Grande festa per gli appassionati di prog metal lombardi (e non solo) quella che si è svolta martedì sera alle porte di Milano. Il ritorno dei Caligula’s Horse dopo 5 anni avviene in una serata in cui allo Slaughter Club di Paderno Dugnano si avvicendano sul palco ben 5 band, ognuna con un suo sound distintivo, ma comunque tutte riconducibili al panorama prog. Un evento, quindi, che, per quantità e qualità, possiamo quasi assimilare a un festival e che ha anche visto una buona affluenza di pubblico – soprattutto considerando che siamo ad agosto inoltrato a Milano…

A inaugurare l’evento, in perfetto orario sulla tabella di marcia, sono i Toliman. Il sestetto italiano evidenzia sul palco tutti gli aspetti positivi mostrati con l’interessante EP di debutto “Abstraction”. Praticamente inattaccabile sul palco, la band propone un prog metal che ha il pregio di inserire, in mezzo ai tecnicismi, anche molta melodia, andando quindi a confezionare pezzi piacevoli e ben eseguiti. I sei ci deliziano per mezz’ora con un’ottima performance (mettendoci anche molta curiosità circa il primo album in studio) e, quando salutano il pubblico, non c’è neanche tempo per bersi una birra al fresco: passano pochi minuti e tocca agli Asymmetric Universe, trio strumentale di Torino. La band, a differenza dei colleghi precedenti, punta tutto sulla tecnica, proponendo diversi pezzi dalle trame intricate, che a tratti lasciano a bocca aperta. Poco altro da dire sulla loro performance ai limiti della perfezione: il pubblico apprezza e applaude senza sosta.

Non siamo neanche a metà serata, ma dopo l’ottimo livello delle prime due esibizioni, le aspettative per i Project MishraM si fanno alte. Il quintetto di Bangalore sale sul palco e, già solo guardando i vestiti tradizionali indossati dal cantante Shivaraj Natraj, capiamo immediatamente che la musica proposta dalla band avrà anche una forte componente indiana. Ma, ovviamente, l’esplosività dei Project MishraM non sta solo qua: nella mezz’ora a loro disposizione i cinque mettono in campo una serie di pezzi davvero inclassificabili, ma sempre e comunque efficaci e orecchiabili. Tra accelerazioni improvvise, stacchi melodici e riff a tratti molto pesanti, la band conquista il pubblico in breve tempo. Sarebbe interessante capire cosa siano in grado di fare su un palco tutto loro, ma, mentre stiamo ancora ripercorrendo mentalmente quanto visto finora, sale sul palco il secondo terzetto strumentale della serata e, in pochi secondi, spazza via tutti i nostri pensieri con un wall of sound devastante. Tra distorsioni granitiche e il sottofondo donato dalla tastiera, gli I Built The Sky offrono un prog (senza parti vocali) molto elaborato e tecnico, ma che si differenzia da quanto visto in precedenza con gli Asymmetric Universe per un approccio veramente aggressivo. Difficile rimanere impassibili.

CaligulasHorse

Tocca quindi finalmente ai protagonisti della serata: bastano pochi minuti per rendersi conto per quale motivo i Caligula’s Horse sono ormai ai vertici del panorama prog metal mondiale. Il quartetto australiano è chirurgico sul palco e la reazione del pubblico è davvero calda: i fan cantano a squarciagola tutti i pezzi, compresi quelli dell’ultimo lavoro “Rise Radiant”. La band decide proprio di partire dall’album più recente con “The Tempest” e “Slow Violence”, per poi passare al memorabile “Bloom”, con la fantastica “Rust”. I fan iniziano a scaldarsi e a sfogare istinti primordiali in pogo e circle pit, mentre il frontman Jim Grey prende le redini dello show non solo dal punto di vista vocale. Il cantante, tra un pezzo e l’altro, scherza con il pubblico, ci insegna un po’ di slang australiano, si confida con i fan, parlando nero su bianco di argomenti delicati e importanti, come il bisogno di essere comunità.

Ma oltre a questo c’è la musica, e, manco a dirlo, la band in questo non sbaglia un colpo: oltre a presentare il nuovo album, nella seconda metà dello show i quattro danno spazio a perle del passato. La doppietta “Bloom”-“Marigold” è in grado di far convertire gli infedeli (e da questo punto di vista anche la somiglianza di Grey con un noto predicatore della Galilea aiuta), mentre “Graves” ci porta in un viaggio lungo 15 minuti in cui non esistono regole, sono un fiume di emozioni che a tratti scorre placido e improvvisamente si tramuta in un torrente impetuoso e implacabile. Prima di salutarsi, c’è anche spazio per “Dream The Dead”, pezzo che, dopo essere stato accolto trionfalmente e cantato all’unisono, congeda la band dai fan adoranti.

Lo show perfetto dei Caligula’s Horse mette il punto esclamativo su una serata intensa quanto piacevole. Speriamo di poter vivere altri eventi simili in futuro e, soprattutto, speriamo di non dover attendere altri cinque anni prima di poter cantare nuovamente insieme al quartetto australiano, ay!

Setlist

The Tempest
Slow Violence
Rust
Songs for No One
Salt
Oceanrise
Bloom
Marigold
Graves
Dream the Dead

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