Lui è altissimo, è il più alto del mondo, e sono profondissime le corde che fa vibrare con un arpeggio o un verso graffiato. È anche intensissimo e simpaticissimo, quando si fa beffa di alcuni suoi stessi versi alzando il sopracciglio sinistro e guardandoci accigliato mentre parla delle emozioni più recondite.

È una serata di superlativi assoluti quella in cui diamo il bentornato a Kristian Matson, The Tallest Man On Earth, che porta sul palco del Fabrique di Milano il suo nuovo album “Henry St.”, uscito lo scorso 14 aprile via ANTI-.

Questa notte, che, ve lo dico, sarà bellissima, viene aperta da Esther. “È difficile trovarmi su internet”, ci sussurra dal palco, “Allora, di questa sera vi ricorderete solo il mio nome”. La musica di Esther è incantevole: lei balla e ondeggia sfiorando il suo xilofono in un’esibizione solista durante la quale la sua meravigliosa voce, soffiata e leggera, avvolge gli intrecci dei pad e dei synth.

Un inizio dolcissimo che prepara l’arrivo di The Tallest Man On Earth, che occupa il centro  del palco inizialmente solo, intonando una bellissima “The Wild Hunt” acustica. Quando la scena si popola con tutto il resto della band, inizia il viaggio tra le varie epoche della discografia di Kristian, che questa sera lascia grande spazio al nuovo nato “Henry St”. Si tratta del primo disco registrato insieme a una band, e la resa live di questa unione consacra definitivamente questa nuova e bellissima famiglia allargata.

“Henry St.”, The Tallest Man On Earth, Anti-, 2023

“Il Tallest” cambia costantemente strumento, dalle infinite chitarre, al banjo, al piano, al quale si siede per suonare proprio la title track “Henry St.”, uno dei brani che rappresenta meglio la sensazione di isolamento e solitudine nella quale il disco ha preso vita.

Dal palco svuotato si libera poi l’inconfondibile arpeggio di “Love is All”, e qui, sì, cantiamo davvero tutti una delle sue più belle canzoni, che è bellissima non solo perché è musicalmente una perla, ma perché abbraccia validando il dolore: una delle poche cose che davvero cerchiamo in un momento di sofferenza. 

È più o meno a questo punto della serata che dal pubblico si leva un grido di “buon compleanno”, stupendo in modo sincero Kristian, che reagisce con un “What?”. Il suo compleanno sarà a mezzanotte, e questo augurio in anticipo ci fa scoprire che quello di stasera è l’ultimo show dei suoi trent’anni: a mezzanotte ne compirà quaranta. È con questo piccolo momento che Kristian ci confida che non vede l’ora di vedere quanta bella musica ci sarà ancora e quante altre belle cose accadranno. “Questi momenti sono irripetibili”, dice, “Questa serata è unica, è la nostra serata”.

Torniamo alla musica con gli ultimi brani della setlist, tra i quali “The Gardener”, che fa levare un fortissimo coro sull’iconico “in your eyes, babe” dei ritornelli, poi gli encore, con “Foothills” e, gran finale, “The Dreamer”. Kristian chiude questo show cantandola tutta tra il pubblico, camminando da un lato all’altro del parterre come se volesse vederci tutti in faccia, per conoscerci, curioso di sapere come siano fatte le persone che gli sorridono mentre cantano “Just enough dark to see / How you’re the light over me”.

Dopo averci salutati uno per uno, assicuratosi che fossimo tutti contenti e appagati, The Tallest Man On Earth e la sua band lasciano il palco mandandoci baci volanti circondati da un applauso lunghissimo, e dalla speranza di aver lasciato a Kristian i ricordi miglior del suo ultimo show da trentenne.

Sì, sei altissimo.

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