Doppietta da fuochi d’artificio quella vista all’Alcatraz di Milano nello scorso weekend. Dopo il clamoroso sold out dei Periphery di sabato, tocca ai Tesseract, altra band nell’Olimpo per prog metal e del djent, chiudere la fredda domenica lombarda. Il quintetto inglese si presenta forte della pubblicazione di un album di tutto rispetto come “War Of Being” e di un tour europeo che sta macinando grandi numeri, probabilmente mai visti in precedenza.

CallousDaoboysBand
The Callous Daoboys

Pronti, via, la serata inizia all’insegna della follia con i Callous Daoboys. La band statunitense torna in Europa pochi mesi dopo il tour da headliner, davanti – ovviamente – a un pubblico di ben altre dimensioni. Tutto questo non sembra intimorire minimamente il sestetto, che inizia a sparare i propri pezzi caotici senza soluzione di continuità, risvegliando immediatamente l’attenzione dei presenti, che si lasciano coinvolgere da una performance sopra le righe, quanto pulita e interessante. Nella mezz’ora a loro disposizione, i sei snocciolano tracce da diversi lavori, compreso il recentissimo EP “God Smiles Upon the Callous Daoboys”, mangiandosi il palco e travolgendo i presenti con una commistione di generi inclassificabile, forse incomprensibile, ma parecchio efficace. Mentre le urla laceranti di Carlson Pace rimbalzano per tutto il parterre, tutta la band è uno spettacolo da vedere sul palco. Qualcuno lo chiamerebbe mathcore, qualcuno post-hardcore, altri giurerebbero di sentirci del nu metal, ma la verità è che i Callous Daoboys non seguono nessuna regola – al massimo sono loro stessi a scriverle.

UnprocessedBand
Unprocessed

Una ventina di minuti di pausa e tocca agli Unprocessed calcare il palco. Anche loro si erano già visti pochi mesi fa da queste parti, lasciando un buon ricordo, che non può che essere confermato in questa occasione. Sicuramente meno caciaroni e caotici dei Callous Daoboys, ma con una proposta ugualmente interessante, i quattro tengono bene il palco e spaziano tra parti molto tecniche – che a più di una persona ricordano i Polyphia in versione più pesante –, esplosioni djent e sezioni fortemente melodiche, il tutto ovviamente ben amalgamato e confezionato a dovere. I tedeschi, pur essendo molto giovani, non sono degli esordienti, sanno come giocare con il pubblico – pretendendo di vedere i crowdsurfer – e tenere sempre alta la soglia dell’attenzione. La setlist, anche dando la precedenza a “…and everything in between”, ultimo arrivato in casa Unprocessed, spazia bene tra tutti i lavori pubblicati e riesce a presentare in maniera convincente una band che si sta finalmente facendo un nome in tutta Europa.

Mentre il parterre si riempie quasi completamente ci rendiamo conto di quanto sia diventata spasmodica l’attesa per i Tesseract. La band non calca i palchi italiani da ben cinque anni (sei se consideriamo le date da headliner) e come si può notare dall’ottimo colpo d’occhio, in questo periodo la fanbase tricolore del quintetto si è meritatamente ingigantita. Quando si spengono le luci è il delirio e i Tesseract aprono le danze con la violenza di “Natural Disaster”, opener di “War Of Being”. Il pubblico canta fin da subito senza sosta e mostra segno di apprezzare il lavoro più recente esattamente quanto i precedenti. Tolti alcuni pezzi da 90, non c’è quasi differenza nella reazione a brani nuovi come la martellante “The Grey” e tracce più datate come “Dystopia” o “Of Mind – Nocturne”.

TesseractBand
Tesseract

Capita poche volte di vedere un apprezzamento così unanime su tutti i pezzi in scaletta e questa è una cartina tornasole dell’eccezionale stato di forma con cui i Tesseract si ripresentano ad ogni pubblicazione e ad ogni tour. I cinque sul palco sono ovviamente perfetti – anche grazie a suoni bilanciati a dovere – ed emanano pura onnipotenza. La scenografia e le luci sobrie lasciano i musicisti a tratti in penombra e si fondono con loro, creando un’atmosfera magica e imperturbabile, che viene scagliata con violenza sul pubblico adorante. Daniel Tompkins si erge più volte verso le prime file, regalando una performance da incorniciare attraverso tutte le sfumature che la sua ugola miracolata è in grado di dare ai pezzi dinamici; il resto della band rimane statica, ma bastano le poderose note prodotte dagli strumenti a rendere lo spettacolo un’esperienza totalizzante. Guardare una band del genere suonare pezzi come “Juno” o la title track di “War Of Being” ci fa domandare come sia possibile raggiungere tali livelli di perfezione sul palco.

Dopo la consueta pausa, la band chiede a gran voce tutta l’energia che il pubblico riesce a dare, prima di chiudere lo show con il rollercoster musicale ed emotivo di “Concealing Fate”. Mentre usciamo dall’Alcatraz con la mente annebbiata – e vediamo con piacere i Callous Daoboys al gran completo dare ulteriore spettacolo, urlando e scherzando con i fan di fianco al loro van – ripensiamo a quanto ci erano mancati i Tesseract. Torniamo a casa e dormiamo sonni tranquilli perché, pur in un panorama djent ormai affollato e abusato all’inverosimile, i Maestri ci sono ancora e la loro corona rimane lì, intoccabile, sopra la loro testa.

Setlist

Natural Disaster
Echoes
Of Mind – Nocturne
Dystopia
King
War of Being
Smile
The Arrow
Legion
The Grey
Juno
Concealing Fate, Part 1: Acceptance
Concealing Fate, Part 2: Deception

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