NUOVE USCITERECENSIONI

Satyricon – Satyricon & Munch

Sgombriamo subito il campo dalle illusioni, perché “Satyricon & Munch”, così atteso in vista dell’originalità dell’operazione, si rivela un’amara sorpresa, al di là del fatto che bisognerebbe suggerlo attraversando il decimo piano del Munchmuseet di Oslo o compulsando il libro fotografico di Morten Andersen per trarne un giudizio completo. Se con un piccolo sforzo di immaginazione, però, ci catapultassimo nel museo, ascoltando la musica composta dai norvegesi associata alle tele di Edvard Munch scelte per la rassegna, apparirebbe evidente come i due linguaggi chiamati a collaborare si giustappongano invece di dialogare, generando uno scollamento più inquietante delle poesie di Georg Trakl. Certo, l’idea di Satyr, mente quasi esclusiva del progetto e appassionato studioso del suo connazionale, di plasmare un sottofondo sonoro capace di interfacciarsi sia con la mostra che con il visitatore, cercando di suscitare in esso intense vibrazioni emozionali nel buio della sala espositiva, prometteva esiti entusiasmanti. Eppure a brillare restano soltanto i dipinti, a cui, purtroppo, i Satyricon non riescono ad aggiungere pressoché nulla di significativo.

Meritava sicuramente qualcosa di diverso Munch, tra i massimi pionieri dell’arte moderna, autore di una delle meraviglie della pittura d’ogni epoca e latitudine, “L’Urlo”, opera che, nel grido d’orrore del volto smaterializzato della figura in primo piano, non solo anticipava le spasmodiche e grottesche contrazioni dell’Espressionismo, ma si nutriva, alimentandolo, dell’apocalittico Zeitgeist che porterà di lì a poco al disastro dei conflitti mondiali. Il medesimo simbolismo lineare lo si ritrova nelle creazioni di fine ‘800 e inizio ‘900, quelle che, improntate a un’ambigua dialettica di amore e morte, dove spesso campeggia una figura femminile soverchiante e demoniaca, trasmettono un’angoscia senza fine, priva di alcuna possibilità di liberazione.

Sono proprio i quadri di questo periodo i protagonisti del viaggio sonoro architettato dagli scandinavi, un placido fiume dark ambient lungo cinquantasei minuti e spiccioli che sembra sorto dalle ceneri degli scarti dungeon synth meno ampollosi dei Wongraven e dell’ultimo Mortiis, e durante il quale le improvvise, benché transitorie increspature marziali dall’afflato MZ. 412 poco si addicono alle accese pennellate di “Autoritratto Sotto Maschera Di Donna”, alla melanconia divoratrice de “Il Bacio”, alla lussuria vampiresca di “Amore E Dolore”, all’angst oppressiva di “L’Ansia”. Di maniera gli intermezzi di pianoforte e violino istorianti la ricerca di un’identità stabile ne “Il Fiore Del Dolore” e le parvenze maliose e ingannatrici della donna in “Sulle Onde Dell’Amore”, mentre funzionano meglio i momenti ispirati al cupo sperimentalismo elettronico di György Ligeti, che accompagnano quattro litografie dall’evocativa allure ultraterrena (“Bacio Della Morte” – già adoperato dal gruppo per la cover di “Deep Calleth Upon Deep” -, “Marcia Funebre”, “La Montagna Umana”, “L’Urna”).

Un’unica traccia monocorde, una messe di strumenti utilizzati non percepibili, il limitatissimo apporto complessivo di Frost: “Satyricon & Munch” ha lo stesso scialbo sapore delle coproduzioni cinematografiche europee degli anni ’90, nonostante si parta da una materia prima di grande forza e spessore. Da una band camaleontica, abituata a oltrepassare steccati secolari in ambito black metal, ci si attendeva un disco di ben altra consistenza e caratura.

Tracklist

01. Satyricon & Munch

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