Qualche giorno fa The Sinner Rides Again, il secondo album dei K.K.’s Priest, è stato reso disponibile per la vendita e per lo streaming tutte le piattaforme digitali. L’album in questione si muove più o meno sulle stesse coordinate del suo predecessore, ma riuscendo a sprigionare la stessa energia a cui i fan dei Judas Priest (di cui K.K. Downing è stato fondatore) sono abituati. Abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con A.J. Mills, chitarrista ritmico e solista dei K.K.’s Priest che, nel corso di questa piacevole intervista, ci ha parlato tanto di sé quanto del suo carismatico leader.

Ciao A.J., benvenuto su SpazioRock! Come stai? Come hai vissuto questa estate piena di concerti?

Ciao a tutti! L’estate, tra concerti e festival, è andata molto bene. Prossimamente andremo in tour nel Regno Unito, quindi tutto va per il meglio.

Iniziamo subito con il materiale più fresco della band. “The Sinner Rides Again” è disponibile proprio a partire da oggi in Italia e, in sede di recensione, abbiamo potuto registrare un passo in avanti rispetto a “Sermons of the Sinner”. Che cosa puoi dirci sui lavori che hanno portato a questo nuovo disco? Che cosa credi che ci sia di diverso rispetto a quanto avete realizzato due anni fa?

Penso che la band abbia imparato a “lavorare insieme”, perché è ciò che di diverso è avvenuto rispetto al disco precedente. Voglio dire, K.K. ci ha presentato il suo progetto per il disco, così come avvenuto con “Sermons of the Sinner”; quello che abbiamo fatto noi è stato lavorare come band e contribuire al mixaggio insieme a Jacob [Hansen ndr], dando così un nostro personale contributo.

Sempre in sede di recensione, abbiamo premiato i suoni del vostro nuovo album, facendo due menzioni speciali per la performance di Tim “Ripper” Owens ed a quella dei due chitarristi. Quali sono i passi necessari, secondo te, per entrare in sintonia con un chitarrista del calibro di KK Downing?

Fortunatamente io e lui avevamo già un ottimo rapporto prima che diventassimo compagni di band. Ho lavorato con lui per diversi anni, dato che ha prodotto diversi dischi degli Hostile, la mia band. Per me, lui è stato un vero e proprio mentore, e questo da quando io avevo circa 17 anni, contribuendo a plasmare il chitarrista che sono oggi. Proprio sulla base di quanto ora detto, per me è stato semplice entrare in sintonia con lui; tuttavia, è grandioso vedere come lui cerchi di spingersi sempre al limite, è di grande ispirazione anche per chi è attorno a lui.

Hai detto che K.K. Downing è stato una sorta di mentore per te, ma solo in veste di produttore o anche in altri ruoli?

Innanzitutto come chitarrista. Prima di conoscere lui, io suonavo il mio strumento praticamente solo ad orecchio, e lui mi ha insegnato un po’ di teoria musicale, tra cui scale, i modi, quasi come se fosse un maestro. Io lo chiamo il mio “sensei”.

Anche io, da giovane, ho suonato in diverse band, e spesso mi è capitato di essere il musicista più giovane in formazione. Affiancare musicisti più esperti mi dava la possibilità di imparare molto, ma mi metteva anche in soggezione, soprattutto quando i compagni di band erano già famosi nella scena locale. È successo qualcosa di simile anche a te entrando a far parte dei KK’s Priest? Che cosa si prova ad essere compagni di band di una leggenda vivente come K.K. Downing?

Ho vissuto l’entrata nella band come un’irripetibile opportunità per imparare e spingermi al livello successivo. Jammare con uno dei più grandi chitarristi heavy metal di tutti i tempi non è qualcosa che capita tutti i giorni, quindi devi approfittarne! Come ho detto prima, conoscevo K.K. già da tempo, quindi non ero intimorito ma, se non avessi avuto questo rapporto, forse un po’ di timore l’avrei avuto. [ride ndr]

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Sempre parlando del vostro leader, che tipo di leader è K.K. Downing? Com’è avere a che fare con lui? È una presenza forte oppure lascia spazio anche agli altri musicisti in formazione?

K.K. è una grandissima persona: è molto gentile, ascolta con attenzione qualunque cosa tu abbia da dirgli, da importanza all’opinione ed alle idee di ogni musicista, e questo fa di lui un grande leader.

Sempre più spesso mi capita di vedere concerti di band metal storiche in cui una parte della line up è composta da musicisti molto giovani, e spesso il risultato finale è molto più che soddisfacente. Che cosa credi che KK Downing possa dare a voi come musicista? E, dall’altra parte, che cosa credete di dare voi giovani musicisti a KK Downing?

K.K. Downing mi sta già donando tanto, dandomi l’opportunità di suonare nella sua band e rendendomi un chitarrista che sono oggi. Per quanto riguarda me, credo che l’unica cosa che potrei donargli sia un mal di testa [ride ndr]! Scherzi a parte, siamo molto amici, quindi posso anche donargli la mia allegria ed una corposa dose di risate quando siamo on the road.

Non credi che un musicista giovane come te possa donare la sua energia al suo leader?

Credimi, non ne ha assolutamente bisogno. Ogni volta che sale sul palco, ha l’energia di un chitarrista di 21 anni. Non ha bisogno di alcuna energia “extra”, forse siamo noi ad aver bisogno di un po’ della sua energia [ride ndr].

Parliamo un po’ della tua carriera. Non abbiamo trovato molte informazioni su di te, quindi è il momento di “rompere il silenzio”. Quando hai iniziato a suonare il tuo strumento? Quali musicisti ti hanno ispirato maggiormente? Quando hai deciso di diventare un professionista?

