NUOVE USCITERECENSIONI

The Mars Volta – Que Dios Te Maldiga Mi Corazon

Se c’è un ingrediente immancabile nell’eclettica carriera dei Mars Volta, si tratta inderogabilmente del cambiamento. Undici anni trascorsi a saltare da un’influenza musicale all’altra, ispirandosi tanto a mostri sacri del rock come Led Zeppelin e King Crimson, quanto a mostri sacri di altri generi, come Ennio Morricone e Björk; dal caos metodico di “De-Loused In The Comatorium” alle atmosfere più oniriche di “Nocturniquet”, sono annoverati fra i capisaldi del new-prog di stampo anni Duemila, vedendo nel mentre la militanza di una miriade di ottimi musicisti, inclusi Flea e John Frusciante dei Red Hot Chili Peppers (non stupisce che attualmente siano tra i principali opener del nuovo tour dei peperoncini, insieme a Strokes, Iggy Pop e molti altri). Segue quasi un decennio di pausa, in cui i fondatori Omar Rodríguez-López e Cedric Bixler-Zavala decidono di dedicarsi al loro progetto originario, gli At The Drive-In, giusto il tempo di un album; poi la reunion e, nel 2022, un settimo disco, un self-titled, per fare tabula rasa di tutto quello che c’era stato prima. 

E se “The Mars Volta” si era distaccato dalla discografia della band per un sound di gran lunga più accessibile e sofisticato, “Que Dios Te Maldiga Mi Corazon” vuole mettere in luce, a partire dal titolo, quel background culturale latino e caraibico che già trapelava nei lavori precedenti — seppure, fra una distorsione elettrica e l’altra, non avesse mai avuto modo di brillare sul resto. Rodríguez-López definisce l’album come “la versione dei Mars Volta di un disco folk”, descrizione piuttosto accurata: mentre il suo predecessore sarebbe stato bene in un festival estivo, questo disco ne è la sua incarnazione più intima, suggestiva, da ascoltare durante una passeggiata in riva al mare. Le sonorità elettroniche che imperversavano nell’originale sono sostituite qui da percussioni tradizionali, leggiadre note di piano, nostalgici arpeggi di chitarra acustica; permangono i volteggi vocali del frontman, che fa la spola fra inglese e spagnolo, raccontandoci del legame con la propria cultura, della colonizzazione statunitense di Porto Rico, di fantasmi di un’epoca passata, con uno stile che, unito alle atmosfere delicate del tutto, risulta come favolistico alle orecchie dell’ascoltatore. Alcune tracce vengono esaltate nella loro originale bellezza (“Graveyard Love”, “Cerulea”), altre appaiono totalmente trasformate, infuse di una nuova identità (“No Case Gain”, in origine tendente al prog, e “Vigil”, brano pop che l’anno scorso aveva fatto storcere il naso a diversi fan). L’insieme risulta estremamente coeso e omogeneo, forse un po’ troppo alla lunga, ma c’è da dire che, rispetto alla vastità immane del mondo elettronico, una versione puramente unplugged ha pur sempre i suoi limiti. 

C’era bisogno di questa rivisitazione acustica del loro album eponimo? I Mars Volta sono assolutamente convinti di sì: “Abbiamo finalmente tolto tutto e siamo arrivati a quello che era il concept iniziale”, spiega Rodríguez-López, “e questa versione acustica nasce da un luogo profondo, con il proprio significato, la propria filosofia, e la propria ragione di essere.” Ci sentiamo di credergli: del resto è un segno che, all’alba di questo nuovo decennio, la band è tornata in gran forma, pronta a portare lo sperimentalismo che l’ha sempre caratterizzata verso nuove terre da esplorare.

Tracklist

01. Blacklight Shine (acoustic)
02. Graveyard Love (acoustic)
03. Shore Story (acoustic)
04. Blank Condolences (acoustic)
05. Vigil (acoustic)
06. Que Dios Te Maldiga Mi Carazon (acoustic)
07. Cerulea (acoustic)
08. Flash Burns From Flashbacks (acoustic)
09. Palm Full Of Crux (acoustic)
10. NoCaseGain (acoustic)
11. Tourmaline (acoustic)
12. Equus 3 (acoustic)
13. Collapsible Shoulders (acoustic)
14. The Requisition (acoustic)

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