full of hell nothing
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Full Of Hell/Nothing – When No Birds Sang

Un silenzio assordante, di quelli che smorzano le maree, zittiscono il vento, sbriciolano l’ingombranza del mondo. Il clic che sgozza la crescente tensione di una scena cinematografica, quel minuscolo istante di pura e lancinante asfissia da carestia del suono. Lì dentro si raggomitola, in posizione fetale, la volontà di Nothing e Full Of Hell: descrivere l’oblio di un istante, catturarlo nella sua sorpresa nudità e fragilità, come se il tempo si stoppasse per un millisecondo, come se l’atmosfera perdesse consistenza davanti al muto frastuono del nulla.

Una collab particolarissima, fatta da gente che con featuring e split album ci ha tinteggiato importanti sprazzi di carriera. Eppure qui c’è molto di più dell’unione di penne, qui c’è l’intenzione di spaccare gli animi, vomitarci dentro il succo di emozioni non istintive, ma sepolte sotto chili e chili di nere viscere.

When No Birds Sang” dovrebbe amalgamare, invece fa vacillare gli equilibri: i Full Of Hell quietano i bpm del grindcore di casa, si rivestono di incudini e demoliscono il suolo a peso morto col doom, con le tenebre blackgaze, con gli stridii noise (“Rose Tinted World”).

I Nothing, d’altro canto, polverizzano i ronzii shoegaze, ballano su instabili nuvole dream pop (“Like Stars In The Firmament”) – le delicate influenze di Doyle Martin, ormai cardine della nuova formazione, e dei Cloakroom sono sempre più tangibili – in balìa della perenne mutazione del cielo, minaccioso e in tempesta tra gli squarci vocali di Dylan Walker in “Forever Well”, limpido e avvolgente quando il soffio ambient di “Wild Blue” calibra coordinate pulviscolari su cui adagiare un platter già ben manipolato dalle emozioni. Allora ci si riposa nel tepore della title-track, mitezza slowcore, post-rock e ambient pop, locus amoenus per i flebili sussurri di Domenic Palermo.

Ma con i contrasti abbiamo iniziato la recensione e con quelli concludiamo. Con il senso di claustrofobia, il respiro che mantiene a fatica la sua regolarità, il tutto che si dissolve attorno, si smaterializza e ci lascia sospesi nel nulla, con il terrore di non sapere se tra un attimo inizieremo a volare o a precipitare rovinosamente verso l’ignoto. “Spend The Grace” permette tutto ciò, rinchiudendoci in un purgatorio di scricchiolii, voci rassicuranti, inquietanti litanie, rintocchi familiari, urla infernali che si spargono nell’aria come rivoli di sangue.

In quest’ultima traccia convergono le forze delle due compagini, in questa tutto si mescola e tutto si distrugge. Così, con il fragore con cui si è generato, “When No Birds Sang” torna cenere. Come un passo del vangelo, come una storiella dell’orrore raccontata attorno ad un falò; emozioni da interpretare, da scacciare, da accogliere, quando tutto pare forgiarsi di un’insopportabile vuotezza e nell’aria un clic spegne il rumore, tanto che nemmeno gli uccelli riescono più a cantare.

Tracklist

01. Rose Tinted World
02. Like Stars In The Firmament
03. Forever Well
04. Wild Blue
05. When No Birds Sang
06. Spend The Grace

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