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L’Italia è un po’ il Paese di chi si lamenta, diciamolo. È il Paese dei rosiconi, delle frasi tipo “Eh ma tanto non siamo mica in America, lì sì che le cose funzionano, lì sì che lo sanno fare…”: magari per certe cose può anche essere un’affermazione veritiera, ma quando si tratta di arte non si dovrebbe mai fare troppe generalizzazioni. Perché intanto, mercoledì sera, non è stata una band americana, o inglese, a tenere un concerto sold out all’Alcatraz. È stato un gruppo italiano.

I Ministri annunciano a giugno un’unica data per il 2023 e nel tempo di un mese i biglietti sono finiti. Ovviamente stiamo parlando di una delle band di punta del panorama rock italiano recente, ma il successo della serata ha un leitmotiv preciso e si chiama “Per un passato migliore”, forse il disco di maggior successo del trio milanese, arrivato a compiere 10 anni. 3000 persone accorse per poter festeggiare tutte insieme la propria storia, come dice il frontman Divi.

Il locale si apre intorno alle 19 e per le seguenti 2 ore – e anche oltre – flussi confusi di persone oltrepasseranno le porte per accaparrarsi il posto con maggior visibilità: nel pit, sulle scale, attaccati al bar, siamo talmente tanti che probabilmente una sola persona in più si sarebbe trovata costretta ad assistere dai bagni. È davvero sold out l’Alcatraz, stasera.

Giunte le 21, dopo una fastosa intro, le luci si accendono e Divi, Federico Dragogna, Michele Esposito, accompagnati dal turnista Marco Ulcigrai, aprono immediatamente le danze con “Mammut”, la prima traccia del disco protagonista dell’evento. Il pubblico dà l’impressione di essere davvero a un evento speciale, dove si festeggia quasi un fenomeno generazionale: c’è chi non si perde nemmeno un momento col telefono, chi tiene per tutto il tempo le mani in alto, chi salta e chi poga senza sosta. Ma ciò che accomuna questa massa indomita è la voce, tutti cantano e le cantano tutte, dall’inizio alla fine. Sui ritornelli più conosciuti e iconici (“Comunque”, “Stare dove sono”, “La pista anarchica” sono solo alcuni esempi) si fatica addirittura a distinguere la voce del frontman da quelle diffuse nell’aria, senza ausilio di microfono.

“Stare dove sono” in quarta posizione fa capire che l’album non viene eseguito secondo l’ordine della tracklist – chissà per quale motivo –, ma non vi è da temere perché viene comunque eseguito per intero. La singolarità di questo concerto è sottolineata anche dal numero degli ospiti, il primo dei quali arriva per suonare “Mille settimane”. Lui che c’era nel lontano 2013, Effe Punto prende il posto di Ulcigrai e suona la chitarra su questo brano che tira schiaffi dal sapore hard rock.

Durante “Spingere” ecco che arriva di corsa Appino, con un look e un’attitudine da vera rockstar, che prima canta il celebre singolo del trio, poi sorprende il pubblico eseguendo “L’amorale” dei suoi The Zen Circus, finendo per lanciarsi sulla folla.

Concluso il capitolo “Per un passato migliore”, i Ministri proseguono suonandoci altri brani della loro discografia, alcuni più recenti e accattivanti (“Peggio di niente”), alcuni altri più datati e sognanti (“Gli alberi”). Ed è proprio su quest’ultima che si aggiunge Davide Toffolo, raggiunto poi dai suoi Tre Allegri Ragazzi Morti: Divi passa il basso a Enrico Molteni, Esposito tira fuori un solitario timpano e cede il posto a Luca Masseroni e tutti e 7 suonano il classico dei friulani, “Il mondo prima”, accolta con passione dal pubblico.

Ultimo special guest prima della fine, un “rappresentante del Ministero del Pogo” aka Auroro Borealo, che apre personalmente il pit e recita a tutti le regole approvate da codesto Ministero per permettere un pogo sicuro e divertente, prima di cantare insieme ai suoi amici “Vicenza (La Voglio Anch’io Una Base A)”.

Ancora una “Diritto al tetto” (con finale che riprende “Smells Like Teen Spirit”), un’”Abituarsi Alla Fine” ed ecco che siamo giunti alla fine: ma proprio come in un film, i Ministri ci tengono a salutare e a ringraziare tutti quanti, dagli ospiti fino alla crew, prima di suonarci ancora un minuto del loro potentissimo hard rock, quasi come fosse la colonna sonora che parte all’inizio dei titoli di coda.

Setlist

Mammut
Comunque
Le Nostre Condizioni
Stare Dove Sono
Caso Umano
Se Si Prendono Te
La Pista Anarchica
Mille Settimane
I Tuoi Weekend Mi Distruggono
I Giorni Che Restano
Spingere
L’amorale
La Nostra Buona Stella
Una Palude
Peggio Di Niente
Un viaggio
Gli Alberi
Il mondo prima
Vicenza (La Voglio Anch’io Una Base A)
Diritto Al Tetto
Abituarsi Alla Fine

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