NUOVE USCITERECENSIONI

Obscura – A Valediction

Padre padrone degli Obscura, Steffen Kummerer non si smentisce neanche questa volta, anzi, i cambiamenti voluti per “A Valediction” vanno oltre il consueto restyling della formazione. Perché se per quest’ultimo aspetto sembra opportuno parlare di una scelta di retroguardia, visti i ritorni all’ovile di Christian Münzner e Jeroen Paul Thesseling – membri della line-up in “Cosmogenesis” (2009) e “Omnivium” (2011) -, altrettanto non può dirsi del resto. Una piccola rivoluzione, che vede la band abbandonare la fida Relapse Records a favore di Nuclear Blast, separarsi da V. Santura e dal suo Woodshed Studio di Landshut per affidarsi alle cure di Frederik Nordström, e, infine, assegnare la realizzazione dell’artwork all’artista israeliano Eliran Kantor e non al graphic designer di sempre Orion Landau. Il titolo stesso, traducibile pressappoco come “addio” o “commiato”, intende operare una significativa cesura rispetto all’apocalittica tetralogia dal sapore filosofico e sci-fi degli album precedenti: i testi del mastermind bavarese ora toccano, infatti, temi molto personali, certo ancora drammatici, ma squarciati da inediti lampi di luce, percepibili anche attraverso il dipinto a olio della copertina, caldo e accogliente, l’opposto della freddezza digitale delle vecchie cover.

Il cambio di marcia si riflette in un songwriting che, sebbene rimanga saldamente ancorato al proverbiale technical death ricchissimo di dettagli disparati al quale il combo ci ha abituato nel corso di un ventennio, mette un po’ da parte le tendenze progressive a vantaggio di brani più diretti, arrangiati senza eccedere nelle sovraincisioni e serviti da una produzione che, mai così naturale e organica dai tempi dell’arioso “Akróasis” (2016), permette loro di respirare a pieni polmoni. Già lo scorso “Diluvium” (2018), d’altronde, si caratterizzava per un avvicinamento disinvolto al Gotheburg sound; il nuovo lavoro ne aumenta le dosi, tanto che la scelta di affidare i pezzi al trattamento Fredman, il medesimo a cui si sottoposero con successo At The Gates, Dark Tranquillity e In Flames negli anni ’90, appare una mossa dettata dal pensiero e non da una transitoria infatuazione. Atheist, Cynic, Death, Morbid Angel, Necrophagist e Pestilence continuano a fungere da fari nella notte, tuttavia il battesimo di una trilogia fresca di scrittura necessitava di un generale aggiornamento stilistico.

L’iniziale “Forsaken” rappresenta una splendida replica, persino nella durata, della vecchia “Septuagint”, con entrambe le piste introdotte delle chitarre acustiche e da un fraseggio praticamente identico a quello di “Blinded By Fear” degli ATG, prima scheggia della scaletta dell’indimenticabile “Slaughter Of The Soul” (1995), opus modello continuamente citato e ripreso nel lotto. Sweep picking a manetta, lick fusion, istrionici whammy bar e il drumming fantasioso della new entry David Diepold (dietro le pelli dei Cognizance e live musician di Benighted e Hate), qualificano una traccia intensa e sfarzosa, seguita da un paio di canzoni, “Solaris” e “A Valediction” che, pur relativamente snelle e groovy, risultano nella struttura simili all’opener, con le fughe neoclassiche di Münzner e il cantato à la Tompa di Kummerer a infiocchettare il pentagramma. Presenze costanti del platter, assieme alle quattro corde di Thesseling, mirabili per gommosa fluidità, benché lievemente ovattate in sede di missaggio.

L’amore per gli Eighties – e i Soilwork – divampa nella borderline “When Stars Collide”, una miscela di metallo della morte, power e hard rock che esibisce al microfono le clean vocals di Björn “Speed” Strid, mentre nella violenta “In Unity” emerge la passione viscerale per gli svolazzi barocchi, sublimata da imprevedibili rimandi bachiani. Laddove “Devoured Usurper” interseca “Where The Slime Live”, Gojira e i fratellastri Alkaloid e “The Beyond” brilla di classe e vigore rendendo propria la sezione centrale di “Ride The Lightning”, l’instrumental “Orbital Elements II” è l’unico, vero momento prog del platter, trascinato dai sensazionali incastri di batteria e basso fretless. Gli spartiti classico-malmsteeniani della furiosa “The Neuromancer” e lo swedeath di una “In Adversity” impreziosita da un segmento in tapping ad alto contenuto melodico, anticipano “The Heritage”, chiusura che costituisce una sorta di macroarea delle graduali metamorfosi intraprese dal gruppo durante le sue varie incarnazioni.

Avvincente, accessibile, schietto e percorso da una sottile vena AOR capace di addolcire i numerosi passaggi algidi e brutali: “A Valediction” mostra degli Obscura che guardano al futuro – e al passato – con un pizzico di nostalgia e qualche inquietudine in meno, lasciando presagire nei prossimi capitoli ulteriori evoluzioni. Anatomia liquida, per menzionare parenti stretti.

Tracklist:

01. Forsaken
02. Solaris
03. A Valediction
04. When Stars Collide
05. In Unity
06. Devoured Usurper
07. The Beyond
08. Orbital Elements II
09. The Neuromancer
10. In Adversity
11. Heritage

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