NUOVE USCITERECENSIONI

Ov Sulfur – The Burden Ov Faith

Il grandissimo hype che da un po’ di tempo circonda i Lorna Shore, ha favorito l’ascesa, spesso improvvisa, di band che, in altre circostanze, rimarrebbero a fare anticamera forse per decenni. Emblematico, a tal proposito, il caso degli Ov Sulfur, formazione del Nevada che, dopo soltanto un EP, l’anonimo “Oblivion” (2021), si rende oggi protagonista del full-length d’esordio su una Century Media Records tesa, per legittime logiche di mercato, a cavalcare l’onda del momento in ambito deathcore. Invero, gli statunitensi non sono esattamente dei pivellini del genere, visto che al microfono scorgiamo una vecchia conoscenza come Ricky Hoover, già cantante dei dismessi Suffokate per i quali registrò i trascurabili “No Mercy, No Forgivness” (2010) e “Return To Despair” (2011). Un singer a cui bisogna riconoscere, a parte una crescita muscolare spaventosa, una versatilità vocale che probabilmente costituisce il vero punto di forza di questo “The Burden Ov Faith”, album per il resto dalla qualità abbastanza altalenante e figlio di una scrittura oltremodo derivativa.

Alcuni aspetti del disco lasciano francamente perplessi, dall’artwork che osa sfidare i peggiori capitoli del franchise Hellraiser, ai folkloristici ov à la Behemoth sparsi tra monicker e titoli, da liriche antireligiose colme di stereotipi, a una produzione in stile polpettone spesso colpevole di vanificare l’impatto e le sfumature di brani già poco originali. Eppure, gli statunitensi cercano di saltare con entusiasmo e sincerità sul carro dei trend attuali, spalmando ovunque verniciate symphonic black e metalcore e ritornelli supercatchy, con esiti che, al massimo, raggiungono la soglia del decoroso o giù di lì. Il biglietto da visita, in questo senso, non aiuta: la fisionomia standard dell’opener “Stained In Rot”, un mattone sonoro dal breakdown interminabile che, invece di demolire senza pietà, riesce soltanto a pesare sullo stomaco, lancia, infatti, segnali sconfortanti per il prosieguo della scaletta.

A partire dalla seconda pista, però, inizia la sarabanda degli ospiti e le cose, di conseguenza, diventano lievemente meno scontate. Se “Befouler” beneficia della presenza del singer degli Slaughter To Prevail, Alex Terrible, capace di vivificare una traccia fortemente debitrice dei Killswitch Engage 2.0, l’ugola distruttiva di Taylor Barber (Left To Suffer) segna nel profondo “Unraveling”, pezzo che, dietro la pallida superficie degli archi campionati, cela un groove dall’appeal ciclopico. In “Death Ov Circumstance”, la pressoché perfetta integrazione della materia sinfonica nell’architettura complessiva della canzone fa gridare alla nascita del lornacore, mentre “Earthen” si nutre di un tragico lirismo mainstream, con Hoover che evoca sentimenti di dolore e disperazione per la perdita del proprio nipote sedicenne ucciso dal cancro, sottintendendo l’assenza di qualunque dio a vegliare sugli esseri umani.

Nell’interludio “A Path To Salvation?”, invece, le lunatiche chitarre e un sottile arrangiamento orchestrale dal profumo Dimmu Borgir lasciano tosto lo spazio a un climax eufonico memore dei Born Of Osiris. Una traccia cerniera che prima tracima nell’animalesca, ma schematica, “I, Apostate”, poi trotterella in “Wide Open”, con l’iconica ugola di Howard Jones (Light The Torch) a dettar fortunatamente legge, e, infine, si scioglie all’interno di una verbosa “The Inglorious Archetype”, non convincente appieno per l’eccessiva enfasi melodica da essa profusa. Conclude il lotto una “The Burden Ov Faith” aperta dalla performance operistica di Lindsay Schoolcraft (ex Cradle of Filth) e chiusa dalla prestazione  poderosa di Kyle Medina (Bodysnatcher), per una title track che, con le sue venature gothic e melodic death a variare il copione, si candida sicuramente a pista top del lotto. Non che ci voglia un’impresa, s’intende.

Tanto apprezzabile impegno per gli Ov Sulfur, ancora scarsissima autonomia dalle fonti: “The Burden Ov Faith” rappresenta quel disco nu che ammicca a destra e a manca alla ricerca del consenso e della visibilità. Qualche buona trovata non basta a sbancare Las Vegas e dintorni.

Tracklist

01. Stained In Rot
02. Befouler
03. Unraveling
04. Death Ov Circumstance
05. Earthen
06. A Path To Salvation?
07. I, Apostate
08. Wide Open
09. The Inglorious Archetype
10. The Burden Ov Faith

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