NUOVE USCITERECENSIONI

Darkthrone – Astral Fortress

Fenriz pattinatore sul ghiaccio con indosso una felpa il cui retro riproduce la copertina di “Panzerfaust” (1995) potrebbe di primo acchito sembrare un artwork di puro masochismo, considerato che pubblicizzare un nuovo LP utilizzando il merchandising di un vecchio lavoro non rappresenta il massimo della strategia promozionale. Tuttavia, sbalordirà poco tale scelta chi conosce bene sia l’ironica sagacia del musicista norvegese sia il percorso dei Darkthrone che, a partire da “Sardonic Wrath” (2005) in poi, si sono resi protagonisti di un massiccio recupero delle proprie radici senza dimenticare i tanti ammiccamenti a sé stessi e alle atmosfere di inizio ’90 che ne hanno cementato la reputazione. Un’autoreferenzialità intrisa di nostalgia che, accresciutasi in “Arctic Thunder” (2016), “Old Star” (2019) ed “Eternal Hails ……” (2021), prosegue ora tra le maglie di “Astral Fortress”, diciannovesimo full-length di una band ormai prossima ai quarant’anni di attività e instancabile nel portare avanti – con i dovuti aggiustamenti – quel blend di Celtic Frost e Bathory da sempre profonda ossatura di certo black made in Norway. Anche se oggi, di nero, resta soltanto una pellicola trasparente.

Dal momento che la storia discografica degli scandinavi costituisce una continua variazione sul tema, non sorprende riscontrare all’interno dell’opus attuale la medesima combinazione di generi già vista nell’ultime prova, benché la produzione scabra, il suono di batteria poco invasivo e una lunghezza media delle canzoni abbastanza standard – eccetto un paio brani fiume – lo renda forse un pizzico più asciutto rispetto al solito. In ogni caso, semaforo verde ai riferimenti all’epica dark di Cirith Ungol e Manilla Road, al doom cinetico dei Trouble, allo speed dei Motörhead, ad album come “Morbid Tales” e “To Mega Therion”, con lo stile vocale e il timbro chitarristico di Nocturno Culto che tendono a evocare con sempre maggior convinzione lo spettro di Thomas G. Warrior. Tanto che “Kevorkian Times” emana forti sentori di Svizzera rurale.

Eppure, diverse fasi del lotto, in particolare “Caravan Of Broken Ghost” e “Impeccable Caverns Of Satan”, ricordano così da presso “Triumphant Gleam”, “The Hordes Of Nebulah” e “Quintessence”, che l’immagine ritratta nella cover, oltre a costituire una beffarda provocazione, funge da filo rosso per un’interpretazione biunivoca del platter. A parte le innumerevoli citazioni, comunque, trovano posto alcune raffinatezze: gli inquietanti sintetizzatori di “Stalagmite Necklace”, le suggestioni prog rock della lunga cavalcata heavy “The Sea Beneath The Seas Of The Sea”, l’elettroacustica lunatica dell’interludio “Kolbotn. West Of The Vast Forests”, le armonizzazioni di una “Eon 2” figlia diretta della “Eon” di “Soulside Journey”, con la quale condivide l’orecchiabile riff finale in fade out. Manca, però, un lampo capace di squarciare i cieli norreni, di traghettare una proverbiale scrittura regressiva – una volta efficace, oggi decisamente meno – alla ricerca di qualcosa di diverso, di mobile, via di fuga da un prosieguo di carriera che rischia di irrigidirsi peggio di uno stoccafisso in vacanza invernale a Yakutsk.

Skater solitario sulle antiche piste del metal classico e in parte ancora sospinto dai neri venti dei fiordi, “Astral Fortress” scivola via accattivante e identitario,  ma le nebbie polari che si scorgono vicine paiono un minaccioso monito per i Darkthrone e i loro devoti accoliti.

Tracklist

01. Caravan Of Broken Ghosts
02. Impeccable Caverns Of Satan
03. Stalagmite Necklace
04. The Sea Beneath The Seas Of The Sea
05. Kevorkian Times
06. Kolbotn. West Of The Vast Forests
07. Eon 2

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