whisperingartwork
NUOVE USCITERECENSIONI

Whispering Sons – The Great Calm

Sentiamo il freddo dei paesi nordeuropei confluire in un unico punto, a scartavetrare il terreno dell’isoletta di Vlieland per poi risalire, penetrare tra le punte dei capelli di Fenne Kuppens e roteare gelidamente tra le sue corde vocali. Un posto borderline, lontano da tutto, scelto appositamente dalla frontwoman dei Whispering Sons per completare le registrazioni del terzo mattoncino discografico della giovane band belga, al ritorno in studio dopo un buon “Several Others”, plumbeo seguito di quella gemma darkwave di “Image”, che ha meritatamente smagnetizzato e orientato l’attenzione verso i talentuosissimi cinque di Bruxelles.

The Great Calm” sembra parlare di una stasi pomposa, di quelle difficili da descrivere se non appellandosi alla mancanza di respiro e ad un senso di claustrofobia ingiustificato. Premesse mantenute in parte dal titolo, dato che più che calcare ancora l’oscurità soffocante del predecessore, l’ultimogenito dei Whispering Sons la dosa, inserendo un foliage darkwave su una matrice molto più guitar-oriented, andando a masticare quel versante post-punk che sposa il vigore chitarristico degli 80s con la tenebrosità del goth rock.

Insomma, più corpo, meno sospensione, se non negli intermezzi synthetizzati di “Cold City” e di “Oceanic” che raffreddano le mani di una formazione rinnovata, ma infuocata da urgenze esplorative che sbucano da ogni angolo di “The Great Calm”: se in pezzi tirati come l’opener “Standstill” ritroviamo l’impronta di casa, quel rock che odora di pellicola noir, di tormenti, di strade infinite nella notte nebbiosa, di nervi incordati che vibrano al mitragliare delle basslines – i The Murder Capital di “When I Have Fears” sgomitano dal nucleo sonoro – “Walking, Flying” preme su un crescendo art-rock che galleggia su ritmi ben più sostenuti, così come i tafferugli noise dell’acidissima “Dragging”.

“The Talker” scavalca gli argini naturali della band, abbozzando un contrasto umorale non indifferente, un mood più solare che stacca vigorosamente dalle atmosfere fosche che gli girano attorno: Kobe Lijnen riprende in mano il meraviglioso libro scritto da quel genio di Tom Verlaine, studia i Television e i Gang Of Four di “Return The Gift” per scarabocchiare un riff insolitamente giocherellone, sopra il quale il vocione della Kuppens si adagia inaspettatamente bene, allontanandosi un po’ da una comfort zone che piazza il cuscino tra i malinconici lenti (“Still, Disappearing”, “Balm (After Violence)”) à la Jehnny Beth di “I Am” e il post-punk cavalcante (“Something Good”).

Picchi emotivi che si illuminano in alternanza per gran parte dell’album, se non fosse per qualche calo d’attenzione in concomitanza dello scemare del disco – poco ispirate “Poor Girl” e la succitata “Oceanic” – risollevati, in chiusura, da una “Try Me Again” che pare volersi “scusare” andando a spulciare il prestigioso archivio con su scritto “Joy Division”.

I Whispering Sons arrivano al terzo passo con le carte rimescolate, ma l’effetto pare rimanere invariato – in termini di fascino, ovviamente: un upgrade importante rispetto a “Several Others”, ma ancora qualche metro al di sotto di un debut ad ora imbattibile: “The Great Calm”, salvo qualche episodio rivedibile – un enorme peccato – riconferma le qualità compositive di una band che pare sfuggire da qualsiasi vincolo cronologico, trovando forza nella sua evanescenza, nella sua splendida incollocabilità temporale.

Tracklist

01. Standstill
02. Walking, Flying
03. Cold City
04. Drag City
05. Something Good
06. Still, Disappearing
07. The Talker
08. Balm (After Violence)
09. Poor Girl
10. Loose Ends
11. Oceanic
12. Try Me Again

Comments are closed.

More in:NUOVE USCITE

0 %