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Mastodon – Hushed and Grim

Non è facile, nel 2021, essere una band come i Mastodon. Nei tempi della musica paragonabile al fast food – prendi, consumi e butti via – c’è poco spazio per gruppi che non vivono di singoloni radiofonici e grande esposizione mediatica, per dischi “da meditazione”, da scoprire a poco a poco, che durano oltre un’ora, che scavano a lungo e nel profondo dell’ascoltatore. Che è esattamente ciò che i Mastodon, a quattro anni dall’ultimo lavoro “Emperor Of Sand”, hanno fatto con “Hushed and Grim”. Un disco non facile, lungo, intenso, non per tutti ma certamente per tutti gli amanti del quartetto di Altlanta che non potranno non apprezzare questa nuova fatica discografica.

Come sempre la band parte da un concetto di base che fa da fil rouge a tutto il disco, in questo caso il tema della morte, della perdita, dell’affrontare il dolore della scomparsa di una persona cara. I quattro sono infatti stati ispirati dalla dipartita del loro storico manager, Nick John, morto nel 2018 dopo una lunga battaglia contro un cancro al pancreas. John è stato un personaggio chiave nella carriera dei Mastodon: con loro dal 2006, ha creduto nel gruppo dal primo momento in cui i quattro gli si sono proposti, incantato dalla bellezza di “Leviathan” e convinto dal successivo “Blood Mountain”, al cui successo ha contribuito largamente. La perdita di un grande amico e mentore ha portato i il quartetto a incanalare nella musica tutte le emozioni collegate a questo tragico evento, trascendendolo poi e portandovi verso una riflessione più profonda e generale sul tema della morte e della perdita.

“Hushed and Grim” è un disco molto cupo, lo si capisce già dalla copertina, in cui la fanno da padrone i toni del grigio e rappresentazioni inquietanti, tra cui un piccolo ritratto del già nominato Nick John incastonato nell’albero al centro del disegno. L’apertura è affidata a un brano che fa subito presagire l’atmosfera di tutto il disco, “Pain With An Anchor”, un’unione di melodia ed aggressività che si alternano come le voci del batterista Brann Dailor e del bassista Troy Sanders. In molti brani dell’album si sentono dei rimandi al passato dei Mastodon, basta ascoltare la successiva “The Crux”, uno dei pezzi più potenti e significativi del disco, che si trova perfettamente a suo agio tra le canzoni più famose dei quattro di Altanta. È un brano articolato ma allo stesso tempo possente e diretto, pura creatività mastodoniana in cui metal, prog, qualche tocco di stoner e psichedelia si uniscono in maniera magistrale, come solo loro riescono a fare.

Non è un disco facile ed immediato “Hushed and Grim”, l’abbiamo già detto, anche a causa della durata dei brani, per la maggior parte oltre i 5-6 minuti di durata, ma questo fa di ogni canzone un piccolo monumento da esplorare a poco a poco. Lo esprimono pienamente pezzi come “More Than I Could Chew”, un’epopea di quasi 7 minuti che unisce riff taglienti a viaggi onirici tra le chitarre degli ottimi Bill Kelliher e Brent Hinds, o la tetra “Dagger” che è invece un crescendo di roboante sezione ritmica, intervalli quasi celtici e ipnotiche apoteosi vocali.

Non mancano brani di più facile ascolto come il singolo “Pushing The Tides”. Qui troviamo un ritornello più catchy e facile da imprimere nella mente unito a intense e poderose sfuriate metal, in cui la bravura e la chimica tra i quattro musicisti sono al loro massimo splendore. Qualcosa di molto simile avviene con brani come “Savage Lands” o “Teardrinker”, che lasciano anche spazio alla melodia soprattutto nelle parti cantate e si poggiano con grazia su riff intensi e assoli sognanti. Altra perla è “Skeleton Of Splendor”, un brano che rappresenta uno dei momenti più emozionali del disco, con il suo ritmo trascinato ma implacabile e il cantato quasi blues di Sanders, unito a un abbondante uso di sintetizzatori che conferiscono al tutto un sapore ancora più onirico e profondo.

Insomma con “Hushed and Grim” i Mastodon si mostrano ancora una volta come una band matura, autentica, il cui successo si basa principalmente sul talento compositivo, sulla ricercatezza delle sonorità e sulla maestria nell’esecuzione, non nascondendo mai il proprio vero volto. I quattro di Atlanta dimostrano ancora una volta di poter stare a pieno titolo tra i grandi del metal, di non avere paura di proporre il proprio stile e la propria attitudine nella loro completezza. E sarà sempre questa la loro grande forza.

Tracklist:

01. Pain With An Anchor
02. The Crux
03. Sickle And Peace
04. More Than I Could Chew
05. The Beast
06. Skeleton Of Splendor
07. Teardrinker
08. Pushing The Tides
09. Peace And Tranquility
10. Dagger
11. Had It All
12. Savage Lands
13. Gobblers Of Dregs
14. Eyes Of Serpents
15. Gigantium

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