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GHØSTKID – HOLLYWOOD SUICIDE

Che il divorzio tra gli (ai tempi) Eskimo Callboy e Sushi (Sebastian Biesler) abbia giovato ad ambo le parti in gioco, pare piuttosto evidente: i primi diventati ormai “elettrici”, il secondo cromato da un’oscurità goth che radica i suoi vagiti nel buio della pandemia. Un debut che ingloba il nome stesso del moniker, la rinascita di una persona (e di un personaggio) e della sua anima plumbea, in cerca di un ritaglio di spazio in un mondo al collasso.

GHØSTKID è tornato a incidere, ora senza l’incombenza di un’emergenza sanitaria a premere sull’estro: “HOLLYWOOD SUICIDE” si prende del tempo per incarnare una sorta di prequel del self-titled del 2020, dando in pasto alla piazza l’immagine dell’inevitabile sacrificio dell’uomo in favore dell’artista come scaglione fondamentale nel meccanismo di creazione ed emersione nello sconfinato oceano della musica. Una sorta di metamorfosi bruco/farfalla, un passaggio di morte apparente e di nuova vita che circoscrive i tortuosi cinque anni di Sebastian Biesler, trovatosi ad un passo dall’abbandonare la nave, sino ad un salvifico viaggio negli States, ambientazione che adorna le fosche autostrade dell’ultimo platter.

È una Hollywood decadente, dalle luci al neon sgangherate e miti sorretti dal minuscolo filo di fasti passati, luogo di perdizione e specchio di una società che assapora il brivido della fine: è qui che Sushi fa gettare le fondamenta di un’oscura esplorazione nello scheletro dell’artista, il rinunciare a tanto per diventare qualcuno, mentre il male e le tentazioni serpeggiano come demoni che provano a trascinarti giù nell’esatto istante di debolezza.

Una discesa in una realtà claudicante e tenebrosa, riesumata dal defibrillatore post-hardcore progettato da Sushi e compagni: le scariche martellanti della title-track e di “BLØØD”, con le vene imbottite di synth post-apocalittici e refusi industrial, le fucilate metalcore di “BLACK CLOUD” ed i cabaret melodici che zampillano nelle tracce meno compresse dalla brutalità degli strumenti (“S3X”, “HEAVY RAIN”, “DAHLIA”). Il frontman fa il bello e cattivo tempo, estende il suo range di cantato pulito e spiattella scream sulle sferzate di Jappo van Glory.

“FSU” cavalca rombanti reminiscenze del passato negli Eskimo Callboy, “VALERIE” striscia in una melmosa fanghiglia di industrial e trip-hop e rintraccia il lato più sporco e macabro del peccato, “MURDER” – in collaborazione con INHUMAN – ricalca lo statuario crescendo di “SUPERNOVA” in una lenta passeggiata nell’oblio. “HELENA DRIVE” fa spegnere le poche luci in questo sogno visionario, un pezzo che stacca nettamente da tutto il resto, tra ricerca pop ed una scia -core che lascia lentamente la presa.

Se pensiamo che il cambiamento artistico più importante nella carriera di Sebastian Biesler è avvenuto proprio mentre il mondo sembrava inghiottire ogni speranza di evoluzione, ci riteniamo super fortunati nel poter riascoltare qualcosa di nuovo dei tedeschi: “HOLLYWOOD SUICIDE” è una storia di dolore e resistenza, di buio totale e di luce che riappare all’improvviso. L’ennesima rivincita sul fato presasi da Sushi, un supereroe dei bassifondi, forgiato dal nero delle difficoltà e dal rosso di un’ingovernabile sete.

Tracklist

01. HOLLYWOOD SUICIDE
02. S3X
03. FSU
04. HEAVY RAIN
05. VALERIE
06. BLACK CLOUD
07. UGLY
08. BLØØD
09. MURDER feat. INHUMAN
10. DAHLIA
11. HELENA DRIVE

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