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Stowaway – Samiam

I Samiam tornano dopo 12 anni di silenzio con “Stowaway“, il nono album per una delle band punk rock più longeve della scena. In 12 anni possono succedere un miliardo di cose; puoi andare a vivere da solo, laurearti, iniziare una carriera, una famiglia, un’altra vita, per poi ogni tanto tornare a casa dei tuoi e gustare, come nella iconica pubblicità anni ‘90 della Barilla, un bel piatto di pasta al pomodoro che sa di casa. A grandi linee è quello che succede al primo ascolto di Stowaway. Un disco che sa di casa, nell’accezione più positiva (e barillesca) della metafora.

I Samiam hanno riaperto il cassetto del punk rock, che alimentano da 35 anni con picchi notevoli fra il ’94 (“Clumsy”) e il 2000 (“Astray”), periodo clou del genere. Hanno tirato fuori 12 brani da manuale dimostrandosi in forma più che smagliante. Sì, è vero, ci hanno messo un bel po’ a sfornare l’album, ma se in questo modo hanno potuto evitare un risultato annacquato, spento e motivato dalla fretta, ne è valsa la pena.

Effettivamente, il processo creativo per Stowaway deve essere stato abbastanza travagliato e costellato da vari ostacoli a sentire le parole di Sean Kennerly (chitarre/basso): “Abbiamo lavorato pigramente a qualche nuova canzone qua e là per anni, fin dal 2014, quando abbiamo provato e fallito nel registrare un piccolo demo dopo il Riot Fest. Ma io e Sergie [chitarrista, ndr] continuavamo a scrivere gli inizi delle canzoni e a mandarle in giro a tutti, e all’improvviso un giorno, circa quattro anni fa, ci siamo detti: “Questo è abbastanza per un album! […] Ci sono stati molti momenti in cui sembrava che sarebbe andato tutto a rotoli e che non saremmo riusciti a finire tutto”.

Con “Stowaway” I Samiam riprendono senza soluzione di continuità da dove avevano lasciato. L’energia irruenta dell’opener “Lake Speed” è quasi spiazzante, meno in linea col pop punk di sempre, ma decisamente intrisa di vitalità. Con “Crystalized” e le successive “Lights out Little Hustler”, “Shoulda Stayed” e “Shut Down” si cambia registro, o meglio, si torna al consueto punk melodico con classica struttura strofa-ritornello-bridge e le chitarre intense di Kennerly e Loobkoff che si intrecciano. La voce di Jason Beebout è sempre misurata ma senza mai mancare di grinta. Nota speciale per “Highwire”, dove vocals e backing vocals, insieme alla batteria vigorosa di Colin Brooks, rendono il brano particolarmente intenso, quasi anthemico. “Stowaway” si chiude con la title track melodica e malinconica quanto basta per farci venire voglia di ascoltare tutto l’album da capo.

In conclusione: menomale che i Samiam ci hanno ricordato di esistere. Si sono fatti attendere, ma ne è valsa la pena.

Tracklist

Lake Speed
Crystallized
Lights out Little Hustler
Shoulda Stayed
Shut Down
Scout Knife
Monterey Canyon
Natural Disasters
Stanley
Highwire
Something
Stowaway

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