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Venom Prison – Erebos

I Venom Prison sono sempre stati una band difficilmente inquadrabile nello scenario metal odierno: in costante ricerca di un’identità difficile da scovare, sin dal primo “Animus” (2016) i gallesi sembrano un cantiere aperto dalle fondamenta insicure, e ciò ha attirato una notevole dose di critiche da parte di una larga fetta di pubblico, in contestazione verso un sound dalle direzioni imprecise, reso complesso senza particolari motivazioni e inondato da una brutalità talvolta fuori posto.

Erebos” è un tassello fondamentale in una carriera giovane e scostante, forse perchè quella tanto bramata quadratura del cerchio inizia ad intravedersi come una luce salvifica in fondo ad un tunnel. Dal brutal death degli esordi ad un death metal più coscienzioso, meno ridondante, ma più ragionato ed efficace, una nuova formula dalla resa convincente: “Judges Of The Underworld” carica il colpo in canna tra melodie aspre e le roboanti martellate di batteria di Joe Bills, gli scream di Larissa Stupar avvinghiano la strumentale come rapaci nella massiccia “Nemesis”, imbrigliata da sei corde penetranti, acide, leste a tramutarsi in schiacciasassi nelle strofe. La grossa importanza che prima veniva concessa ad un’esagerata stratificazione dei pezzi e all’ossessivo studio di cunicoli musicali da cui risultava difficile uscire, viene, oggi, concentrata sul groove, quello che impatta all’istante, adornato, in maniera ponderata, dai sapienti giochi tecnici di Ash Gray e soci, senza sfociare in nulla di eccessivamente tortuoso.

“Erebos” può essere tranquillamente spaccato in due, sezionato con un taglio netto dalla soprendente “Pain Of Oizys”, la traccia più lontana dal concept musicale a cui ci hanno abituato i Venom Prison. Ritmi lenti, pianoforte e la voce pulita di Larissa Stupar – che ci sarebbe piaciuto ascoltare anche in più frangenti del disco – confezionano un pezzo nervoso, malinconico, freddo come la morte, portato avanti con blandi inserti di elettronica: traccia godibile, ma che risulta fuori contesto rispetto all’arrembaggio di contorno. Un tentativo riuscito a metà, ma che comunque garantisce uno stacco prima del delirio causato dal trio “Golden Apples Of The Hesperides”, “Castigated In Steel And Concrete” e “Gorgon Sisters”, panzer in guerra che riportano in vita elementi deathcore e brutal delle origini. “Technologies Of Death” chiude a ritmi elevati, senza essere particolarmente sorprendente.

“Erebos” ritrae una band che sembra aver capito come imboccare la via maestra dopo anni di vagabondaggio al buio: non parliamo di un capolavoro, ma di un’opera piacevole, che smaltisce gli eccessivi ed inutili artifici di un ingenuo passato per affidarsi all’efficacia delle emozioni, seppur circondate da una tecnica frizzante e di alto livello. Grande spazio alla melodia e alla contaminazione (seppur timida) con elementi fino ad oggi mai perlustrati dai gallesi, sentore di una maturità che diventa man mano sempre più tangibile: “Erebos” è, al momento, il migliore frutto della mente dei Venom Prison e concede loro un po’ di lustro dopo alcuni anni di alti e bassi.

Tracklist

01. Born from Chaos
02. Judges of the Underworld
03. Nemesis
04. Comfort of Complicity
05. Pain of Oizys
06. Golden Apples of the Hesperides
07. Castigated in Steel and Concrete
08. Gorgon Sisters
09. Veil of Night
10. Technologies of Death

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