell’EP “Divide Et Impera” (2016), sinora unico lavoro ufficiale emesso a beneficio degli ascoltatori. In attesa del debutto della lunga distanza, possiamo comunque assistere a un efficace massacro sonico di una trentina di minuti, tempo che le generazioni post – Duemila si ingegnano a monopolizzare, simulando, accoccolati sul pavimento, le remate degli schiavi nelle galee imperiali, movenze ritmiche che si adattano perfettamente alle sfiziose dinamiche sludge/doom del pezzo di chiusura “Waiting Time, Choosing Tears”. Mattanza breve, eppure intensa, al netto di volumi lievemente squilibrati.

Tsubo

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Alle 22.10 circa irrompono gli Tsubo, act laziale originario di Latina, artefice di due splendidi album come “…Cognizione di Causa” (2012) e “Capitale Umano” (2023) e che, in tale occasione, riversano sul frenetico e sudaticcio uditorio feroci montagne di death-grind infestate da quell’hardcore di scuola nostrana propagatosi a cavallo fra la fine degli anni ’80 e gli albori dei ’90. Una contaminazione, quest’ultima, merito specialmente dell’approccio vocale del frontman Valentino Roma, capace di conferire alla performance un’aura di combattiva resilienza, nonostante nelle pieghe testuali del secondo platter in studio si noti una certa amarezza e frustrazione, sentimenti scevri, però, da qualsivoglia anelito all’arrendevolezza. Una prova live, di conseguenza, di calibro maiuscolo, durante la quale la chitarra di Gabriele “Fasano” Giordani sembra, a tratti, evocare gli oscuri spasmi dei Tool più psichedelici, mentre la sezione ritmica composta dal drummer Aristodemo “ThrashDemo” De Cesaris e dal bassista Marco Sciscio, provvede, parlando de facto un linguaggio del tutto personale, a liberare bordate degne dello spessore dei macigni vulcanici, riuscendo a sfondare la parete invisibile di un’acustica non esattamente da teatro lirico. Una setlist pregna di un ardore spaventoso, che si tratti di crude reprimende grindcore contro la feccia della società e la logica del profitto (“Stretta Sorveglianza”, “Overdose”, “Vili Bastardi”, “Neoplasia Dogmatica”, “Equilibrio Instabile”), delle articolazioni plastiche di “Guerre” e “Antroprocene”, del manifesto dottrinale di “Arma Ideologica”, del lascito ereditario dei Dogfigth (“Manipolazione Di Massa”), del dolore individuale di “Cicatrici”. Il gruppo, indifferente a un maldestro e abortito tentativo di stage diving, avanza al pari di un caterpillar dagli ammortizzatori d’adamantio, schiacciando senza pietà ingiustizie, eccidi d’innocenti e deformazioni capitalistiche. Annientamento totale, ma con il cervello.

Setlist

Guerre
Stretta Sorveglianza
Overdose
Vili Bastardi
Neoplasia Dogmatica
Il Tempo Non Cura
Ultimo Colpo
Nel Bene E Nel Male
Conformista
Scienza
Arma Ideologica
Capitale Umano
Nomofobia
Equilibrio Instabile
Manipolazione Di Massa (Dogfight cover)
Antropocene
Cicatrici

Cripple Bastards

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Quando, verso le 23.10, montano sul tavolato i Cripple Bastards, istituzione tricolore e internazionale del mondo estremo tout court, si avverte incombente il sentore che la situazione prenderà, di lì a poco, una piega ad alto tasso distruttivo. Il pionieristico combo astigiano, che nel 2023 ha festeggiato i trentacinque anni di attività con la “ristampa”, tramite l’iconica e mai troppo reclamizzata F.O.A.D. Records, del doppio LP “From ’88 To ’91”, ricco di trecentotrentasei canzoni, dà fuoco alle polveri con una prestazione di livello eccelso, nella quale predominano il controverso disprezzo, il piglio belluino, l’istintività primitiva, la ferocia verbale. I pezzi vengono mitragliati attraverso un’heavy rotation parossistica che, eccetto qualche sorso d’acqua, non ammette respiro né pausa alcuni, in barba altresì alle problematiche tecniche con i piatti della batteria, incertezze risolte dai pattern tentacolari e gli ispidi blast beat di un Raphael Saini in splendido spolvero, e a cui le dense linee di basso di Schintu The Wretched regalano colossale sostegno. Giulio The Bastard, cattivissimo e con il microfono brandito a mo’ di nera eucaristia, sputa veleno ovunque sull’accesa moltitudine, intervallando un growling greve e cavernoso alle tradizionali urla strozzate e animalesche, mentre la chitarra di Der Kommissar macina riff dopo riff, imprimendo trafitture rapide e corrosive sulla superficie e nel profondo delle tracce.

Un grindcore di folle lucidità ed elevato alla massima potenza, sovente in combutta con HC, thrash metal e noisecore, scava negli organi vitali degli avventori auricolari macerandoli dall’interno attraverso una scaletta agghiacciante, che inanella, estrapolandoli da una carriera opima di capisaldi, proiettili tritacarne (“Fumo Passivo”, “Rapporto Interrotto”, “Stupro E Addio”), metastatici sing along (“Misantropo A Senso Unico”, “Polizia, Una Razza Da Estinguere”, “Italia Di Merda”, “Morte Da Tossico”), schegge di disagio urbano (“Sangue Chiama”, “Marchio Catastale”, “Il Tuo Amico Morto”), imprevedibili flash melodici (“Passi Nel Vuoto”, “La Memoria Del Dolore”). Tremila secondi lisci come l’olio, opimi di secrezioni varie, moshing e deliri alcolici, che si concludono con l’encore “Variante Alla Morte”, brano non proposto dal vivo da secoli, seguito da un laconico “Ciao a tutti!”, un saluto asciutto e chirurgico, simmetrico pendant orale del sound lacero-contuso dei piemontesi.

Setlist

Sangue Chiama
Fumo passivo
Get Out and Bite Them
Lapide rimossa
Mondo Plastico
Misantropo A Senso Unico
Passi Nel Vuoto
Rapporto interrotto / Nascere Per Violentarsi
Prospettive Limitate
Non Coinvolto
Narcolessia Emotiva
Implacabile Verso Il Suo Buio
Stupro E Addio
I Hate Her
Padroni
La Memoria Del Dolore
Ombra Nell’Ombra
Marchio catastale / Gli Anni Che Non Ritornano
Inverno Nel Ghetto /Faccia Da Contenitore / Authority/ Asti Punk/ Necrospore
Being Ripped Off
L’Uomo Dietro Al Vetro Opaco
S.L.U.T.S.
1974
Polizia, Una Razza Da Estinguere
Italia Di Merda
Il Tuo Amico Morto
Stimmung
Morte Da Tossico
Variante Alla Morte (Encore)

La calca defluisce dal carnaio oltre le ventiquattro, apparentemente indenne, in realtà scuoiata nell’animo, chiedendo a sé stessa se rotolarsi sotto un tir che falcia a zigzag rappresenti la soluzione ideale agli orrori dell’esistenza. In ogni caso, ne è valsa la pena.

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