La pandemia e la malattia di Darius Keeler – fortunatamente risolta – hanno reso l’attesa per il ritorno degli Archive in Italia davvero lunga. Ma come era facilmente prevedibile, possiamo dirlo subito: ne è valsa la pena. Erano quattro anni che il collettivo britannico non si vedeva dalle nostre parti, periodo nel quale gli Archive hanno scritto e pubblicato “Call To Arms & Angels”, primo album in studio dal 2016. Come anticipato, le aspettative per il loro ritorno erano alte e, dopo una magnifica esibizione all’Auditorium di Roma, la band fa tappa al Live Club di Trezzo sull’Adda, per una data originariamente prevista in Santeria. L’upgrade della venue è un grande segnale: stiamo comunque parlando di una band che, insieme a Massive Attack e Portishead rappresenta la Santissima Trinità del trip-hop made in UK e, per quanto siano sicuramente meno illustri dei colleghi di cui sopra, agli Archive l’epiteto di band di culto spetta ormai di diritto.

Mentre molte persone stanno ancora facendo il loro ingresso nel locale, ad aprire la serata tocca ad una band altrettanto particolare, i JoyCut. I bolognesi prendono il posto sul palco e danno il via a mezz’ora molto tirata e con pause quasi inesistenti. Il pubblico rimane immediatamente affascinato dal mix proposto dalla band, che costruisce i propri brani su batteria e percussioni. Una sezione ritmica indiavolata, su cui Pasquale Pezzillo è libero di esprimersi con synth, tastiere o chitarre colme di effetti. La band, grazie alla propria esperienza, gioca quindi su accelerazioni e parti melodiche, proponendo pezzi che prendono forma da una forte identità comune, ma capace di svilupparsi in direzioni diverse. Al termine della loro esibizione, i JoyCut vengono acclamati dalla totalità del pubblico e non c’è dubbio che non potesse esserci scelta migliore per aprire uno show di questo calibro.

Mentre gli addetti iniziano a lavorare freneticamente nella mezz’ora che ci separa dall’arrivo degli Archive, notiamo la classica disposizione, con le postazioni di Danny Griffiths e Darius Keeler ai lati del palco e l’imponente batteria di Smiley in fondo al centro. Quando si spengono le luci e i musicisti salgono sul palco notiamo un’armoniosa simmetria anche nelle loro disposizioni, con Jonathan Noyce e Mike Hurcombe ai lati della batteria e i due “frontman” Pollard Berrier e Dave Pen al centro del palco, tra i due leader. Ed esattamente come una squadra, come una cosa sola, la band inizia immediatamente a erigere un muro sonoro solido e invalicabile, che viene scagliato sulla folla adorante.

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Foto: Paul Spencer

Quello che sorprende degli Archive, infatti, oltre ad un’esecuzione sempre di livello di brani tutt’altro che semplici e scontati, è la perfezione assoluta dei suoni, frutto degli anni di studio ed esperienza maturati da Keeler e Griffiths. Ogni strumento è distinguibile singolarmente e, allo stesso tempo, amalgamato perfettamente con gli altri, non solo nei momenti di relativa quiete, guidati da un leggero tappeto di synth e da ritmi docili, ma anche quando esplodono le distorsioni di tre chitarre, capaci di dialogare alla perfezione con entrambe le tastiere, mentre il metronomo umano Smiley si trasforma in una belva dalle molteplici braccia, costituendo il cuore di ogni brano proposto.

La resa di pezzi quasi stratificati come “Conflict” e “The Crown” lascia a bocca aperta, così come l’alternanza e l’intreccio delle voci di Pen e Berrier, a cui si aggiunge, per alcuni pezzi dell’ultimo album, anche Lisa Mottram. Ed è proprio lei a mostrare maggiormente la versatilità della band, in pezzi più semplici e melodici – ma non per questo meno emozionanti – come “Surrounded By Ghost”, durante la quale la cantante regala cinque minuti di sogno ad occhi aperti al pubblico. La band ci offre quindi un viaggio completo attraverso tutte le proprie anime e la propria discografia: dalle origini trip-hop di “Bullets” e “Controlling Crowds”, attraverso i deliranti beat di “Daytime Coma” e ai ritmi serrati e minacciosi di “Sane”, fino ai 16 minuti della mastodontica e splendente “Again”, in cui tutti i musicisti brillano di luce propria.

Oltre due ore di musica vera e complessa, ma sorprendentemente facile da assimilare, ballare, vivere. L’anima duale degli Archive è ben visibile ai lati del palco, guardando i due fautori di questo progetto: Keeler, impulsivo e tarantolato, non riesce a smettere di ballare e incitare il pubblico anche mentre suona, Griffiths si mostra pacato e imperturbabile, mentre snocciola beat e melodie aliene. Semplicemente, una band di una categoria superiore.

Setlist

Mr. Daisy
Sane
Bullets
Vice
Controlling Crowds
Conflict
Daytime Coma
Surrounded by Ghosts
The Skies Collapsing Onto Us
Take My Head
The Crown
Fear There & Everywhere
Enemy
The Empty Bottle
Gold
Again

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