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A distanza di soli cinque mesi dal loro ultimo show italiano – lo Slam Dunk Festival Italy, in apertura agli Offspring – gli Enter Shikari già sono già di ritorno nel Bel Paese. Stavolta la band inglese raddoppia: alla data milanese farà seguito un secondo live al New Age Club di Roncade (TV)

Un’ottima occasione per i fan di lunga data, che la sera del 4 novembre sono già appostati fuori dall’Alcatraz con una schiera di ombrelli, in barba al grigiore di un sabato incessantemente piovoso. Il locale si riempie velocemente dopo l’apertura porte, con una demografica piuttosto giovane — tanti ventenni, tantissimi trentenni, tutti cresciuti con il peculiare sound della band in procinto di esibirsi. Negli outfit di molti campeggiano magliette riconducibili a vari tour passati dei quattro: una bella dimostrazione di come una band indipendente con una proposta musicale del tutto unica sia riuscita, negli anni, a crearsi una fanbase fedelissima in giro per il mondo.

Alle le venti spaccate saltano sul palco i Lake Malice, opener fissi degli Shikari per tutta la durata del tour europeo, con un’energia che riscuote immediatamente i presenti dal torpore dell’attesa. “Noi siamo i Lake Malice”, dice la frontwoman Alice Guala con un perfetto italiano, “dall’Inghilterra con furore, ma io sono di Vercelli”. Tutto spiegato, compreso il boato di risposta da parte del pubblico, a cui la band sembra già stare simpatica. Del resto, lei è fenomenale nel coinvolgere i presenti ordendo un pogo, un wall of death e incitando i presenti a non stare fermi un secondo, eguagliata per carica dirompente e presenza scenica dal chitarrista Blake Cornwall che a un certo punto si lancia giù dal palco brandendo un floor tom –, nonché dalla bravissima turnista Emily Ainger alla batteria. Il loro alternative metal piace così tanto che dalla folla arrivano cori di delusione nel sapere che il set è finito dopo solo mezz’ora; d’altro canto, è molto probabile che sentiremo presto parlare di loro. Con solo un EP all’attivo uscito qualche giorno fa e apparizioni importanti nella scena rock anglofona (tra cui spicca un set al Download Festival di quest’anno), le premesse sono a dir poco ottime.

L’entusiasmo dei presenti è alle stelle e nella pausa per il cambio-palco si respira un’atmosfera felice: ci sono cori all’unisono già per i brani di sottofondo, tra cui una performance collettiva alquanto divertente di “Take On Me”. 

Si fanno le ventuno, sul fondo del palco si accende un teleschermo che proietta dei visual ormai ben noti al pubblico – un incendio dalle cui ceneri nasce un giglio rosso –, gli Enter Shikari si posizionano sul palco nel clamore del pubblico e attaccano a suonare “(pls) set me on fire”. Quando si dice nomen omen: senz’altro un inizio di fuoco. 

Gli oggetti di scena sono pressoché inesistenti – fatta eccezione per “Sparky”, l’iconico strumento  della copertina di “The Spark”, ormai mascotte della band con vita propria –, dal momento che a fare tutto sono i coloratissimi giochi di luce e gli occasionali effetti pirotecnici. La band scherza con i fan in un italiano un po’ meno perfetto (“che bel sabato seira”, dice ridendo il bassista Chris Batten), il frontman Rou Reynolds spiega al pubblico le due regole del live: “Look after each other and dance like nobody’s watching”.

Grazie alle ottime doti di performer della band, ad ogni modo, rispettare queste regole non è difficile. Dalla transenna è un andirivieni continuo della sicurezza, che si ritrova a prendere e portare sotto il palco ondate di crowdsurfers per tutta la durata del live — i quali, tutti sorridenti, esultano col pubblico, mandano baci qua e là, tentano di farsi notare dai musicisti, mentre la sicurezza cerca a fatica di farli tornare tra la folla. I quattro presentano il live come “a journey”, un viaggio attraverso la propria ormai ventennale carriera: ci sono tanti brani degli inizi quanti brani degli ultimi album, qualche vecchia gloria in chiave moderna (la versione di “Sorry You’re Not a Winner” remixata di recente dalla band australiana Pendulum) e un paio di collaborazioni (“Bull” e “The Void Stares Back”, scritte rispettivamente con Cody Frost e con il duo Wargasm). Gli spettatori non smettono di cantare per un attimo, neanche fra un pezzo e l’altro, mentre Rou Reynolds li coinvolge di continuo: si muove come una scheggia per il palco, si arrampica sulla transenna per “It Hurts”, compare in fondo al locale in braccio a qualcuno per “System/Meltdown” e fa crowdsurfing cantando “Live Outside”, tornando sul palco giusto in tempo per il finale di “The Dreamer’s Hotel”.

Un live serratissimo, senza nemmeno la pausa pre-encore, che si chiude dopo circa un’ora e venti dall’inizio. Lasciando i presenti con una sola domanda: quando possiamo rifarlo di nuovo? 

Setlist:

LAKE MALICE

Magic Square
Power Game
Black Turbine
Creepers
Bloodbath
Mitsuko
Stop The Party
Blossom

ENTER SHIKARI

(pls) set me on fire
Sssnakepit
Juggernauts
Anything Can Happen In The Next Half Hour…
Labyrinth
A Kiss For The Whole World
The Void Stares Back
Anaesthetist
Bloodshot
Arguing With Thermometers
satellites* *
It Hurts
Havoc B
Bull
The Last Garrison
Sorry You’re Not a Winner (2023 remix)
System / Meltdown
{ The Dreamer’s Hotel }

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