Ho cominciato a suonare la chitarra all’età di 12 anni, ed una delle mie più grandi influenze è stato proprio mio padre [Andy Mills, bassista degli Hostile, ndr], che ho cercato di emulare in ogni modo. È stato bello avere lui come riferimento e, ovviamente, vivere in una casa piena di strumenti musicali. Inoltre, la mia è una famiglia di rocker e metallari, ragion per cui si ascoltavano spesso band come Alice Cooper, Van Halen, che hanno influenzato i miei gusti. Ho deciso di diventare un professionista quando, nel 2001, mio padre e mio zio mi portano ad un concerto dei Judas Priest a Birmingham. Ricordo ancora K.K. Downing spuntare fuori con la sua Flying V e con questa massa di capelli biondi; credo che il concerto si aprì sulle note di “Metal Gods”, cantata da Tim “Ripper” Owens: è stato in quel preciso istante che capii che il mio posto era su un palco.

I vostri concerti pescano tanto dal vostro repertorio quanto da quello dei Judas Priest. Che sensazioni hai avuto nel dover apprendere (e poi suonare dal vivo) pezzi che ascoltavi e magari adoravi da teenager?

Il fatto che io adorassi quei brani ha reso molto più facile il loro apprendimento, dato che ero letteralmente cresciuto ascoltando i Judas Priest; in secondo luogo, avendo conosciuto K.K. Downing, ho avuto il lusso di confrontarmi con lui più volte, comprendendo se stessi effettivamente suonando i suoi brani nella maniera corretta oppure no. Questo ha avuto un’enorme importanza.

Il sound della band, inutile dirlo, si ispira moltissimo a quello dei Judas Priest. Sappiamo che KK Downing aveva una approccio molto più heavy e roccioso come chitarrista, rispetto a quello di Glen Tipton che, invece, era molto più melodico. L’aggressività di Downing è chiaramente percepibile in “The Sinner Rides Again”. In sede di scrittura e di registrazione, ti è stato chiesto un particolare approccio chitarristico, oppure hai potuto dare libero sfogo al tuo stile?

Sono stato assolutamente libero. Non mi è stato mai chiesto di suonare nello stile di Glen Tipton, se è questo che mi stai chiedendo.

Lo scorso 5 Novembre 2022, i Judas Priest sono stati introdotti nella Rock & Roll Hall of Fame e, per l’occasione, la band ha eseguito ben tre pezzi proprio insieme a KK Downing. Avete temuto che questo potesse essere il passo verso la reunion del gruppo e, quindi, la fine del progetto KK’s Priest?

Assolutamente no, anzi, sono stato felicissimo che K.K. ed i suoi precedenti compagni di band abbiano avuto ricevuto questo riconoscimento, soprattutto perché avrebbero dovuto riceverlo già da molto tempo. Non temevo che i K.K.’s Priest si sarebbero sciolti, in quel momento ero solo molto molto felice.

K.K. Downing non ha mai realmente nascosto il suo risentimento nei confronti della sua precedente band e dei suoi ex compagni, e questa è avvertibile tanto nei riff quanto in alcune lyrics. Sappiamo che sentimenti forti come il risentimento, la rabbia, hanno un ruolo importante quando si tratta di suonare un genere come l’heavy metal. Secondo te, il suo stato d’animo ha inciso nei vostri due lavori in studio? E, in caso di risposta affermativa, quanto?

Sinceramente non credo che K.K. abbia scritto questi due album spinto dall’odio o dalla rabbia, ma li ha composti nello stesso modo in cui compone musica da 50 anni a questa parte, e questo modo è grandioso ancora oggi.

Come abbiamo detto in precedenza, il sound dei KK’s Priest ha moltissimi rimandi a quello dei Judas Priest. Tuttavia, secondo me i pezzi più interessanti di “The Sinner Rides Again” sono proprio quelli in cui la band riesce a staccarsi, anche solo un pochino, dal passato del suo leader. L’esempio più lampante, per me, è “Keeper of the Graves”, in cui “Ripper” Owens non insegue l’acuto per un intero brano, ma da spazio a tutto il suo registro vocale. Credi che, nel vostro terzo disco, si proseguirà su questa strada oppure le soluzioni musicali rimarranno quelle sentite fino a questo momento?

Credo che dovresti rivolgere questa domanda a K.K.; tuttavia, per quanto riguarda i riferimenti al suo passato artistico, credo che lui abbia tutto il diritto di farlo: ha letteralmente creato quelle sonorità, quindi può tranquillamente usarle, dato che non sta copiando nessuno.

Voglio chiudere l’intervista con un’ultima domanda riguardante te: nonostante la tua giovane età, tu avevi già una carriera da musicista con ben due dischi all’attivo. Quanto puoi dire di essere cresciuto, come chitarrista e musicista, in questi anni passati nei KK’s Priest?

Come ho detto prima, il mio mindset era quello di apprendere il più possibile dal lavorare con K.K. Downing e “Ripper” Owens, dato che non a tutti capitano opportunità di questo calibro. Vedo tutto questo come la naturale prosecuzione del cammino fatto con gli Hostile: devo continuare ancora ad apprendere tutto ciò che posso.

L’intervista è finita, grazie mille per la tua gentilezza e disponibilità. Vuoi lasciare un saluto ai nostri lettori? Quando riusciremo a vedervi in concerto qui in Italia?

Ciao Italia! Prometto che ci vedremo veramente presto. L’anno prossimo faremo un tour europeo e spero di riuscire a tornare in Italia, così da godermi il vostro splendido paese… ed il vostro splendido cibo. A presto!

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