A dieci anni dall’uscita del loro iconico album “Let the Ocean Take Me”, i The Amity Affliction tornano con una versione completamente ri-registrata, remixata e rimasterizzata: “Let the Ocean Take Me (Redux)”. Questa riedizione non solo celebra il decimo anniversario di uno degli album più importanti della band australiana, ma rappresenta anche un’opportunità per riprendere il controllo artistico della propria musica dopo il difficile distacco dalla loro etichetta discografica.
Seguo la band dal 2011, e ricordo perfettamente quante volte ho ascoltato l’album originale nel 2014, appena uscito. Veder uscire una nuova versione mi ha incruriosita non poco: “Let the Ocean Take Me” aveva segnato un punto di svolta per la band, proiettandola verso un pubblico internazionale e consolidandola come una delle principali forze dell’alternative australiano. Brani come “Pittsburgh”, “Don’t Lean on Me” e “The Weigh Down” sono diventati immediatamente dei classici, portando il gruppo al successo globale. Con questa nuova versione, i The Amity Affliction alzano ulteriormente l’asticella grazie a una produzione modernizzata che rende ogni breakdown più pesante e ogni riff più incisivo.
La nuova produzione, curata dal chitarrista Daniel Brown e mixata da Henrik Udd — noto per i suoi lavori con Architects e Bring Me the Horizon — è il vero punto di forza di questa riedizione. I suoni sono più ricchi e dettagliati: i breakdown sono potenti, con bassi che fanno vibrare le ossa, mentre i sintetizzatori e i pianoforti donano un’atmosfera eterea a molti brani, quasi come se ci trovassimo in un universo sonoro creato da Nobuo Uematsu (compositore delle colonne sonore di Final Fantasy). Questa attenzione ai dettagli trasforma tutti i brani della tracklist, rendendoli ancora più coinvolgenti e profondi. E mi fa scendere una lacrima nostalgica mentre lo ascolto.
Le performance vocali di Joel Birch meritano una menzione speciale: i suoi scream sono più maturi e controllati, dimostrando la sua crescita come artista in questi dieci anni. La sua abilità nel trasmettere emozioni crude e dolorose è rimasta intatta, se non addirittura migliorata. In alcune interviste, Birch ha riflettuto sull’impatto personale dell’album, raccontando come i testi, incentrati su temi come la dipendenza e la salute mentale, siano stati un monito per sé stesso e per chiunque lotti contro questi demoni.
Nonostante la nuova produzione e le prestazioni migliorate, la forza delle canzoni rimane invariata: “Let the Ocean Take Me” era già nel 2014 un album con una carica emotiva e una grinta impressionanti. Ora, con questa nuova versione, la band riesce a far rivivere quei sentimenti e ad amplificarli grazie a un sound più raffinato e contemporaneo.
Mi sono trovata davanti non solo a una celebrazione nostalgica, ma a una rinascita di un album che ha definito la carriera dei The Amity Affliction. È una testimonianza della loro crescita artistica e personale, e una prova che, nonostante il passare degli anni, la loro musica ha ancora un impatto profondo sui fan. Per chi amava l’originale, questa nuova versione offre una prospettiva fresca e ancora più potente; per i nuovi ascoltatori, è l’occasione perfetta per scoprire uno degli album più influenti del metalcore moderno.
Tracklist
01. Pittsburgh (Redux)
02. Lost & Fading (Redux)
03. Don’t Lean On Me (Redux)
04. The Weigh Down (Redux)
05. Never Alone (Redux)
06. Death’s Hand (Redux)
07. FML (Redux)
08. My Father’s Son (Redux)
09. Forest Fire (Redux)
10. Give It All (Redux)