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NUOVE USCITERECENSIONI

Royal Blood – Back To The Water Below

Ci eravamo abituati ad attese di tre o quattro anni per un nuovo album, invece stavolta i Royal Blood sono tornati prima del previsto. Dopo essersi divertiti a giocare con i synth nello scintillante “Thyphoons” (2021), Mike Kerr e Ben Thatcher sono determinati a volere ancora più indipendenza sui loro progetti: “Back To The Water Below” è interamente autoprodotto in un home studio a Brighton per poter avere la massima libertà creativa, stavolta sperimentando con un ventaglio più ampio di sottogeneri, alla ricerca di sound e produzioni più diversificati.

Il punto di partenza è “Mountains At Midnight”, un singolo di lancio in linea con ogni tòpos possibile e immaginabile della discografia dei Royal Blood — riff di basso potente e granitico, batteria aggressiva, testo cupo con una spruzzata di body horror. La scelta di metterlo in apertura al disco non è a caso: “Volevamo ricordarvi chi siamo e cosa facciamo, prima di trascinarvi nella tana del Bianconiglio con noi”. Si tratta, in effetti, dell’unico pezzo ancora riconducibile ai primi successi: l’uscita successiva, “Pull Me Through”, presenta una melodia di piano dal sapore vintage che si sostituisce al basso come colonna portante del brano, pur sposandosi con esso alla meraviglia. Non è la prima volta che i Royal Blood sperimentano con le ballate – c’è stata “All We Have Is Now”, la ending track di “Typhoons” –, ma è la prima volta che ne scrivono una con l’intento di portarla sul palcoscenico. Il piano, del resto, è uno strumento che fa parte dell’infanzia di Mike Kerr, il quale ha imparato a suonarlo con le canzoni dei Beatles: “Quel suono di pianoforte è diventato il collante che tiene insieme il disco. Mi ha fatto ritornare bambino”.

Sono almeno la metà del totale i pezzi che seguono questa formula, pur declinandosi in maniere diverse. C’è “The Firing Lane”, che Kerr ha tentato invano di trasformare in un brano punk, per poi ricordarsi di Jack White (“La prima cosa che fai è quella giusta, l’ho imparato da lui”); “How Many More Times”, che si troverebbe tranquillamente a suo agio in un film di James Bond; “There Goes My Cool”, che alterna alle atmosfere beatlesiane un bridge sfacciatamente queenesco (nonché un tributo nel testo, “back to bite the dust”). Gli altri brani spaziano da sonorità più dure – “Tell Me When It’s Too Late”, che ricorda un po’ i Muse di “Drones” – e altre più morbide e ispirate a “Typhoons” (“Shiner In The Dark”, “Triggers”, “High Waters”). A fare da fil rouge nei testi, coerentemente al titolo dell’album, è l’immaginario dell’acqua, una forza della natura minacciosa e trascinante come i propri demoni interiori (“Back to the water below/Alone as I float like a stone”, “Dark oceans crashing down, they swallow me whole”). Rispetto al solito, tuttavia, i contenuti guardano a orizzonti più speranzosi, nonché all’importanza di chiedere aiuto (“Want the truth? I need you/To pull me through”).

Dopo nemmeno mezz’ora arriva la ending track, “Waves”, forse il fiore all’occhiello di questo album. La voce di Mike Kerr volteggia su una melodia malinconica, supportata da una batteria minimale; verso la metà del brano arrivano il crescendo, le distorsioni, i synth alieni, la outro che ricorda di nuovo i Muse, ma stavolta quelli di “Origin of Symmetry” o di “Absolution”. Si tratta, in definitiva, di un finale sublime; e mentre Kerr sospira “Don’t let me choke, like I’m nothing to save/If you ever lose me down under the waves”, si può davvero percepire questa canzone come una mano che, mentre affondiamo nell’abisso, ci tira su a galla. 

Pur nella sua pluralità di influenze, “Back To The Water Below” è un album coeso, con pochi momenti filler e un’attenzione a un sound sempre più elegante e sfaccettato, che afferma la maturità dei Royal Blood come gruppo nella scena rock contemporanea. Questo cambio di rotta – ça va sans dire – non trascura affatto l’ottica live, contesto in cui i due inglesi sono ineccepibili ed esponenzialmente acclamati: mentre con i Muse scaldano gli stadi di tutto il mondo, da soli stanno raccogliendo bacini di utenza sempre più ampi e riempiendo venues via via maggiori. 

Non si è capito, in effetti, il bisogno di piazzarli in un contesto pop e family-friendly quale il BBC Big Weekend dello scorso maggio, facendo conseguentemente parlare di sé più per la reazione polemica di Kerr di fronte a un pubblico disinteressato che per la propria musica. Moltissimi, sui social, i commenti indignati del calibro di “Ma chi sono questi Royal Blood?”: ecco, i Royal Blood sono racchiusi in questo disco qui, e sono ormai e soprattutto una band da arena. A distanza di quasi un decennio dal loro esplosivo esordio discografico, Mike Kerr e Ben Thatcher dimostrano che “garage rock” è per loro un termine assai riduttivo — e che, con buona pace dei detrattori, sono destinati a entrare di diritto fra gli artisti più affermati e rilevanti per il genere odierno.  

Tracklist

01. Mountains at Midnight
02. Shiner In The Dark
03. Pull Me Through
04. The Firing Line
05. Tell Me When It’s Too Late
06. Triggers
07. How Many More Times
08. High Waters
09. There Goes My Cool
10. Waves

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