Non può piovere per sempre” recitava un cult degli anni ’90 intriso di dramma e morte, che culminava effettivamente con la fine delle precipitazioni. Anche la serata di venerdì è stata segnata dalla pioggia, mai intensa ma costante, che si è fermata verso il termine del concerto: ma ciò a cui abbiamo assistito è stato tutto tranne che tragico.

Al Parco della Certosa di Collegno (TO) si tiene uno dei festival estivi nostrani, il Flowers Festival, che alla sua seconda data ci presenta The Zen Circus + Giancane.

Alle 21 sale sul palco il cantautore romano, accompagnato da 4 musicisti/amici: perché alla fine quello che si svolge per un’ora davanti a parecchie centinaia di persone, su un palco di tutto rispetto, potrebbe benissimo essere traslato in un’osteria della Capitale. Giancane e soci suonano e intrattengono calorosamente il pubblico, quasi come se ci conoscessimo tutti da una vita e fossimo lì per divertirci tutti insieme. La sua musica è Divertente con la D maiuscola, spaziando tra un folk punk scanzonato à la Flogging Molly (romanizzato, ovviamente) e panorami più elettronici, tra canzoni come “Vecchi di merda” e il simil-tormentone estivo “La Stessa Estate (1996)”, senza tralasciare le colonne sonore per Zerocalcare che gli hanno dato la recente notorietà. Momento particolarmente esilarante è stata l’intro di “Sei in un paese meraviglioso”, impreziosita dal celebre discorso della discesa in campo di Silvio Berlusconi.

La pioggia continua a cadere anche mentre, divertiti per bene con il primo artista, in platea attendiamo l’arrivo dei pisani, annunciato alle 22:30 dalla proiezione sullo schermo di un tendone da circo e dalla musica d’entrata attinente.

Appino, Ufo, Karim e “Il Maestro Pellegrini, accompagnati sul palco da “Il Geometra Pagni alle tastiere, salgono sul palco e iniziano subito a suonare “La terza guerra mondiale”, un brano che sembra quasi uscito dagli anni ’70.

Nonostante l’età media sul palco superi i 40, lo spirito che anima i musicisti è assolutamente giovanile: vederli suonare è bellissimo, è coinvolgente, per quanto alla fine loro, che piaccia o meno, suonino più per loro stessi che per noi. L’alchimia tra i componenti è molto forte, non solo tra coloro che possono vantare amicizie giunte al terzo decennio, ma anche tra chi è arrivato più recentemente.

The Zen Circus hanno una fanbase molto solida, coerente con quanto comunica la loro musica: libertà, leggerezza ma allo stesso tempo profondità, rifiuto per le frivolezze e attenzione per le cose importanti. Non assistiamo a particolari messe in scena, i musicisti non parlano nemmeno così tanto con noi eppure tutto il pubblico è ammaliato dalla performance, talmente tanto da non avere nemmeno l’istinto di tirare fuori il telefono e immortalare alcuni momenti: tutti stanno vivendo appieno quanto accade, insieme alla band.

Dopo i primi due brani, Appino assume la sua forma più naturale, sostituendo la chitarra elettrica con quella acustica, con qualche piccolo problema tecnico gestito molto bene dalla parlantina facile e spontanea del bassista Ufo. La spontaneità è uno degli ingredienti principali della compagine toscana: Appino impreca quando gli cade l’armonica dalla bocca durante “Andate tutti affanculo” e continua comunque a suonare la chitarra. Sempre Appino ammette la sua gaffe prima di “Appesi alla luna”, avendo confuso una torre illuminata per il satellite.

Il momento più simpatico rimane sicuramente “Ragazzo eroe”. Karim si sposta dalla batteria e viene davanti con un washboard, “Il Geometra” prende una melodica e tutti iniziano una jam sul pezzo, culminata nella “battaglia navale”: Appino contro “Il Maestro”, armati di squali gonfiabili, a bordo di gommoni sostenuti dalla folla, il tutto commentato da Ufo come “i Rammstein low budget”.

La setlist è dedicata soprattutto agli ultimi dischi, quelli in cui è presente anche “Il Maestro” (in formazione dal 2016): “Voglio invecchiare male” riesce anche senza la partecipazione dei Management; “Ilenia” fa saltare tutti, creando una specie di pogo danzante; “L’amore è una dittatura” diventa un momento squisitamente cantautorale, con Appino alla chitarra accompagnato solo da “Il Geometra”. C’è comunque spazio anche per vecchie perle, come l’ironica “Figlio di puttana”, la punk “Vecchi senza esperienza” e la ska “I qualunquisti”.

Subito dopo la “finta fine del concerto” (così definita da Appino) su suoni alquanto noise, il gruppo torna per suonare due dei loro classici, “L’anima non conta” e “Viva”, giungendo a 90 minuti tondi di esibizione.

Nonostante forse inizino a sentire i primi acciacchi della mezza età (alcuni brani sono stati suonati a velocità decisamente più ridotta, ad esempio “Appesi alla luna”), The Zen Circus continuano a far divertire i loro fan ma soprattutto a divertire loro stessi, non più così giovani nel corpo ma eternamente ragazzi nella testa. Lo testimoniano le ultime parole pronunciate da Appino, che si sporge da una finestra mentre la gente è intenta a lasciare il parco: “Raga dove si va adesso? Affanculo!”.

Setlist

La terza guerra mondiale
Catene
Non voglio ballare
Vent’anni
Voglio invecchiare male
Il fuoco in una stanza
Andate tutti affanculo
Ilenia
Il mondo come lo vorrei
Canta Che Ti Passa
Appesi Alla Luna
L’amore è una dittatura
Ragazzo eroe
Figlio di puttana
Vecchi senza esperienza
I qualunquisti
Non
Nati per subire
L’anima non conta
Viva

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