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Arkona – Kob’

All’epoca del rilascio di “Khram” (2018), sia l’emergenza pandemica sia il conflitto bellico tra Russia e Ucraina erano ben lungi dal deflagrare, ma gli Arkona, probabilmente, ne avvertirono l’imminenza, saturando quell’album di un’oscurità lirica e musicale mai vista prima, tanto che “Yav” (2014) e la ri-registrazione di “Vozrozhdenie” (2016) sembravano, al confronto, quasi il frutto compositivo di un’altra band. Trascorso un lustro in silenzio, con alle spalle la tragedia del COVID-19 e un presente molto complesso a causa della guerra in corso, che pare marchiare d’infamia chiunque provenga dalla medesima terra dell’aggressore, i moscoviti ricompaiono con un nuovo album, se possibile ancora più cupo del predecessore. In “Kob’”, infatti, il quintetto mette pressoché da parte la componente folk metal, già abbastanza affievolitasi nello scorso LP, a favore di brani che si orientano su un pagan metal dal colore progressivo, intriso di black melodico e scampoli di death, e nel quale l’aspetto atmosferico, reso attraverso il ciclico e spettrale impiego di synth e tastiere, riveste un ruolo molto rilevante.

Benché, dunque, appaiano meno fluviali rispetto al full-length di cinque anni fa, anche grazie a un minutaggio ragionevole, i pezzi, a tratti, soffrono lo stesso di un certa dispersività, diluiti da un songwriting che tende a perdere il controllo dei propri tentacoli e, di conseguenza, a infierire qualche danno alla coesione del tutto. A fungere da collante, pensa l’eccezionale elasticità vocale della leader indiscussa Maria Arkhipova, capace di migliorare con il passare delle stagioni, al pari della sua vena scrittoria, responsabile di testi, rigorosamente in lingua madre, che raccontano la discesa dell’umanità negli abissi infernali dell’autodistruzione, attingendo con moderazione ai simboli della cultura e della mitologia slave.

Un plot diviso in sei fasi che corrispondono ad altrettante tracce, con l’opener “Izrechenie. Nachalo” e la chiusa “Izrechenie. Ischod” che, madide di dark ambient, samples stregoneschi, bisbigli negromantici e livido ritualismo, costituiscono l’alfa e l’omega di una narrazione tenebrosa e inquietante. I campionamenti e gli effetti elettronici che caratterizzano i due brani cornice si reperiscono in ogni pista successiva, dalla title track à la “Dunkelheit” al paganesimo marziale di “Ydi”, dal ritmo impetuoso e sintetico di “Ugasaya”, guidata da stentoree linee di basso in piena evidenza, a una tetra e pesantissima “Mor”, una sorta di versione asciutta di “Tseluya Zhizn’”. L’epicità levantina di “Na Zakate Bagrovogo Solntsa” e i variabili rivoli neri di “Razryvaya Plot’ Ot Bezyskhodnosti Bytiya” si inseriscono entro soluzioni post che ricordano gli ultimi Fen, mentre chitarra acustica, pianoforte e strumenti tradizionali screziano qui e là il platter, fungendo, però, da decoro e non da veri protagonisti.

Con “Kob’”, gli Arkona si liberano definitivamente di ogni classificazione di genere, partorendo un disco fosco, ma non claustrofobico, a cui, forse, avrebbero giovato dei tagli in sede compositiva, tali da permettere una maggiore focalizzazione sulla forma canzone stricto sensu. Il livello generale resta comunque notevole, per un lavoro che porta nel profondo il segno apocalittico dei tempi correnti.

Tracklist

01. Izrechenie. Nachalo
02. Kob’
03. Ydi
04. Ugasaya
05. Mor
06. Na Zakate Bagrovogo Solntsa
07. Razryvaya Plot’ Ot Bezyskhodnosti Bytiya
08. Izrechenie. Iskhod

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