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Paolo Nutini – Last Night In The Bittersweet

Quando Paolo Nutini, 8 anni fa, decise di sparire dal mondo del visibile e ritirarsi a vita privata, il panorama musicale ha ghignato, sapendo che sarebbe durata poco questa mossa autopromozionale. Invece no. Il cantautore scozzese ha fatto perdere le proprie tracce e non si è più fatto vivo da quando il tour di Caustic Love si è concluso. Se a 29 anni puoi permetterti di prenderti quasi un decennio per i fatti tuoi, significa che qualcosa di importante, fino ad ora, l’hai prodotto.

Quando presto quest’anno, all’inizio della stagione degli annunci festivalari, abbiamo visto comparire il suo nome in qualche lineup, non volevamo crederci. La frustrazione nel non aver più avuto sue notizie era diventata abitudine e spesso di scherzava con qualche “chissà che lavoro fa adesso Nutini.”

Poi, a rendere reale la realtà ci hanno pensato i primi singoli. Poi ancora singoli e video live. Qualcosa non torna, non è il Nutini che conosciamo. Dove sono le ballate acustiche, il funk, il soul?

“Last Night In The Bittersweet” è il quarto lungometraggio del golden boy di Paisely, una maratona da più di un’ora che racchiude anime diverse ed un caleidoscopio di contaminazioni ed ispirazioni.

Per fare ordine e per semplificare il percorso d’ascolto di questo album, lo divideremo in 3 macrocategorie.

L’Alternative ‘00

Questa categoria è sicuramente la più sorprendente ed innovativa nella produzione di Nutini, verificandosi come la vera novità di questo disco. L’utilizzo di interventi chitarristici chirurgici, la totale assenza di fiati e cori, portano con sé la sensazione di star ascoltando un ibrido tra The War On Drugs e Bon Iver. Non ce lo aspettavamo, ma il tempo passa e la maturità compositiva la notiamo anche qui. Ricerca sonora semplificata, con meno pretese e diversa freschezza.

Il Post-Rock e la Psichedelia

La forma canzone si dilata ed evolve in arrangiamenti tormentati ed appoggiati su strati di synth e chitarre che garantiscono un’immagine sonora a volte sognante, a volte violentata da strepitii ululanti. Non c’è fretta di arrivare al ritornello e di far cantare il pubblico, c’è solo il desiderio di perdersi all’interno di un viaggio sonoro ben costruito, che scorre fluido. Ci sentiamo dentro i Pink Floyd di “Obscured By Clouds”, ma anche produzioni più recenti come Daniel Norgren o Father John Misty (senza tutto l’immaginario del circense attorno).

Il Paolo Nutini che conosciamo

I più rari interventi acustici del disco ci portano velocemente indietro al cantautore che conosciamo. Ecco quindi comparire qualche armonizzazione vocale e qualche arrangiamento afro-folk che spesso incontravamo nei dischi precedenti. Il marchio di fabbrica è rispettato, ma va solo a fare da collante tra le diverse anime di un mastodontico lavoro di analisi interna e restituzione musicale.

“Last Night In The Bittersweet” è un lavoro eccellente, con pochissimi punti deboli (forse leggermente troppo lungo?) e un’attitudine live che non mancherà di far sognare i palchi di questa estate bollente. Dimentichiamoci il Nutini pieno di gioia e d’amore che portava in alto la fiaccola della speranza e della comunicabilità dei sentimenti. Paolo Nutini ha aspettato, ha guardato il mondo attorno a sé ed ha voluto raccontarlo nel suo disco più complesso, reale ed interessante. E come sempre, ha tracciato la via della musica che verrà reinterpretando quella che è già stata. Benvenuti nel lato oscuro di Paolo Nutini.

Tracklist

01. Afterneath
02. Radio
03. Through The Echoes
04. Acid Eyes
05. Stranded Words (Interlude)
06. Lose It
07. Petrified In Love
08. Everywhere
09. Abigail
10. Childern Of The Stars
11. Heart Filled Up
12. Shine A Light
13. Desperation
14. Julianne
15. Take Me Take Mine
16. Writer

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