Si è già detto tante volte, ma probabilmente nessun decennio ha avuto lo stesso senso di decostruzione e ricostruzione musicale come gli anni 90’, quantomeno nel rock. Tra grunge, alternative, shoegaze, post e varianti del punk, sono innumerevoli le band che in quel decennio hanno messo la propria impronta sulla storia della musica e che ancora oggi mantengono saldo il proprio status, anche e soprattutto in termini di numeri. Ci sono poi realtà che, nonostante abbiano contribuito a plasmare una certa corrente musicale, nel 2023 non raccolgono decine di milioni di ascolti su Spotify e decine di migliaia di fan dal vivo. I fattori possono essere molteplici (e non avrebbe neanche senso indagarli in questa sede), ma rimane il fatto che nonostante tutto (gli anni passati, i terremoti in line up, le ultime pubblicazioni non a livello delle prime) rimane sempre un piacere godersi un concerto di una band storica come Helmet in un locale altrettanto storico (e intimo) come il Bloom di Mezzago.

La band di Page Hamilton, dopo aver pubblicato (ormai 30 anni fa) un paio di album che sono la definizione stessa di alternative metal, ha avuti alti e bassi, tra scioglimenti temporanei e continui cambi di line up. Ritrovarli ora, con una formazione ormai stabile da qualche anno e con il frontman nuovamente in forma dopo l’intervento di due anni fa non può che far piacere a tutti gli amanti di groove estremo e riff taglienti.

IfIDieTodayBand

Ci addentriamo nel Bloom proprio mentre gli If I Die Today stanno per salire sul palco e veniamo immediatamente colpiti dal piacevole colpo d’occhio che offre la sala, già quasi completamente piena. I ragazzi piemontesi offrono circa 40 minuti di un post-hardcore molto sporco, veloce e grezzo, caratterizzato da pezzi brevi, ma molto violenti e rumorosi. Pur non suonando esattamente lo stesso genere degli Helmet, la band si fa ben apprezzare dal pubblico grazie a queste caratteristiche comuni, oltre al fatto di tenere il palco alla grande, mentre il cantante Marco Fresia, tra una sgolata e l’altra, si fa anche qualche giro in mezzo alla platea. Insomma, l’esperienza ultradecennale degli If I Die Today si vede tutta.

Passano una ventina di minuti prima che Page Hamilton faccia il suo ingresso sul palco tra gli applausi, seguito da Kyle Stevenson, Dan Beeman e Dave Case. Non ci sono intro musicali, particolari scenografie o giochi di luci: la verità è che agli Helmet non interessa nulla di tutto questo. I quattro salutano, imbracciano gli strumenti con calma e quando tutto è pronto iniziano a picchiare come fabbri. L’unica cosa che conta è metterci sottosopra le viscere, distruggerci i timpani, farci saltare in preda ad un senso di esaltazione ancestrale. Perché gli Helmet sono così, senza fronzoli. Su due ore di show, le pause sono forse due, nelle quali Hamilton ringrazia, presenta la band e accenna qualche battuta, ma per il resto non abbiamo neanche il tempo per tirare il fiato tra un pezzo e l’altro, con l’esibizione che diventa quasi una prova fisica, soprattutto per le orecchie martoriate da volumi veramente estremi.

MALIBU, CA July 12, 2016 Helmet, rehearsal

Tutti questi sono gli ingredienti che portano ad una serata in cui sembra che gli anni ’90 abbiano davvero preso possesso della sala, chiudendo il 2023 fuori dalla porta: il pubblico si sgola e si muove tarantolato, la band offre tutta se stessa, non si vedono praticamente cellulari sollevati in aria. L’atmosfera old school che Hamilton e soci riescono a creare è davvero qualcosa di difficilmente riscontrabile altrove. Tutto questo viene esaltato da una setlist che, senza disdegnare l’ultimo album “Left”, si concentra saggiamente su “Meantime” e “Betty”, dando quindi il meglio che la band ha da offrire. E sarà pur vero che dal punto di vista vocale Page (che ricordiamolo, ha superato i 60 e viene da un’operazione) non è più lo stesso, ma quando i riff taglienti e devastanti di “Give It”, “Ironhead” o “Milquetoast” colpiscono con tale violenza non si può far altro che lasciarsi andare e goderne.

Lo show si conclude dopo quasi un paio d’ore con il delirio generato dall’immancabile “In The Meantime”, lasciando tutti provati, soddisfatti e con un piacevole pensiero in testa: gli anni passano per tutti, ma vedere gli Helmet nel 2023 è ancora una gioia per il cuore e per le orecchie.

Setlist

Milquetoast
So Long
Renovation
Holiday
Distracted
Street Crab
Symptom of the Universe (Black Sabbath cover)
Clean
On Your Way Down
Birth Defect
Enemies
Rollo
Big Shot
Driving Nowhere
Gun Fluf
Beautiful Love
Dislocated
Blacktop
Wilma’s Rainbow
Give It
Unsung
Sam Hell
Ironhead
In the Meantime

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