Il regno oscuro dell’estremo allunga la propria ombra su questo inizio di giugno.

Burial Hordes – Ruins (Transcending Obscurity Records)

Con ventidue di carriera alle spalle, i Burial Hordes si sono fatti via via un nome importante nell’underground greco, pur restandone decisamente ai margini. Con i loro due album d’abbrivio, “War, Revenge And Total Annihilation” (2005) e “Devotion To Unholy Creed”, la band diede prova di un black piuttosto tradizionale, ma molto efficace, spesso ai confini del war metal e dominato da leggende del genere come primi Bathory e Mayhem, con un sano rispetto per il thrash e lo speed di marca ottantiana. Nella seconda decade del millennio, gli attici, attraverso le imprese nefande di “Incendium” (2014) e “Θανατος Αιωνιος (The Termination Thesis)” (2018),  hanno preferito virare su un approccio più moderno di blackened death, complicando il songwriting con buone dosi di Behemoth, Mgła e Necrophobic. Gli ellenici procedono ancora oltre in “Ruins”, arricchendolo di influenze da Immolation, Incantation, Morbid Angel e Deathspell Omega, per un disco allo stesso tempo fluido e monolitico, intriso di morte, solitudine e disfacimento ovunque lo si esamini. Del resto, da membri attuali e passati, tra gli altri, di Dead Congregation, Fleshgod Apocalypse, Heretic Cult Redeemer, Ravencult, cosa aspettarsi se non il meglio?

Tracce consigliate: “In The Midst Of A Vast Solitude”, “Perish”, “Isotropic Eradication”

Final Plague – Blood (Autoproduzione)

Con un monicker che lascia poco spazio all’immaginazione, i Final Plague fanno il loro debutto discografico assoluto con “Blood”, un EP di sedici minuti e rotti da cui tracima la passione del combo per il death metal di matrice svedese, un amore viscerale confermato da un artwork a tema. I cinque di Brema, attivi dal 2019, si abbandonano alla rievocazione di quel sound che negli anni ’90 fu appannaggio di Dismember e Grave, aggiungendo ai pezzi un tocco rock che non avrebbe deluso gli Entombed di “Wolverine Blues”. Non ci troviamo di fronte, comunque, a un calco puro e semplice del passato, ma a una band che riesce a infondere una certa personalità nella scrittura dei brani, mostrando una verve più brutale della violenza aguzza dei maestri scandinavi, la capacità di creare qualche passaggio atmosferico di buona fattura e un senso del groove abbastanza spiccato. Certo, la strada da percorrere resta lunga, eppure i tedeschi, non proprio dei ragazzini vista la presenza in line-up di Chris Voltermann e Oliver Wittrock, l’uno vocalist e l’altro batterista dei dismessi Misconceived, paiono avviati sul sentiero giusto. Attendiamo fiduciosi l’esordio sulla lunga distanza.

Tracce consigliate: “Menticide”, “Halo Defect”

Legion Of The Damned – Poison Chalice (Napalm Records)

Considerando la velocità con cui i Legion Of The Damned pubblicavano gli album a inizio carriera, constatare che il loro nuovo lavoro “Poison Chalice” arriva quattro anni e mezzo dopo l’ultimo “Slaves Of The Shadow Realm”, è qualcosa che lascia quasi del tutto esterrefatti. Tale lasso di tempo privo di release ha in qualche modo permesso agli olandesi di uscire dalla propria comfort zone diventata negli anni sin troppo piatta e prevedibile? Ebbene, nonostante il disco suoni sempre abbastanza chiassoso e, dunque, familiare, il gruppo riesce a propinarci un death-thrash più ostile e terroso del solito, vuoi per merito della linfa compositiva del nuovo chitarrista Fabian Verweij, vuoi a ragione di un approccio alla materia decisamente meno calcolato. Forse, l’aspetto per cui l’act appare riconoscibile tra mille, ovvero il ruggito di Maurice Swinkels, risulta il tallone d’Achille del platter, a causa di una monotonia timbrica a tratti esasperante; tuttavia, l’arroganza e la spontaneità dei pezzi rende il disco il parto migliore dei ragazzi di Helden da molti eoni a questa parte. Horns up!

Tracce consigliate: “Saints In Torment”, “Skull Adorn The Traitor’s Gate”, Retaliation”

Sarvekas – Woven Dark Paths (Soulseller Records)

I Sarvekas sono un duo di guerrieri finlandesi le cui lame d’ossidiana sonora, già affilate nell’EP del 2020 “Of Atavistic Fury & Visions”, diventano ora decisamente letali in “Woven Dark Paths”, esordio sulla lunga distanza che soltanto in parte si incarica di rievocare le imprese di metà anni ’90 di Carpathian Forest, Horna e Tsjuder. Il black metal proposto da A.A. e J.L., infatti, si snoda velocemente e con urgenza, un po’ sulla scia austera dei Grandi Antichi, ma non disdegna insufflare i brani di una vena melodica che può ricordare i migliori Dissection, condendo il tutto di partiture thrashy e di mid-tempo dal sapore ancestrale. Alla band, forse, manca sia quell’insania diabolica che caratterizza la musica di molti loro connazionali sia la capacità di articolare il songwriting in forme più personali e complesse, eppure la feroce oscurità pagana tracimante dai solchi del lavoro non fa prigionieri, proiettando l’ennesima realtà Suomi nei piani alti dell’underground locale ed europeo. Pronti a incenerire il mondo e a fracassare i cancelli del cielo, con la forza sovrumana di un caprone infuriato.

Tracce consigliate: “The Scryer Of Bones”, “Embers Of Pagan Fire”, “The Great Winter”

Torture Rack – Primeval Onslaught (20 Buck Spin)

I Torture Rack provengono dall’underground estremo di Portland, nell’Oregon, e appartengono alla schiera di quelle band rétro che attingono pesantemente dal death metal old school di stampo statunitense, palesandone l’atavico stigma in due full-legth, “Barbaric Persecution” (2015) e “Malefic Humiliation”. Un sound aspro e bellicoso che oggi, con il rilascio del terzo album “Primeval Onslaught”, sembra raggiungere, in soli ventisei minuti, un livello decisamente superiore rispetto agli scorsi lavori, grazie a una produzione adeguatamente grezza e a un songwriting piuttosto solido, capace di unire l’aggressività dei primi Cannibal Corpse alla natura groovy e primordiale dei migliori Autopsy, senza dimenticare una vena hardcore come mastice furioso tra le chitarre massicce e nauseabonde. Una proposta classica, che, nonostante eviti qualsiasi soluzione alternativa o sperimentale, resta comunque gradevole, sia per gli appassionati del metallo della morte anni ’90 sia per coloro in grado di apprezzare la genuina spontaneità di un gruppo soltanto in apparenza privo di prelibatezze tecniche. Bravi!

Tracce consigliate: “Ceremonial Flesh Feast”, “Decrepit Funeral Home”, “Impalement Storm”, “Descent Into Infernal Chaos”

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